STORIA DELLA FOTOGRAFIA
"Mettere in prospettiva"
era un’esigenza che già i pittori e gli artisti del seicento sentivano come
propria, per poter esprimere la loro creatività nelle opere che realizzavano.
Il primo passo verso la fotografia,
fu dunque la nascita della camera oscura, principio di riproduzione delle
immagini, e le prime descrizioni che si trovano a riguardo, risalgono addirittura
ai tempi di Leonardo Da Vinci.
La
camera oscura era una cabina
cubica, completamente isolata dalla luce, all’interno della quale si chiudeva
il disegnatore. Su di una parete veniva praticato un foro, dal quale entrava
l’immagine del soggetto da riprodurre, mentre sulla parete opposta si aveva,
in un quadro limitato da un foglio di carta o da una lastra di vetro, la
proiezione dell’immagine capovolta.
Il principio della camera
oscura fu migliorato, con l’introduzione nel foro, di una lente ottica,
che permetteva una maggiore concentrazione dei raggi luminosi.
La lente, diede l’imput per
l’invenzione degli obiettivi fotografici, e di conseguenza
per la costruzione di camere oscure sempre più piccole, fino a ridurle a
cassette portatili e maneggevoli
Una volta risolto il problema
dell’immagine iniziale, la questione si spostò allora, sulla necessità di
fissare in qualche modo l’immagine riflessa dalla lente della camera oscura.
Per fare questo ci si rivolse
alla chimica e all’utilizzo del cloruro d’argento. Si sapeva infatti che
questo elemento chimico, se esposto alla luce poteva riprodurre l’immagine
riflessa dalla lente, in diverse tonalità che spaziavano dal nero al grigio.
Ma l’immagine così ottenuta,
se esposta più di una volta alla luce si oscurava completamente, per cui
anche il principio basato sull’utilizzo del cloruro d’argento necessitava
di miglioramenti sostanziali, per riuscire a fissare le immagini senza che
queste potessero cancellarsi o rovinarsi sotto l’influsso degli agenti atmosferici
o del tempo.
La soluzione lo trovò
Loise Daguerre in collaborazione con Nicèphore Niepce
nel 1839, quando fu inventato il dagherrotipo. Era un procedimento
che utilizzava i vapori del mercurio per fissare le immagini, attraverso
l’utilizzo di particolari attrezzature e una lavorazione che si articolava
in quattro fasi:
si prendeva una lastra di rame argentata
per elettrolisi e pulita utilizzando abrasivo molto fine e acqua;
Si sensibilizzava la lastra esponendola
a vapori di iodio, fino a quando non si ricopriva completamente di uno
strato di joduro d’argento di colore giallo;
Si esponeva una ventina di minuti al sole;
Si sviluppava l’immagine esponendola a vapori
di mercurio scaldato a 60º con una fiamma ad alcol; il mercurio si legava
allo strato di ioduro d’argento creando una patina biancastra in corrispondenza
delle luci;
Infine si stabilizzava l’immagine con cloruro
di sodio concentrato.
L’invenzione
di Daguerre ottenne molto successo, ma dopo il 1850 con l’avvio della seconda
rivoluzione industriale, il bisogno di perfezionare anche la "fotografia"
crebbe a dismisura.
Il vero salto di qualità
fu compiuto da George Eastman , che nel 1888 inventò la prima
Kodak camera, (chiamata così per riprodurre il suono dello
scatto di una macchina fotografica), un apparecchio di piccole dimensioni
che conteneva un rullo di carta speciale(la futura pellicola), per 100 pose,
I fotografi che se ne servivano non dovevano più curarsi dell’uso della
camera oscura o degli agenti chimici; una volta finiti gli scatti, bastava
infatti portare alla Kodak la macchina fotografica e ritirala dopo qualche
giorno, di nuovo pronta all’uso insieme alle fotografie già sviluppate.
Fu una vera e propria rivoluzione
che si può riassumere con lo slogan che Eastman aveva coniato per rappresentare
la sua invenzione: "tu premi il bottone e noi facciamo il resto".
Nasceva la "fotografia
istantanea, "che si è tramandata fino ai giorni nostri e che ora
è stata ulteriormente modificata e migliorata dalla tecnologia digitale.
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