Girolamo Savonarola
Girolamo Savonarola nasce a Ferrara nel 1452. La sua famiglia in realtà
è originaria di Padova ma per seguire il nonno, il noto medico Michele
Savonarola, la famiglia si trasferisce nelle terre Estensi, dove questi
lavora.
Il giovane Girolamo sembra inizialmente voler seguire le impronte del
nonno, affascinato dall’alta formazione culturale dell’avo. Infatti
sembra indirizzato agli studi di medicina.
Michele Savonarola è, oltre ad uno tra i più famosi medici dell’epoca,
anche un uomo profondamente religioso, che spinge il nipote anche ad un
disgusto verso i costumi dissoluti delle corti quattrocentesche.
A 20 anni Girolamo Savonarola scrive la sua prima opera “De ruina
mundi”, poco dopo decide di rinunciare agli studi in medicina per
seguire la sua vocazione religiosa.
Il Savonarola decide dunque di entrare nell’ordine monastico dei
domenicani, a Bologna.
La specialità degli appartenenti a questo ordine era quella della
formazione dei predicatori.
Poco dopo il suo ingresso nel mondo ecclesiale, il Savonarola scrive il
“De ruina ecclesia”, notando delle similitudini tra il mondo secolare e
quello ecclesiale, entrambi corrotti da un lusso sfrenato, inaccettabile
per coloro che in realtà dovevano fungere da unione tra Dio e il popolo.
Girolamo dimostra immediatamente grande abilità e facilità di
apprendimento, inoltre una ferrea volontà: infatti riesce a resistere in
maniera tenace alle richieste dei familiari che avrebbero preferito per
lui una carriera all’interno della corte estense.
Nel 1482 il Savonarola viene inviato dal suo ordine presso il convento
di San Marco a Firenze, lì resterà per 5 anni, senza in realtà lasciare
un grande segno.
Nonostante i non buoni risultati si nota fin da subito nei discorsi del
predicatore la presenza di alcuni temi che resteranno costanti in tutta
l’esistenza del frate, ovvero la condanna dei costumi della nobiltà e
dell’alto clero dell’epoca e la necessità di un rinnovamento della vita
della popolazione per cercare di prevenire grandi sciagure e problemi.
L’ordine domenicano decide poi di far passare il Savonarola prima a
Ferrara e poi a Brescia come insegnante di teologia ai novizi
dell’ordine. Qui, nel continuo confronto con i giovani, riesce a
iniziare un duro lavoro in cui cerca di migliorare la propria retorica e
il proprio fascino nei confronti dei pubblico.
I progressi del frate non passano inosservati da parte dei numerosi
intellettuali presenti alla corte medicea, soprattutto il Savonarola
trovò un grande sponsor presso Lorenzo de’Medici nella figura di Pico
della Mirandola.
Così nel 1490 Girolamo Savonarola torna a Firenze, in cui diverrà un
personaggio fondamentale nella politica della città toscana, ma
soprattutto un pericolo per i nobili e l’alto Clero romano.
Controllando le accuse che il Savonarola fa possiamo notare come il
frate abbia anticipato molte delle accuse cha qualche anno dopo avrebbe
fatto Lutero in Germania contro la Chiesa di Roma.
Le prediche del Savonarola nel periodo dell’Avvento del 1490 narrano di
una situazione apocalittica per la città di Firenze: ovvero l’arrivo di
un grande pericolo da oltralpe.
La situazione del Sud dell’Italia, che stava sfuggendo dalle mani
francesi, spingeva sempre di più il re transalpino Carlo VIII a
progettare una discesa in terra italica.
Nel frattempo l’autorità del Savonarola continua a crescere a Firenze:
nel 1491 diviene priore del monastero di San Marco, nel 1492 muore
Lorenzo il Magnifico, il Signore di Firenze e il fulcro dell’intera
struttura dello Stato toscano.
Al suo posto si insedia il figli di Lorenzo, Pietro, che non riesce a
mantenere il controllo della situazione.
Pressato dai fiorentini che riuscivano a percepire la debolezza
dell’uomo e dal re francese Carlo VIII che cercava appoggi per avere una
discesa in Italia più tranquilla possibile, a Pietro inizia lentamente a
sfuggire di mano la situazione.
Nel 1494 Carlo VIII scende in Italia, ed entra in Firenze nel momento in
cui Pietro de’Medici viene cacciato dalla città e nell’ex capitale
medicea viene proclamata la repubblica.
La capitale medicea è in subbuglio, tra chi vuole il ritorno al potere
dei De’Medici e chi cerca una nuova strada per la guida della città.
Al potere ci sono coloro che hanno cacciato il De’Medici che, coadiuvati
dalle roventi prediche del Savonarola che spinge il popolo fiorentino a
realizzare una profonda rivoluzione dei costumi, riescono a convincere
il sovrano transalpino a non muoversi in difesa di Pietro De’Medici e
lasciare la città toscana così come l’aveva trovata.
Partito Carlo VIII per il Sud Italia, a Firenze le prediche del
Savonarola crescono di irruenza, attaccando senza alcun timore
reverenziale i vizi che la ricchezza dell’epoca portava nei costumi, la
simonia (ovvero la vendita delle cariche ecclesiali) da parte dell’alto
clero e il nepotismo effettuato dal papa Alessandro VI Borgia.
La città toscana decide di seguire in tutto e per tutto questo frate
“rivoluzionario”, tra i punti più importanti di questa situazione
ricordiamo i “bruciamenti delle vanità” e la proclamazione di Cristo a
Re di Firenze.
Dobbiamo anche sottolineare come il Savonarola è stato uno tra le prime
persone a saper sfruttare le potenzialità della stampa tipografica.
Infatti sappiamo di molti discorsi
del frate distribuiti come dei volantini tra la popolazione in maniera
rapida.
Alessandro VI non rimane inerme di fronte alla rilevanza delle azioni
del frate, anche perché la proliferazione della rivoluzione
savonaroliana avrebbe potuto distruggere non solo lo Stato Pontificio,
ma molti altri regni nella penisola italica.
Savonarola non risponde però ai richiami papali che lo vogliono a Roma,
finché il pontefice, nel 1497, non lancia la scomunica nei confronti dei
frate e minaccia la città
di Firenze di venire interdetta, ovvero un taglio dei commerci e dei
fondi nei confronti di tutti gli altri stati “cattolici”.
Firenze abbandona Savonarola, cadendo in un periodo di anarchia, durante
il quale viene preso d’assalto il monastero di San Marco, dove il frate
è priore.
Savonarola viene catturato e posto di fronte al governo repubblicano
fiorentino, la “Signoria”, che decide di condannare il frate come
eretico quindi impiccato, bruciato e le sue ceneri buttate nelle acque
dell’Arno, in maniera che nessuno potesse recuperare qualcosa del
Savonarola e guidare un movimento simile con l’ausilio “mistico” di
qualche reliquia del frate.
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