Liolà
di Luigi Pirandello
"Liolà", commedia d’ambiente siciliano, narra di
un dongiovanni campagnolo, che con il suo comportamento mette allegramente
a soqquadro il microcosmo in cui vive. Egli è immune dalla brama di
benessere materiale che assilla la società dell’epoca. Una società di
tipo Verghiano per gli interessi da cui è dominata, nonché per la corale
partecipazione agli avvenimenti. Tutta pirandelliana è però la conclusione
che balena con chiarezza: il trasgressore delle regole è l’unico veramente
buono e generoso, gli altri sono interessati, egoisti e gretti. Tuzza,
incinta di Liolà suggerisce allo Zio Simone di attribuirsi la paternità
del figlio che ha in grembo, mettendo così a tacere le male lingue.
In questo modo Tuzza pensa di assicurarsi l’avvenire e di vendicarsi
non solo di Liolà, ma anche di Mita che ha sposato il vecchio benestante,
creandosi una posizione alla quale lei stessa aspirava. Il piano è ben
congegnato, la povera Mita è malmenata e cacciata di casa dal marito.
Liolà la salva mettendola incinta, e il vecchio Zio Simone se la riprende
in casa, preferendo questa paternità a quella illegale procuratagli
dalla Tuzza. Senza rendersene conto un senso di giustizia lo spinge
a ristabilire la situazione a favore di chi era stata danneggiata ingiustamente,
e contro chi ha usato la malizia e la frode. Proprio in questa inconsapevole
innocenza è la sua gioia di vivere. "Liolà" è una delle commedie più
amate da Pirandello che affermava fosse, dopo "Il fu Mattia Pascal",
la cosa a cui teneva di più. Al figlio Stefano racconta: "Il protagonista
è un contadino poeta, ebbro di sole, e tutta la commedia è piena di
canti e di sole. E’ così gioconda, che non pare opera mia". Portare
in scena "Liolà" è stato un progetto a lungo accarezzato da Gianfranco
Jannuzzo che ora si concretizza al meglio con la preziosa collaborazione
registica di Gigi Proietti. Un’amicizia e un’intesa, quella tra i due
attori, che risale ai tempi della scuola di teatro diretta da Proietti
dalla quale l’attore siciliano proviene. Gianfranco Jannuzzo nei panni
di Liolà saprà mettere al servizio del personaggio la sua generosa verve
e la sua naturale esuberanza artistica. Accanto a lui Manuela Arcuri,
attrice dal volto e dal temperamento mediterranei, incarnerà la moglie
Mita.
NOTE DI REGIA DI GIGI PROIETTI
Troppe cose importanti si sono dette su Pirandello,
perché io ardisca aggiungere altro. Ed è curioso che tutti gli studi,
gli approfondimenti sulla sua poetica siano condivisibili anche se,
a volte, opposti l’uno all’altro: "teatro di parola ma a suo modo gestuale",
"teatro del dolore ma ironico" o meglio "umoristico", "specchio della
realtà o specchio della stessa finzione", "critica sociale della borghesia",
"curiosa contaminatio di tragico e comico", "indagine introspettiva
dell’uomo singolo contrapposto alla società fatta di singoli diversi
ma uguali..". Liolà c’entra in tutto questo? Pirandello, in seguito,
a quell’ambiente contadino, a quei personaggi solari, a quelle fertilità
a quei balli e canti preferì il mondo borghese più nascosto, claustrofobico.
Ma ancora di più, qui, in Liolà, si comprende come l’ipocrisia, l’interesse
gretto e meschino e il cinismo siano propri dell’animo umano e non soltanto
del borghese, piccolo o alto che sia.
E qui più si evidenzia l’autore "umoristico" (è di
pochi anni prima il suo saggio sull’Umorismo) che alterna e mescola
cattiveria e pietas, avarizia e generosità, allegria e calcolo e, insomma
(per far contenti tutti) realtà e apparenza. Eppure Liolà è leggero
quasi vola. La fertilità, il mito della Terra, e dei campi, la felicità
sono strascichi di un mondo pagano che sembrano essere ironizzati e
quasi derisi fino ad un finale che non ce la fa ad essere tragedia,
ma che la sfiora o meglio la graffia. Quindi testo tutt’altro che univoco,
permeato com’è da una serie di ironiche evocazioni visive, balli campestri,
passioni, Marie, vendemmie. Microcosmo femminile, gineceo all’interno
di un mondo culturale e di una società (quella agricola) che sta per
dissolversi. Prospettive per il futuro? Insegnare ai figli a cantare…Ecco:
avere presenti queste semplicissime riflessioni mentre si cerca di convincere
gli attori ad essere tanto finti da sembrare veri (o viceversa…) è il
progetto di lavoro della regia.
fonte:
comunicato stampa del Teatro Manzoni di Milano in occasione dell'evento
tenutosi dal 7 febbraio al 5 marzo 2006
al Manzoni che così recitava: "Politeama
S.r.L. e The Dreamers presentano GIANFRANCO JANNUZZO con MANUELA
ARCURI in LIOLA’ di Luigi Pirandello con GUIA IELO
nel ruolo di Zia Croce e TURI CATANZARO nel ruolo di Zio Simone.
E con LUCIA GUZZARDI (Zia Ninfa), NELLINA LAGANA’ (Gesa), GIOVANNA CENTAMORE
(Carmina La Moscardina), Veronica Milaneschi (Nela), Aurora Peres (Ciuzza),
Antonella Scimemi (Luzza), con la partecipazione di KARIN PROIA
(Tuzza). Scene Alessandro Chiti, costumi Sabrina Chiocchio, musiche
Pippo Caruso. Regia GIGI PROIETTI."
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