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Antonio Recalcati
Milanese
di nascita, Antonio Recalcati definì se stesso come un artista-gitano, che
a partire da Le Impronte (1960-1962) creò – come ha scritto Alain Jouffroy
– “per la prima volta nella storia della pittura un linguaggio figurativo
autonomo, legato alla situazione concreta dell’uomo nel mondo”. Molto apprezzato
da scrittori e pittori contemporanei – da Jacques Prevert ad Alberto Moravia
e Dino Buzzati, dal critico Gérald Gassiot-Talabot ad Alain Jouffroy a Giorgio
Kaisserlian – insieme ad Arroyo ed Aillaud praticò una svolta nella storia
dell’arte con Une passion dans le désert.
Questa svolta venne chiamata dal critico Gassiot-Talbot
“Figuration narrative”, e sarebbe stata magistralmente illustrata dallo
stesso trio, con la serie degli otto quadri Vivre et laisser mourir, ou
la fin tragique de Marcel Duchamp, pezzo forte dell’esposizione collettiva
La Figuration narrative dans l’art contemporain tenutasi alla Galleria Creuze
nell’ottobre 1965.
Negli anni Settanta espone in Italia a Firenze, Roma,
Venezia, e inoltre a Parigi, Caracas, New York. Crede tenacemente nella
pittura come unico mezzo per conquistare la propria libertà. Non bisogna,
tuttavia, confondere la pittura di Recalcati, con la volontà di trasmettere
un qualunque messaggio morale o politico: ”non si dipinge, non si scrive
se non in relazione a tutti i fallimenti, alla sublime sconfitta di tutta
la poesia” commenta Alain Jouffroy.
L’angoscia che provocano i quadri di Recalcati corrisponde,
secondo lui, alla difficoltà che ancora sussiste nel riconoscere che “l’arte
sfocia, in un modo o nell’altro, in una catastrofe personale e nel sentimento
infinito della sua rovina”.
Alla pittura, che prosegue negli anni Ottanta e Novanta,
viene affiancata una produzione di sculture e ceramiche, con esposizioni
in prestigiose gallerie in Italia e all’estero, a partire dal suo ritorno
in Europa dopo un soggiorno newyorkese di alcuni anni. Nella produzione
recente rappresenta in particolare il tema della morte: ecco allora la sua
mano incontrare quella di uno scheletro (Mano a mano, 1999); ecco dei nudi,
dipinti con una sconcertante ed ammirevole disinvoltura, che si confrontano
con la morte (Il nudo e la morte,1999).
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- Irma Bianchi Comunicazione
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