SEBASTIAO SALGADO
Sebastiao Salgado,
uno dei più noti fotografi contemporanei, nasce ad Aimores, in
Brasile, nel 1944. Consegue la laurea in economia nel 1968
all’Università di Sao Paulo and Vanderbilt University (USA) e
approfondisce i suoi studi nell’università di Parigi; fino al 1973
lavora come economista per International Coffee Organization.
La passione per la
fotografia nasce durante un viaggio in Africa nel 1973, nel quale
aveva fatto molti scatti con la macchinetta fotografica della moglie
Leila Wainick. Salgado decide di cambiare bruscamente la direzione
della sua vita: vuole dedicarsi completamente alla fotografia.
Lavora così per la
Sygma photo agency dal ’74 al ’75 e per la Gamma agency dal ’75 al
’79.
Viene eletto nella
membership della cooperativa internazionale di fotografi Magnum
Photos e rimane con l’organizzazione fino al 1994. Intanto, per la
linea di Parigi, copre eventi come la guerra in Angola, la cattura
degli ostaggi israeliani in Entebbe, l’attentato al presidente
Reagan.
Inizia presto a
sviluppare l’idea di attuare progetti di documentazione propri.
Per ben sette anni,
dal 1977 al 1984, il fotografo percorre le strade dell’America
Latina, nei più remoti villaggi di montagna, per dar vita al
reportage L’altra America(1986), ritratto della cultura
contadina e della resistenza culturale degli Indiani e dei loro
discendenti in Messico e Brasile.
Nel 1980 si dedica
anche al reportage sulle insostenibili condizioni delle regioni
angustiate dalla siccità in Africa e pubblica Sahel: l’uomo
nell’angoscia, un documento sulla grande dignità e capacità di
sopportazione dell’uomo nei momenti di profonda sofferenza.
Nel 1994 Salgado
abbandona la Magnum Photos, fondata da Robert Capa, e fonda insieme
alla moglie Leila Wainick Salgado la Amazonas Images, una
struttura completamente dedicata al suo lavoro.
Nel 1993 pubblica
ancora un altro reportage di ben 400 pagine, intitolato La mano
dell’uomo, dedicato ad un progetto sul lavoro nei settori di
base della produzione. L’opera è stata tradotta in sette lingue e
portata in oltre sessanta musei nel mondo. Senza terra del
1997 è un progetto che vuole testimoniare la condizione di tutti
coloro che lottano per reclamare la terra che gli appartiene nel
loro paese natìo, il Brasile.
Nel 2000 pubblica
Migrazioni e Bambini, dove ritrae attraverso i suoi
scatti, la vita dei rifugiati e degli emigranti in 41 paesi.
La fotografia di Salgado si distingue per la sua
impalcatura ideologica di denuncia sociale e per il suo realismo,
che arriva ad essere a volte disarmante. Vuole comunicare attraverso
la fotografia le condizioni di inconcepibile degrado e sofferenza
che ancora oggi ci sono in un mondo che ha fatto del progresso la
linea di demarcazione tra i paesi ricchi e i paesi definiti in via
di sviluppo. E’ una fotografia di denuncia, rivolta alla
sollecitazione delle coscienze, alla volontà di volere e potere
costruire qualcosa di nuovo, sempre a partire dalla constatazione
del presente che avviene attraverso l’obbiettivo di una macchinetta
fotografica.
Salgado privilegia pellicole fotografiche in bianco e
nero e fotocamere da 35mm, soprattutto macchine Leica. Il fotografo
è molto attento alla qualità della stampa finale e alla resa dei
toni, per i quali è solito usare uno sbiancante per la riduzione
delle ombre molto intense.
Salgado vive a
Parigi, insieme a sua moglie e collaboratrice Leila e ai loro due
bambini.
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