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Musicisti, cantanti, compositori, gruppi, interviste
Alessandra Giordani intervista i “Radiodervish” in occasione dell’anteprima
nazionale di “Bandervish” con Livio Minafra e la Banda “Giuseppe Verdi” di
Sannicandro di Bari Dal 1988 Al Darawish e dal 1996 Radiodervish, una collaborazione musicale nata soprattutto da un’amicizia. Nabil, al tuo arrivo in Italia nel 1983 come studente universitario, cosa ti aspettavi di trovare e cosa invece hai trovato? Nabil: Innanzitutto io, essendo nato e cresciuto in Libano e avendo avuto fino a poco tempo fa lo status di rifugiato palestinese, sono arrivato a Bari per continuare gli studi in Ingegneria, avendo un’idea dell’Occidente e dell’Italia fonte di un immaginario basato principalmente sulla televisione e sui film, filtrato dai mezzi mediatici. Devo dire quindi di aver avuto di fronte al mio arrivo sicuramente qualcosa di diverso e di aver sentito un forte senso di sorpresa, poiché l’Occidente per chi è lontano ha un altro sapore. Durante i primi periodi all’università mi sono mantenuto dando ripetizioni e collaborando con Al Jazeera come corrispondente dall’estero, poi è arrivata la musica a prendere sempre più spazio, grazie anche all’incontro con Michele e alla nascita spontanea della nostra collaborazione. Quello che mi ha stupito maggiormente fin dal mio ingresso in Puglia e a Bari è stato comunque il riscontrare una certa familiarità rispetto al contesto cui ero abituato nei suoni, nei colori, nelle atmosfere, nei tratti somatici e nel calore delle persone. Questo è stato per me un motivo di forte emozione, anche se confesso che di questa sensazione non ho avuto piena coscienza da subito ma si è via via cristallizzata con il tempo. Ora posso dire che, dopo aver vissuto due emigrazioni, una appena nato (in quanto figlio di rifugiati, ero a mia volta già rifugiato alla nascita) e una in Romania, dove sono stato a studiare per un periodo, credo di aver trovato in questa terza situazione pugliese la mia collocazione ottimale: però è stato necessario vivere man mano per acquisire questa consapevolezza e avvalorare questa rivelazione, dopodiché ho scelto: insomma ad oggi posso dire di sentirmi un vero pugliese come chi abita da sempre questo angolo dell’Italia. Fin dagli inizi i Radiodervish hanno unito Oriente e Occidente, ma hanno raccontato anche l’Italia, traendo suggestioni dal suo presente. Pensate sia cambiata la situazione intorno a voi in questi anni? Nabil: Certamente sì. Ecco, noi abbiamo vissuto enormi cambiamenti soprattutto in Puglia e abbiamo cercato di vederla, sentirla, raccontarla, attraversarla e musicarla seguendone il corso. Oggi il contesto che viviamo è molto diverso da quello che ricordiamo io e Michele come cornice dei nostri primi incontri. Questa trasformazione è passata attraverso degli episodi molto significativi ed importanti: ad esempio nel 1991 abbiamo avuto nel porto di Bari l’arrivo della Vlora, quell’enorme nave carica di migliaia di rifugiati albanesi. Questo evento ha rappresentato il punto di partenza di una nuova era e ha sancito l’inizio di un nuovo tempo, provocando delle ricadute molto forti sul contesto locale e non solo. Ed è stato proprio il sentire sulla pelle questi cambiamenti che ci ha portato ad inserire nel nostro repertorio racconti e a trasmettere emozioni ispirate appunto a questa nuova realtà, di cui ci siamo sentiti parte integrante sia a livello umano che a livello artistico. Le vostre diverse scelte linguistiche attraverso i vari brani le avete sempre definite analoghe a scelte “strumentali” funzionali ad esprimere sentimenti: quali le suggestioni alla base di queste molte variazioni? Nabil: È difficile dire quale lingua sia più adatta ad esprimere qualcosa rispetto ad un’altra. Forse cambiare ci viene spontaneo perché abbiamo a disposizione molte lingue, il che deriva dal fatto che siamo entrambi abituati e cresciuti in contesti in cui queste si mescolano anche in un unico discorso (Michele è nato e cresciuto a Ventimiglia terra di confine tra la Liguria e la Francia, io nel contesto arabo che trova spesso queste contaminazioni con l’inglese e il francese nel linguaggio comune). Michele: In realtà per noi viene tutto spontaneo e ogni scelta non sempre nasconde una decisione logica: infatti ci piace passare con naturalezza da una lingua all’altra. È come se, riflettendo a posteriori, a mischiare fosse l’istinto in un gioco creativo che privilegia anche e soprattutto l’aspetto sonoro. Quindi possiamo affermare che il fatto di avere a disposizione più “registri” e “grammatiche” nelle lingue, che per noi sono analoghe a “musiche” portatrici di senso e di mondi diversi, ci permette di osare e di esprimere di più: in un certo senso è come avere poeticamente a disposizione delle stanze più ampie in cui far muovere le nostre emozioni. Si inserisce Livio Minafra (premio top jazz 2008 come nuovo talento) e osserva: Quando Nabil cambia lingua è come cambiar strumento per un musicista, poiché cambia in realtà modo stesso di cantare. In arabo ad esempio ha i microtoni, per cui nel canto si può produrre l’effetto di un lamento, in italiano in quanto lingua occidentale l’effetto è più limpido, mentre l’inglese risulta in certi casi con un pizzico di emozione in meno. È quindi come se loro adoperassero dei registri diversi, analogamente a quanto potrei fare io nell’utilizzo della fisarmonica. Ricorre in molti dei vostri progetti l’unione di musica e letteratura, dalla contemporanea con L’ottava vibrazione di Lucarelli, alla mistica come per In search of Simurgh e la Bibbia in Beyond the Sea, all’epica con la Gerusalemme Liberata del Tasso sempre in quest’ultimo album: come affiorano questi collegamenti e su quali stimoli musicali ma soprattutto emotivi e filosofici si fondano? Nabil: I legami sottesi alle scelte sono sicuramente frutto sia di stimoli filosofici, sia culturali, sia religiosi sia emotivi, in base alle suggestioni di testi letti, racconti, esperienze fatte o sentite. Tutto fa parte del grande contenitore di materiale cui attingiamo: basterebbe già solo la letteratura italiana a produrre milioni di stimoli quindi, se aggiungiamo anche la parte della tradizione appartenente alla sfera araba e mediorientale, ci troviamo davanti a un’immensa mole di fonti di ispirazione. Questo ha dato infatti un risultato come il nostro precedente disco “Beyond the sea”, in cui sono unite insieme storie di mare a racconti epici e religiosi. Michele: Ad esempio noi, al di là di mescolare suoni nelle canzoni per esprimere suggestioni sonore, ci siamo posti dal lato del messaggio nell’ottica dell’approccio da cantautori e ci siamo chiesti cosa volessimo comunicare. Quindi è stato sull’onda emotiva della scelta musicale che abbiamo iniziato la ricerca dei miti in comune tra le varie tradizioni per poter dire qualcosa che ci interessasse. In questo senso per citare l’aspetto sacro, la Bibbia ci ha palesato di essere un luogo primario di incontro e un punto di partenza, da cui poi si diramano molti altri testi di secoli successivi e in cui abbiamo quindi scoperto storie e miti da raccontare. Fondamentalmente infatti ci piace raccontare storie con la musica. Si inserisce nuovamente Livio Minafra che aggiunge: Mi piacerebbe che i “musicisti” in senso classico avessero la loro intraprendenza espressiva e la loro creatività. Come è nata questa collaborazione in “Bandervish” con Minafra e la Banda “Giuseppe Verdi” di Sannicandro? Dove vi porterà nel prossimo futuro questo viaggio? Nabil: Questo progetto è nato quasi per caso con un concerto in piazza circa un anno e mezzo fa, poi ha preso man mano vigore e ci ha portato ad assistere tutti insieme alla nascita di questo bimbo, che ci piace ancora accarezzare e portare in giro, vedendolo crescere. “Bandervish”, grazie all’’unione di vari talenti, è infatti per così dire il figlio di una maturità raggiunta dal nostro gruppo dopo un ciclo artistico culminato nel precedente lavoro “Beyond the Sea”. Per il momento abbiamo in programma a breve un concerto di ritorno nella nostra terra, la Puglia, poi in Agosto saremo in Toscana, dove suoneremo con una banda locale e poi chissà … se si comporta bene, il bimbo lo porteremo magari anche un po’ più lontano, magari a vedere il mondo. Altri progetti in piedi al momento? Nabil: C’era in previsione un concerto a Tel Aviv che al momento è slittato a data da definirsi per cause di forza maggiore visti i recenti e terribili episodi cui tutti noi abbiamo assistito. Era a favore di una raccolta fondi per un museo di una città araba, in Terra Santa, e speriamo quindi di poter effettivamente realizzarlo quanto prima. Per il prossimo autunno dovrebbe essere in programma una trasferta in Africa. Avete la nomea di artisti dal respiro multietnico e dalla fama internazionale, ma conservate il fascino di gruppo relativamente “di nicchia” nel panorama musicale italiano. La non eccessiva visibilità è frutto di una vostra scelta o credete sia da attribuire alla particolarità della vostra musica rispetto a quella proposta dalla grande distribuzione commerciale? Nabil: Mah, questa è una domanda difficile! Probabilmente dipende da entrambe le motivazioni. Forse quando eravamo agli inizi, abbiamo accarezzato ed immaginato l’idea di una diffusione “larga”, adesso inseguiamo un’altra dimensione, quella dell’emozione e del fare bene quello che vogliamo poi condividere con chi viene ai nostri concerti, compra i nostri dischi e viene a contatto con noi. Questa è la cosa che ci interessa oggi maggiormente, che l’emozione arrivi inizialmente a noi ascoltando un disco appena fatto, per poi riuscire a trasmetterla. Ad esempio, alla fine dei brani di “Bandervish” ci siamo trovati ad essere soddisfatti del lavoro fatto. Nabil, nella tua formazione c’è anche un’anima di giornalista: cosa ha rappresentato per te il periodo di collaborazione con Al Jazeera e come vedi oggi il panorama dell’informazione? Nabil: Quella come corrispondente giornalistico è stata un’esperienza decisamente formativa, bella ed interessante e tutt’ora mi capita a volte di collaborare in tal senso, ma non da corrispondente fisso, perché ad oggi ho altri interessi. Peraltro mi accorgo sempre più spesso che stiamo vivendo un capitolo molto difficile per chi produce e chi riceve informazione, per cui mi auguro di veder cambiare le cose il prima possibile con l’avvento di tempi migliori. Grazie ragazzi, complimenti e in bocca al lupo! Nota: la presentazione di Bandervish è avvenuta il 23 giugno 2010 a Roma in occasione del festival Roma incontra il mondo
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