STANLEY KUBRICK
Stanley Kubrick (New
York, USA 1928 – Harpenden, Gran Bretagna 1999) è uno dei più importi
cineasti di tutti i tempi.
Regista, sceneggiatore
e produttore cinematografico, Kubrick ha saputo realizzare opere di
grande fascino e forza, dove la grammatica filmica ha ampliato i confini
del puro intrattenimento per cogliere nuove proposte interpretative.
L’impegno ideologico, quello politico, l’analisi critica della società
contemporanea e i grandi problemi dell’uomo sono i temi essenziali della
poetica del regista.
Kubrick si avvicina in
giovane età alla fotografia, diventando fotoreporter per la rivista
americana “Look”. Nello stesso tempo coltiva la passione per i il cinema
e trascorre diverso tempo davanti alle proiezioni di vecchi film presso
il Museum of Modern Art di New York.
Nel 1949 Kubrick ha
realizzato e produce il primo cortometraggio di 16 minuti, Day of the
Figth (Il giorno del combattimento), del quale cura, inoltre, anche
le riprese, il montaggio ed il sonoro. Il cortometraggio viene
successivamente venduto alla casa di produzione cinematografica RKO
Pictures (Radio-Keith-Orpheum, una delle maggiori major hollywoodiane).
Sempre con la RKO, Kubrick ha prodotto nel 1951 il secondo
cortometraggio (“Flying Padre”).
Nel 1953 Kubrick
esordisce con il primo lungometraggio, “Fear and Desire”(Paura e
desiderio), realizzando il soggetto, la sceneggiatura e la regia.
Sin dalle prime opere,
Kubrick mette in pratica una delle caratteristica fondamentale del suo
lavoro, ossia il pieno controllo delle opere, la cura quasi maniacale di
ogni particolare, l’amore per ogni dettaglio stilistico e formale, la
ricerca della perfezione per andare oltre le immagini e lasciare spazio
alla analisi oggettiva dei fatti narrati ed alla riflessione.
Nel 1955 Kubrick
realizza Killer’s Kiss (Il bacio dell’assassino); anche in
questo caso il controllo totale dell’opera risulta una segno distintivo
dell’autore, che realizza anche il soggetto, la sceneggiatura, il
montaggio, la fotografia e la produzione. Questa libertà d’espressione
risulta ancora più incisiva se si tiene in considerazione che, in quel
periodo, il cinema era diventato una sistema spettacolare, fatto di
registi, attori, mestieranti, artigiani, ed una simile libertà risultava
pressoché negata a molti registi. Le cinque maggiori major americane
(RKO, Metro-Golwyn-Mayer, Paramount, 20th Century Fox e Warner Bros.)
avevano imposto un cinema di generi, regolandone le strutture artistiche
e produttive.
Nello stesso anno
Kubrick abbandona la RKO e firma un contratto con la United Artists;
poco dopo Kubrick e James B. Harris fondano la Harris-Kubrick
Production. Insieme i due amici e registi producono Rapina a mano
armata, Orizzonti di Gloria e Lolita.
Nel 1956 Kubrick scrive
e dirige The Killing (Rapina a Mano Armata), dal romanzo
di Lionel White. Il film è stato acclamato dalla critica americana come
uno dei migliori film noir di tutti i tempi. La grammatica filmica si
arricchisce del flashback sincronico; la narrazione risulta frammentata,
non lineare, e i fatti si arricchiscono ogni volta di nuovi particolari.
L’ordine degli eventi viene quindi mostrato da diversi punti di vista,
quello degli autori di una rapina ad un ippodromo, sino a giungere alla
medesima conclusione.
Questa tecnica ha
permesso al regista di concentrare l’attenzione su un particolare
evento, quello della rapina, dando alle sequenze un particolare senso
ritmico ed una drammatizzazione ricca e variegata.
Il lavoro successivo di
Kubrick vide la luce nel 1957; Paths of Glory (Orizzonti di
Gloria) è un film sulla guerra lontano da molti clichè che il cinema
di genere aveva creato. La vicenda narrata si svolge durante il primo
conflitto mondiale, sul fronte franco-tedesco; la vicenda bellica
sembra il pretesto per mostrare non tanto l’assurdità della guerra,
quanto piuttosto la crudeltà dell’uomo. Kubrick concentra la sue
attenzioni sulle vicende di un unico schieramento, quello francese; il
nemico non è mostrato, tutto il narrato ruota intorno alle scelte di un
generale, un tenente e soldati costretti ad eseguire gli ordini. I
personaggi si dispongono come pedine di un terribile scacchiere, dove le
motivazioni personali e le regole della guerra conduco il senso critico
degli spettatori a confrontarsi con situazioni che superano i confini di
tempo e spazio.
Per la sua analisi
razionale del reale e l’efficace antimilitarismo, il film venne
censurato in Francia, dove apparve solo dopo il 1974.
Nel 1960 Kubrick
esordisce alla regia nel suo primo film a colori. Per la verità
Spartacus, vincitore di quattro premi Oscar ("miglior attore non
protagonista" a Peter Ustinov, "miglior fotografia per film a colori",
"miglior scenografia per film a colori", "migliori costumi per film a
colori") e prodotto come il precedente film del regista da Kirk Douglas,
non può essere considerato appieno un’opera del giovane regista
newyorkese, poiché Kubrick fu chiamato a sostituire Anthony Mann,
licenziato a inizio riprese dalla produzione; la sceneggiatura era già
stata scritta da Dalton Trumbo e sottoposta a continui adattamenti,
soprattutto da parte di Douglas e Ustinov. Kubrick si trovò in questo
modo a dover dirige una storia sulla lotta di classe romanzata in
maniera eccessiva e priva di qualsiasi critica o riferimento alla
realtà.
Nonostante la mancanza
di controllo da parte di Kubrick nelle fasi di lavorazione, i dissapori
con Duoglas e i diversi blooper, il film ottenne notevole successo ai
botteghini.
Grazie ai guadagni
ottenuti con Spartacus, Kubrick decise di portare sullo schermo
le ossessioni amorose del professore Humbert Humbert innamorato della
giovanissima “Lolita”, Dolores Haze.
A causa della censura
americana, Kubrick decise di girare il film Lolita (1962) in Gran
Bretagna (e dal quel momento non tornò più negli Stati Uniti).
Il soggetto e la
sceneggiatura furono realizzate dallo scrittore Nabokov, già autore
dell’omonimo romanzo. La sceneggiatura finale venne più volte
rimaneggiata dallo stesso autore per volontà di Kubrick.
A differenza del
romanzo, il film sposta l’interesse dall’amore all’ossessione e alle
paure; l’erotismo risulta in questo modo ridotto al minimo, e il vortice
impietoso che ne risulta trascina tutti i personaggi. Ecco che allora le
immagini ed il senso del film portano ad uno scontro tra mondo adulto ed
infanzia, oppressione ed istinto, ragione e follia.
Nel 1962 Kubrick
realizza Dr. Strangelove or: How I Learned to Stop Worrying and Love
the Bomb (Il dottor Stranamore, ovvero: come imparai a non
preoccuparmi e ad amare la bomba), un film satirico tratto dal
romanzo di Peter Gorge “Allarme Rosso”.
Anche in questo film il
regista parla dell’umana attitudine all’annientamento, delle paure del
suo tempo, quella della minaccia nucleare in particolare, concentrando
la satira sulla teoria della distruzione mutua assicurata, secondo la
quale, la paura delle enormi conseguenze derivanti da un conflitto
nucleare, porta ad una situazione di stallo tra gli schieramenti
coinvolti. Il gioco e la satira, le continue allusioni sessuali e la
suspence, fanno di questo film un ritratto cinico e grottesco della
Guerra Fredda, una “commedia da incubo”, come ha dichiarato lo steso
regista. Anche per Il Dottor Stranamore, così come per Lolita, Peter
Sellers ha interpretato diverse parti: il capitano Lionel Mandrake, il
presidente Merkin Muffley e il Dr. Stranamore. La sceneggiatura del film
è stata realizzata da Stanley Kubrick, Peter George, Terry Southern.
Nel 1968 Kubrick
realizza 2001: A space Odyssey (2001: Odissea nello spazio),
tratto dal racconto “La sentinella” di Arthur C. Clarke. Dalla
sceneggiatura del film, Clarke ha tratto in seguito il romanzo con
l’omonimo titolo.
Questo film si colloca
nella storia del cinema come uno dei film più rappresentativi del cinema
stesso, un esempio di cinema puro unico nel suo genere. Si potrebbe dire
che 2001: Odissea nello spazio è un’esperienza visiva e non solo
che si presta a differenti chiavi di lettura, “è un tentativo di
comunicare con il subcosciente e con le sensazioni, piuttosto che con
l’intelletto” (Stanley Kubrick). Le immagini appaiono come uno specchio
che riflette e sul quale riflettere; i dialoghi, per buona parte del
film, risultano assenti. Ecco che il film si presenta come un esempio di
cinema puro, quello fatto di immagini che si caricano di senso e
colpiscono i sensi, rimandano ad altro, e le parole servono a
sottolineare precisi intenti o ad accompagnare un intendimento.
Questo ritorno alle
origini sembra essere il filo conduttore che lega tutto il film; il film
si apre con una sequenza “preistorica”, dove la Terra è abitata da
animali. Un gruppo di scimmie antropoidi popola un paesaggio desertico.
Una di queste, “Guarda la luna”, rovista tra le ossa di uno scheletro;
un’inquadratura dal basso mostra un monolite nero che si staglia in un
cielo dove la luna ed il sole si dividono lo spazio. La scimmia afferra
uno osso di grosse dimensioni (intanto le note di Così parlò Zarathustra
di R. Strass accompagnano la sequenza) ed inizia a colpire le altre per
terra.
A questo punto alcuni
inserti mostrano animali che cadono stramazzati al suolo; “Guarda la
luna” continua a colpire le ossa e si compiace per i pezzi distrutti. La
scimmia lancia in aria il grosso osso. Un’ellissi temporale ci porta a
vedere un’astronave dalle dimensioni simili all’osso lanciato. Il
montaggio semantico operato da Kubrick si carica di funzioni connotative:
la scimmia antropoide intuisce che l’osso può trasformarsi in un
micidiale strumento di offesa per sottomettere altre specie animali.
L’associazione messa in pratica da Kubrick ci fa intuire che la specie
umana nasce da un atto di sopraffazione e violenza. Il monolite diventa
immagine e metafora di un’evoluzione, di un divenire che porta dalla
scimmia all’uomo, e poi oltre, fino al feto che vaga nello spazio
nell’inquadratura finale.
L’opera succesiva di
Kubrick, A Clockwork Orange (Arancia Meccanica), tratto
dal romanzo omonimo di Anthony Burgess del 1962, mostra meglio di altre
la particolare associazione del regista tra immagine e musica; come ai
primordi del mezzo filmico, Kubrick continua a raccontare le sue visioni
utilizzando i due strumenti essenziali del cinema stesso. Ne viene fuori
un ritratto sconvolgente sulla civiltà e la natura, il bene ed il male,
la violenza del teppista Alex e quella della scienza, il libero arbitrio
e la sua negazione. Ma anche un ritratto sul cinema stesso e sull’arte;
perché Arancia Meccanica è prima di tutto un film sulla violenza dello
sguardo, quello di chi non si compiace per quello che mostra e non ha
difficoltà a dimostrare i meccanismi del gioco.
Il ritmo del film, la
violenza dei suoni, il sadismo delle note di Purcell, Beethoven, Rossini,
i primi piani del volto di Alex con un occhio truccato o quelli dei suoi
occhi costretti a guardare immagini di violenza come cura mediale e
politica, sono di per se atti di violenza contro un passato ormai
decadente e un futuro che si propone ancora peggio. Alex sembra l’altro-uomo
di “Guarda la luna” di 2001: Odissea nello spazio; in questa
lunga ellissi temporale che separa i due personaggi, il pessimismo di
Kubrick continua la sua analisi lucida e critica sull’uomo ed il suo
mondo.
Ancora sui temi della
violenza e della crudeltà sociale ed umana, questa volta celate dal
perbenismo mascherato e culturalmente raffinato del Settecento, Kubrick
continua la sua analisi nel film Barry Lyndon (1975). Le
particolari lenti realizzate dalla Carl Zeiss per le riprese e
l’illuminazione a lume di candela utilizzata dal direttore della
fotografia John Alcott, ci consegnano un ritratto, perché di tale si
tratta, del Settecento e delle contraddizioni sociali nascoste dietro
composti soprusi.
Anche Shining,
film del 1980, ci presenta un labirinto di misteri sull’uomo ed il suo
mondo, dove la tensione emotiva scuote lo spettatore in un’analisi della
coscienza e delle paure ancestrali. Il mezzo filmico si carica di senso
quando insegue e segue, con una tecnica che precede i futuri sviluppi
della steadycam, il bambino Danny con il suo triciclo lungo i corridoi
dell’Overlook Hotel, come se proprio la tecnica, figlia di un universo
altamente scientifico, fosse lo strumento per svelare i misteri
dell’uomo.
Nel 1987 Kubrick
realizza Full Metal Jacket, film sulla follia umana nascosta tra
campi di addestramento per feroci marines americani e campi di battaglia
dove uomini e donne privati della propria umanità e del proprio nome si
costringono ad annullarsi l’un l’altro. Il viaggio della follia inizia
dalle infantili disattenzioni del soldato “palla di lardo”, costretto a
trasformarsi in breve tempo in una micidiale arma di morte che annulla
anche se stesso, passa per l’uccisione della donna cecchino, figura
femminile negata della funzione primaria della donna, quella di
portatrice di vita, e termina con i soldati che abbandonano la città in
fiamme cantando “Solo tu – Topolin! – puoi capir – Topolin! i mille e
mille sogni di un bambin, ah! ah! ah!...Topolin, Topolin, viva Topolin!”
L’ultimo film di
Kubrick, Eyes Wide Shut (1999), è un gioco, di parole prima di
tutto, tra il sogno e la realtà, tra il desiderio e l’ossessione, tra
l’essere, l’apparire ed il divenire. Il film è tratto dal racconto di
Arthur Schnitzeler, “Doppio sogno”, e racconta i percorsi di una giovane
coppia che prende coscienza, dopo il disorientamento, del vero
significato del guardare e del vedere.
FILMOGRAFIA DI
STANLEY KUBRICK
-
Fear and Desire (Paura e desiderio, 1953)
-
The
Seafarers (documentario, 1953)
-
Killer's Kiss (Il bacio dell'assassino, 1955)
-
The
Killing (Rapina a mano armata, 1956)
-
Paths of Glory (Orizzonti di gloria, 1957)
-
Spartacus (1960)
-
Lolita (1962)
-
(Dr. Strangelove or: How I Learned to Stop Worrying and Love the
Bomb (Il dottor Stranamore, ovvero: come imparai a non preoccuparmi
e ad amare la bomba, 1964)
-
2001: A Space Odyssey (2001: Odissea nello spazio, 1968)
-
A
Clockwork Orange (Arancia meccanica, 1971)
-
Barry Lyndon (1975)
-
The Shining (Shining, 1980)
-
Full Metal Jacket (1987)
-
Eyes Wide Shut (1999)
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