Architettura Urbanistica e Progettistica rubrica di  CORRERENELVERDEONLINE

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Architettura Urbanistica e Progettistica



 

LE CITTA’ DIVENTANO GLOBALI

Così come la rivoluzione industriale aveva creato una forte accelerazione del fenomeno di inurbamento di grandi masse rurali, dalla fine del secolo scorso si sta assistendo ad un profondo sconvolgimento tecnologico che sta modificando la struttura di città e regioni. Lo sviluppo dell’ ingegneria informatica, che ha una valenza storica paragonabile alla scoperta di nuove fonti energetiche, sta rivoltando i modi di formulare i processi economici che ormai sono concepiti su scala planetaria, mentre la competizione per mercati e capitali da nazionale e’ sempre più transnazionale. L’ economia viene gestita usando sistemi telematici basati sulla creazione di nuova conoscenza che consente l’accesso immediato ad informazioni appropriate da adattare ai programmi di produzione. Per quanto riguarda la misura dello sviluppo economico, la somma di capitale, lavoro e materie prime (che era un indice affidabile sia nel mondo industriale che in quello agricolo) deve essere integrata da una equazione econometrica che dipende dalla spinta che il processo produttivo riceve dalla scienza, dalla tecnologia e dalla manipolazione delle informazioni.

Questi cambi rapidi e profondi dell’ economia hanno avuto una altrettanto importante influenza nell’ evoluzione delle città e delle regioni. Da una parte osserviamo la dispersione nel territorio, a volte in altri paesi e continenti, delle attività manufattiere; dall’altra un rinnovamento delle città più importanti che diventano centri di servizio e finanziamento del commercio internazionale e delle operazioni di investimento dei grandi conglomerati finanziari. E dato che questo tipo di servizi producono un profitto molto più elevato rispetto alla vendita dei prodotti industriali (che hanno a che fare con i costi delle materie prime e della mano d’ opera), le città dove essi maggiormente si sviluppano, chiamate da molti analisti appunto "globali", diventano luoghi di immensa concentrazione di potere economico che marginalizza quelli che una volta erano i centri industriali importanti. Negli anni ’80, quindi, con l’ adozione su vasta scala dei sistemi telematici e poiché le attività produttive, proprio perché decentrate e suddivise, richiedevano una sede di controllo proprietario e finanziario strategicamente centrale, si e’ assistito ad un aumento impressionante di densità delle città globali. E questo, fra l’ altro, in diretta contraddizione con modelli di sviluppo che puntavano al decentramento per diminuire congestione e spese, e malgrado costi di locazione e tasse sempre più alti nelle aree centrali.

Le città globali, accentrando il potere decisionale dei conglomerati finanziari più importanti, stanno diventando le vere protagoniste dello sviluppo economico di un paese. I governi nazionali, mancando la necessaria flessibilità di adattamento al mutare delle condizioni di mercato, di tecnologia e di cultura, se intervengono, lo fanno in ritardo e solo per stabilire un controllo formale dei processi funzionali che alterano la società e l’ economia. A livello locale invece vi e’ una maggiore capacità di generare progetti di sviluppo, di negoziare con società multinazionali, di agevolare la crescita di piccole e medie aziende e, in definitiva, di creare le condizioni per attrarre nuova ricchezza e potere.

La nuova economia da un lato ha creato una distinzione netta fra città regionali e globali, che taglia trasversalmente la vecchia distinzione fra paesi ricchi e poveri; dall’ altro, sulla spinta di Sylicon Valley, ha favorito il proliferare di parchi tecnologici nati dalla cooperazione fra il settore pubblico, fondazioni o università, e quello privato, il cui compito principale e’ quello di generare nuove informazioni e conoscenza. Fra le città globali notiamo, accanto a New York o Londra, città di paesi in via di sviluppo come Sao Paulo o Città del Messico; e questo puntualmente si riflette nell’ appannaggio dei record di altezza dei grattacieli (sintomo dell’ aumento vertiginoso dei costi delle aree centrali edificabili) che non appartiene più a città americane o europee, ma asiatiche. Nella stessa nazione poi e’ aumentato il divario di accumulazione di risorse fra le città globali e le altre. Parigi e’ in continua crescita mentre centri come Lione e Marsiglia sono in netto declino. In Italia Milano e’ da annoverare fra le città globali, ma e’ contrastata dalla centralità burocratica di Roma e dalla grande vivacità del tessuto economico della provincia, che, per certi aspetti ed in alcune aree, rappresenta una valida variante nella generazione di sviluppo.

Nella nuova economia la grande disparità fra il passo di crescita dei servizi finanziari e quello dei settori economici tradizionali, sta creando una divaricazione netta, a livello sociale ed economico, fra le città globali e le regioni limitrofe. Questo genera una distorsione nelle operazioni dei mercati, in particolare di quello immobiliario e del lavoro. Per quanto riguarda quello immobiliario si assiste ad una grande ondata speculativa che spesso, come a New York, si traduce nella crisi di supercostruito degli anni ’80; il mercato del lavoro, invece, e’ afflitto dalla scomparsa dell’ occupazione non specializzata, per cui, sempre a New York, questo si e’ tradotto nella perdita netta, dal 1970 al 1986, di mezzo milione di posti richiedenti meno di un diploma di scuola media. Questa e’ una delle cause per cui nelle metropoli, sia dei paesi ricchi che di quelli poveri, si sta concentrando, a un tiro di pietra dai luoghi delle ricche elite affaristiche, una grande massa di residenti senza lavoro, che vanno a saturare gli slam periferici incrementandone la ghettizzazione, così che il nuovo ordine urbano della città globale presenta un centro inflazionato nei prezzi e nella saturazione degli spazi con un intorno, specie nei paesi asiatici o latino-americani, sempre più con le caratteristiche del ghetto o della bidonville.

Le città non possono essere considerate come entità indipendenti dalle forze sociali ed economiche che operano a livello regionale e globale. Oggi il decentramento, gli stretti vincoli finanziari, lo sviluppo di servizi pubblici privatizzati, il moltiplicarsi di associazioni di volontariato, le forze che si sprigionano dall’ economia locale e, spesso, dalla ristrutturazione della economia globale, hanno aggiunto complessità alla macchina burocratica della città. Quali strategie di sviluppo perseguire, come distribuire le risorse pubbliche disponibili, l’ interesse di quale gruppo sociale agevolare, ecc, sono tutte domande essenzialmente politiche. Fare politica in un sistema urbano complesso vuol dire cercare cooperazione fra i differenti gruppi, pubblici e privati. Ma non solo; bisogna tener conto che nei periodi di trasformazione o di transizione della società quale e’ quello attuale, vi sono sempre dei momenti di confusione in cui si perdono dei valori per acquistarne di nuovi: nella società post-industriale la tendenza implicita è di staccarsi dalla cultura tradizionale e dai suoi valori. Ma la realtà urbana che ci circonda e sovrasta non aiuta a riconciliare la nostra identità con l’ ambiente in cui viviamo: spesso viene a mancare il fattore luogo, l’ ambito territoriale definito e compartito. Questo crea un senso di estraneamento dal proprio passato, un allontanamento dalle proprie tradizioni culturali, fonti di significati comuni e di identità, con una tendenza all’ appiattimento della routine quotidiana, per cui vivere a Milano o a New York e’ pressoché identico. Come si vede il quadro dell’ urbanistica urbana post-industriale, dovendo conciliare il buon funzionamento di una macchina burocratica complessa con le spinte culturali basiche, presenta molte zone d’ombra. Ed e’ appunto questa la sfida che si deve raccogliere: sanare le situazioni di contrasto fra l’ interesse dei gruppi e quello della collettività, sgonfiare, prima che esplodano, le situazioni conflittuali di ineguaglianza presenti nella economia e nella società, fare in modo che la città e il territorio rappresentino una realtà locale da riconoscere come propria e da condividere. Non poco e non solo urbanistica.

Michele Fasciano

immagini a cura di Kimberly Martelli