Marcello Piacentini
Marcello Piacentini impersonifica da sempre la contraddittorietà
dell'architettura italiana del Novecento, lui considerato da tutti
"l’artista costruttore di città" per eccellenza.
Nato a Roma nel 1881, figlio di un architetto Marcello Piacentini
studiò nell’Istituto di Belle Arti, conseguendo il diploma di professore
di disegno architettonico, e più tardi quello di architetto civile nella
Scuola di Applicazione degli Ingegneri. Si cimentò sin da giovane in
molti concorsi, sia per singoli edifici, sia per sistemazioni edilizie
di località e di intieri quartieri, vincendone gran parte, e
testimoniando così il suo genio e l’estrosità artistica fuori dal
comune.
Scardinando i tradizionali canoni architettonici a cui Roma e
l’Italia era stata abituata fin dal 1870, egli non si adagiò mai come
tanti artisti contemporanei a rimpastare faticosamente stili passati,
pesanti e austeri come l’aspetto signorile che dovevano mantenere, ma
concentrò tutta la sua attenzione nel portare una ventata di novità e di
"squilibrio" contro il rigore vigente.
Nel 1907 vinse il concorso per la sistemazione del centro di Bergamo,
con un progetto di impronta eclettica che verrà attuato nel 1927. Nel
1910 realizzò il padiglione italiano all’Esposizione Mondiale di
Bruxelles. Tra il 1915 e il 1917 il Cinema Corso di Roma rivelò il suo
interesse per il modernismo europeo, che fino al 1920, emerse anche in
vari altri progetti di palazzine per la borghesia romana, creazioni
ritenute dagli appassionati come le più interessanti. Un primo esempio
lo si trovava nella villetta Rusconi, realizzata da Piacentini nel 1913,
piccola costruzione in cui le tendenze nuove erano tutte pienamente
accettate, nella chiarezza, nella soppressione delle false strutture,
nei richiami alle forme spontanee dell’arte rurale: la decorazione era
del tutto assente, e pure nell’insieme e nei particolari vi era
un’eleganza nuova, fatta non di fronzoli, ma di freschezza, e di
semplicità.
Nel Palazzo della Banca d’Italia in Piazza del Parlamento (1914),
Piacentini riprese poi, alcuni motivi la cui impronta si legava a
Gianlorenzo Bernini, con una geometrica divisione a paraste e con piani
rientranti, che si innestavano sopra un primo ordine a forti bugne con
motivi palladiani; ne risultava un insieme sobrio, netto e robusto, a
metà tra il nuovo e l’antico che ribadiva il ruolo di mediatore
eccellente dell’artista, a metà strada tra esigenze tradizionali e
principi generali di una nuova arte.
Dal 1920 in poi, le opere di Piacentini si possono distinguere in due
gruppi: quelle di edifici pubblici e monumentali e quelle più modeste,
case e villette per abitazione privata, simbolo del doppio ruolo che
doveva assumere l’architetto, costretto nelle prime ad allontanarsi un
po’ dalla assoluta e nuda semplicità, tendenzialmente appartenente alla
moderna architettura, dando spazio ad un’intonazione più solenne e
classica. Ecco dunque il Palazzo di Giustizia di Messina, iniziato nel
1920, costruito in pietra gialla di Solunto, ed il progetto pel teatro
Comunale di Cagliari del tutto originale, realizzato pensando a grandi
linee verticali, al gioco di luci e di ombre; una delle più belle
manifestazioni del nuovo stile pittoresco e moderno, una modernità
scaturita dalla realtà e non troppo ricercata.
Nel periodo fascista Piacentini si fece portavoce di una "via nazionale
all’ architettura" tentando una mediazione con gli esponenti della
corrente razionalistica pur mantenendo in quasi tutte le sue
realizzazioni un carattere eclettico. Numerosissimi i progetti e gli
interventi urbanistici, tra i quali ricordiamo il Palazzo di Giustizia
di Milano (1933) e il Palazzo del Rettorato dell’Università di Roma
(1936).
Prima della guerra Piacentini compì molti viaggi all’estero,
visitando la Germania, la Francia, l’Olanda, il Belgio e gli Stati
dell’America del Nord; da questi viaggi egli tornò trasformato, e con in
mente un progetto artistico imponente, ispirato alla maestosità tedesca
che trova riscontro in altre diverse opere: la sistemazione dell’E42
(1938-1942) la demolizione della "spina dei Borghi" per l’apertura di
Via della Conciliazione (1941).
Infine da sottolineare molto importante il rapporto di collaborazione
che Piacentini ebbe nell’arco di tutta la sua carriera con altri
importanti e rinomati artisti, come quella con Ferruccio Terrazzi per la
realizzazione del Mausoleo Ottolenghi ad Acqui.
Marcello Piacentini morì nel 1960.
|