Mi chiamo Walter Ego, ho trentasette
anni e so che non ve ne frega niente. Il Dottore dice che faccio bene a
scrivere, che è un esercizio terapeutico e che mi aiuta a non tenermi tutto
dentro. Mi ha detto di farlo "almeno una volta a settimana, magari ogni
sabato". Ma a chi caspita devo scrivere non è stato in grado di dirmelo
e pertanto io scrivo a voi, che siete in tanti e sicuramente qualcuno che
non ha nulla da fare non manca. Sono un investigatore privato. Detto così
sembra interessante. Ma oggi, qui, al buio della mia stanza, completamente
solo perché anche Monica, la segretaria, è uscita e non so dove sia, francamente
la mia vita tutto mi sembra tranne che interessante. Ho in tutto quattro
clienti. Non sono certamente molti ma neppure pochissimi. Non è possibile
avere molti clienti quando si lavora praticamente da soli. Già adesso, quando
ho qualche lavoro in più, sono costretto a chiamare alcuni ragazzi "a giornata".
Spesso sono poliziotti che arrotondano con qualche extra. Ma lo fanno controvoglia,
perché questo mestiere è veramente uno schifo. Un lavoro che non fornisce
nessun prestigio, non hai "tesserini" da esibire, nessuno ha paura di te.
Spesso ti guardano con compatimento. Qualche volta con disprezzo. Ecco,
oggi è proprio con disprezzo che guardo me stesso. E' buio nel mio ufficio
e, nella solitudine, si ode solo il rumore del traffico sulla Portuense.
Nel cartello, affisso sul balconcino al primo piano, c'è scritto "proveniente
dai reparti speciali". In verità il Reparto da cui provengo non aveva proprio
nulla di speciale. Ma di quel periodo mi rimane qualcosa. Ad esempio ho
imparato a sparare. Non è che lo abbia fatto spesso, anzi, in verità mi
ricordo una sola occasione. Sono passati molti anni. Mi trovavo nella casa
ai Castelli romani (una casa agricola, quasi diroccata) quando, una notte
maledetta, sono entrati i ladri. Ho sparato nel buio e li sentivo gridare
e smadonnare senza capire nulla. Ho passato il resto della notte a cercare
nei cespugli e ogni volta che mi sembrava di trovare qualcosa il cuore mi
finiva in gola. Era l'alba quando mi rassicurai: non avevo ucciso nessuno.
Ho ringraziato il cielo. Non mi vergogno a dirlo: ho pianto. Cazzo, se ho
pianto.
Perché il Dottore mi ha chiesto
di scrivere? Che ne può importare a degli sconosciuti della mia vita? I
miei clienti, come dicevo, sono pochi ma, in compenso si somigliano quasi
tutti. La pratica più ricorrente - in alcuni periodi direi l'unica - è quella
della "infedeltà coniugale". Mi sono sempre chiesto perché mai qualcuno
mi dovesse firmare un assegno di almeno tre milioni per avere la prova di
essere un cornuto. Gli uomini, in questo sono veramente penosi, qualcuno,
di fronte alle foto, si mette persino a piangere e, alcuni anni fa, un tizio
per poco non mi picchiava. Le donne, in questo, sono molto più serie. Se
potessi lavorerei solo con donne. Quando vengono da me hanno quasi sempre
le idee chiare, chiamano il marito "quello stronzo" e sanno praticamente
tutto delle infedeltà del coniuge. Mi dicono "quando" posso beccare "lo
stronzo", in quale albergo o parcheggio, spesso persino con quale donna.
Da principiante pensavo che avessero pedinato l'uomo ma poi mi resi conto
che mi sbagliavo. Le mogli "sanno" molto più di quanto i loro mariti possano
immaginare, inutile discutere. Nessuna donna ha mai pianto di fronte alle
mie foto. Anzi, qualche volta ho visto affiorare un sorriso tra il beffardo
e l'amaro che non dimenticherò facilmente.
Come vedete, la mia vita è fatta
solo di robaccia. So bene che nessuno leggerà mai queste cose che scrivo
ma non le scriverei neppure se tra i miei fascicoli rossi non ve ne fosse
uno senza nome. Se dovessi avere la visita della Questura, passerei i miei
guai perché noi investigatori abbiamo l'obbligo giuridico di dar contezza
dei clienti, ma chi se ne frega. Questo fascicolo che ho di fronte a me
è l'unica storia degna di essere raccontata che possiedo e, come disse qualcuno
in un film, nessuno è mai veramente fregato sino a quando ha una bella storia
da raccontare. Forse ve la racconterò, facendo contento quel fissato del
Dottore e immaginando che veramente ci sia qualcuno che legga queste righe
che sto scrivendo su di un forum scelto a caso su Internet, oppure la terrò
di me. In fondo, ho una settimana per decidere. Una settimana ancora.
2. E va bene. Il Dottore mi
ha detto che scrivere su un forum è "un ottima idea". Mi ha intimato "Non
attenda sabato prossimo, che ha terapia e non può muoversi, scriva oggi
stesso!" Sostiene che pensare alla poesia e alla letteratura "potrebbe farmi
bene e contribuire ad allontanarmi dalla presenza quotidiana delle mie ossessioni".
Sono sciocchezze. Vi scrivo solo perché questo maledetto fascicolo rosso
senza nome non può essere distrutto nel tritacarte e dimenticato. Magari
fosse così semplice. Questa storia deve essere raccontata e non importa
che lo sia qui, dove nessuno legge e se legge non ricorda.
Il primo incartamento che trovo
nel fascicolo è un mucchietto di fotocopie. Sono le copie di trenta banconote
da centomila lire. Tre milioni in contanti che mi furono gettati sulla scrivania.
"Intanto prenda queste. Non mi deve fare domande. Non le dirò neppure il
mio nome…"La donna che era entrata nel mio ufficio senza appuntamento non
sapeva quello che rischiava: se non avesse avuto due gambe lunghissime e
tre milioni in contanti in mano l'avrei trattata malissimo. Ma, per sua
fortuna, sono un sentimentale e mi commuovo sempre di fronte al denaro.
La guardai meglio. Ho conosciuto
alcune vere Signore e molte vere mignotte, ma, per la prima volta, mi trovavo
in presenza di una donna che compendiasse in se entrambe queste qualità.
"Deve fotografare una persona…" continuò accendendosi una sigaretta e riempiendo
il mio ufficio di fumo. Mi sono sempre domandato perché mai tutti pensino
che gli investigatori privati debbano bere superalcolici e fumare come turchi.
Avevo messo un bel cartello con "vietato fumare" ma Monica, la mia segretaria,
era subito accorsa a toglierlo dicendo che non era "professionale". E intanto
la biondona dalla lunga coscia fumava e mi faceva tossire come uno scemo.
"Deve fotografare il professore Leonida P., il noto psichiatra. Lo potrà
trovare domani sera, intorno alle diciotto, seduto al Bar Palombini di Piazzale
Adenauer. " Cristo! Pensai tra me, possibile che le mogli sappiano sempre
tutto. Qualche volta le indicazioni erano così precise che più che un investigatore
mi sentivo un paparazzo. Suo marito le mette le corna? Chiesi. "Non sono
affari che la riguardino!" Mi riguardano si. Devo sapere chi è e perché
mi conferisce quest’incarico; è la legge. La donna si rimise gli occhiali
da sole e accavallò le gambe come Sharon Stone in Basic Instinct. Detti
uno sguardo, ma purtroppo era molto meno disattenta in materia di indumenti
intimi. "Dopodomani mattina, a lavoro finito, le darò altri tre milioni…"
Facciamo quattro! Tentai io. La donna annui e se ne andò lanciandomi uno
sguardo di disprezzo. Bene, a quel punto sapevo che avevo una sola chance
per portarmi a letto quel metro e ventisei di coscia: vincere al superenalotto.
Intanto però dovevo sbarcare il lunario. La sera dopo mi sono ritrovato
quindi davanti al bar Palombini, munito della mia macchina fotografica miniaturizzata.
Il Professor Leonida P. era persona troppo nota per sfuggirmi, anche se,
guardato da vicino, dimostrava qualcosa in più dei cinquanta anni denunciati
all'anagrafe. Nonostante cominciasse a fare freddo, si sedette in un tavolino
all'aperto e ordinò un porto. Dette un'occhiata al giornale, fumò lentamente
un paio di sigarette e poi rimase lì a guardare il viavai delle pischelle
e dei tariconi vari. Era solo, cazzo, e non sembrava proprio aspettare nessuno.
Lo fotografai lo stesso un paio di volte per dimostrare alla cliente che
avevo fatto la giornata. Ma quando, dopo aver pagato, lo vedo prendere un
taxi e allontanarsi, mi viene veramente da smadonnare .Ma non fu niente
rispetto a quello che dissi la stessa sera, dopo aver ascoltato il telegiornale
della notte. Era previsto uno sciopero dei mezzi pubblici, e questo era
male, la Lazio era stata eliminata dalla Champions League, e questo era
orrendo, e il Professor Leonida P. aveva assassinato la moglie con quattro
coltellate, e neppure questo era carino. Quelle lunghe cosce non avrebbero
più allietato il prossimo e, soprattutto, non sarebbero più venute a portarmi
i miei quattro milioni. Triste storia. Ma la cosa divenne complicata la
mattina dopo, quando avvenne che…
Scusatemi. Il mio Dottore è
intervenuto per dirmi che faccio male a scrivere sempre e solo di lavoro
e di fatti di sangue. Sostiene che mi deprime e mi chiede di intervenire
anche in letteratura. Suggerisce di inviare, ad esempio, un post di commento
sulla "cavallina storna" di Pascoli. Stupenda poesia. La settimana prossima
forse scriverò del Pascoli. O del Carducci. Oppure continuo questa storia.
Chi può dirlo?.
3. Il Dottore può dire quello
che vuole ma la "cavallina storna" mi sembra una poesia diseducativa, una
vicenda che induce i giovani alla pigrizia. La madre alza un dito, la cavallina
emette un nitrito e…il caso è bello che risolto. D'accordo che, nel mio
mestiere, gli asini non mancano ma, se fosse così facile, qualunque stalliere
potrebbe fare l'investigatore privato. Il mio lavoro è invece difficilissimo.
Stavo meditando su questa difficoltà, la mattina seguente l'omicidio della
povera moglie del Prof. Leonida, precocemente assassinata prima di avermi
saldato l'onorario. Avevo avuto solo un fugace contatto col suo denaro ma
ne ero stato favorevolmente impressionato. Peccato. Poveri soldi.
La mattina era iniziata malissimo:
Monica, la mia segretaria, mi aveva inviato un e-mail chiedendomi di essere
pagata. Erano solo tre mesi che lavorava per me e, detto tra parentesi,
non ci avevo neppure ancora provato. L'ingratitudine delle giovanissime
è oggi intollerabile e nessuno sembra più mostrare devozione per un datore
di lavoro che ti insegna un mestiere e ti garantisce un futuro nella vita,
senza peraltro chiedere nulla o quasi in cambio.
Ma la sorpresa fu grande quando
mi ritrovai quella sorta di Jessica Rabbit dalle gambe lunghe come un'autostrada
ad aspettarmi in ufficio. Compresi subito (l'intuizione è importante nel
mio settore) che evidentemente la mia cliente non era, come avevo erroneamente
dedotto, la moglie assassinata del Professore incastrato dalla polizia.
"La vedo in buona salute!" le dissi, non propriamente guardandola in faccia.
"Ha le fotografie?" mi rispose. Certamente. "Bene. Ecco i quattro milioni
pattuiti. Mi dia anche i negativi." Questo non lo posso fare, è contro la
legge. "Le darò altri due milioni…"
Quella donna sapeva decisamente
colpire le corde del mio cuore. Le consegnai i negativi. Erano quelli delle
comunione di mio nipote, ma tanto non avevo nessuna intenzione di svilupparli.
Qualcosa mi diceva che l'immagine di Leonida, seduto al bar sconsolatamente
solo, poteva essermi utile.
La coscialunga se ne era già
andata. Peccato, con tutto il denaro che mi lasciava ogni volta che veniva
a trovarmi, se rimaneva mia cliente ancora un po', forse mi potevo permettere
di diventare anch'io suo cliente. Ma così vanno le cose della vita.
Per consolarmi, telefonai all'avvocato
Gaudenzio P. che, come riportavano tutti i giornali, era il legale del Professore.
Parlai con lui della possibilità che io avessi materiale che potesse scagionare
il suo cliente dall'accusa di omicidio. In questi casi, discutere di denaro,
oltre che vietato dalla legge, sarebbe di grande ineleganza. Chiesi invece
all'avvocato quante fossero, a suo parere, le stelle del cielo. Mi rispose
"non più di dieci milioni". Come astronomo, l'avv. Gaudenzio faceva veramente
schifo ma dieci milioni, ad uno come me che doveva urgentemente mettersi
in cerca di una nuova segretaria che correva il rischio di dover pagare,
facevano indubbiamente comodo.
Mi recai, pertanto, nell'ufficio
del Capo della Squadra Mobile a fare il mio dovere di buon cittadino. Ma
feci male, perché…
Il mio Dottore sta per spegnere
il computer. Dice che è venuto il momento della pausa di autocoscienza.
Non ho mai capito cosa significhi esattamente e non sono neppure sicuro
che egli dica proprio cosi. Di solito stiamo in silenzio a guardarci e ognuno
pensa ai fatti propri. Io spesso penso a voi, lettori inesistenti di questo
inesistente forum, e alla storia che devo
finire di raccontarvi. Perché
ormai avrete capito che, finche uno ha ancora una buona storia da raccontare….
(4.) Nicola, il capo della Squadra
Mobile, mi guardava con poca simpatia. Elegantissimo, nonostante il suo
stipendio da fame, mi parlava senza neppure tentare di nascondere il suo
enorme, quanto ingiustificato, senso di superiorità. "Che gioco stai giocando,
investigatore privato?" Nessun gioco. Vengo solo a compiere il mio dovere
di buon cittadino. "Vorresti far credere di aver fotografato il Professor
Leonida proprio nel momento in cui uccideva sua moglie?" Evidentemente non
è stato lui. "Senti una cosa, se in questa storia abbia una sicurezza è
che l'assassino sia il marito! La domestica filippina lo ha sentito litigare
con la moglie pochi minuti prima del fatto e un vicino di casa lo ha visto
uscire in gran fretta pochi minuti dopo. Inoltre, sul coltello vi erano
le sue impronte…" Era un coltello di casa sua, quali impronte vi aspettavate
di trovarci?
"Ma se il Questore ha già indetto
una conferenza stampa per informare che abbiamo risolto il caso!" Ecco un
buon indizio di colpevolezza, replicai ironico.
Nicola si alzò in piedi e si
mise le mani ai fianchi, forse per farmi ammirare le sue bretelle nuove
(di cattivo gusto, come ogni cosa in lui) "Vattene…e non farti più vedere…"
I miei dieci milioni avevano
decisamente preso il volo. La polizia aveva già deciso e non vedevano di
buon occhio un supplemento di lavoro. Il professore era spacciato. Peccato
non gli dovessi un po' di soldi…sono sempre i debitori che se ne vanno.
Salutai la poliziotta seduta
al computer. Era una taglia 48, praticamente una botte per i miei gusti,
ma mi mandò un sorriso pieno di speranze. Certamente, frequentando solo
poliziotti, qualsiasi altro maschio doveva sembrarle desiderabile. Ma non
avevo tempo per la beneficenza, dovevo scendere al primo piano per parlare
con l'ispettore Cirillo, l'unico che potesse fornirmi qualche informazione.
Cirillo era un cornuto, qualità
questa che aveva fatto di lui un mio cliente. Ma era anche un puttaniere,
e questo lo aveva trasformato in un amico (anche perché, qualche volta,
aveva la buona abitudine di non far pagare neppure me). Il fatto che fosse
anche poliziotto, a quel punto, passava in secondo piano.
"Storia che puzza, caro Ego.
Lascia perdere. Il Professore aveva sposato una Menicucci-Proietti, i famosi
industriali imparentati col sottosegretario agli Interni. Aver risolto il
caso in sole ventiquattrore farà promuovere molta gente qui dentro." Ma
è stato lui, secondo te? "Non ne ho la più pallida idea e neppure ce ne
frega niente. Se è stato lui, ha fatto bene. E già difficile accettare le
corna, ma accettare quello che era costretto a subire il Professore….la
signora aveva gusti particolarissimi…" Lesbica? "Si, ma non solo…"
Mi domando perché vi racconto
soprattutto gli aspetti più sordidi di questa storia. Non è solo una storia
sordida, credetemi, è anche una storia d'amore. Ma l'amore, dopo quindici
anni che si fa questo mestiere, non si riesce più a descriverlo. Anche se
ce lo ricordiamo benissimo. Ma è un ricordo lontano. Il dottore, qualche
volta, mi invita a metterlo a fuoco, a rivivere quei momenti di emozionato
languore. Io gli dico sempre che non ci riesco, che mi è impossibile. Ma
non è vero, ci riesco benissimo. Ci sono storie che tuttavia non vanno raccontate.
Neppure a te, mio ignoto lettore che, con tutta probabilità nemmeno non
esisti e forse mai esisterai…..
(5) Una donna malvagia e perversa
era considerata una povera vittima, un innocente era in galera, la polizia
non sapeva fare il suo mestiere e io avevo perso un sacco di grana giocando
a poker: insomma, il mondo andava come sempre. Nulla di nuovo. La Lazio
aveva anche perso il derby e l'unico miracolo che avevo visto in vita mia
- quello di una squadra biancoazzurra da primato- andava esaurendosi inevitabilmente.
Per fortuna Monica era ritornata
e, almeno per il momento, sembrava aver rinunciato alle sue assurde pretese
retributive. "Dimmi la verità" le dissi "sei rimasta a lavorare con me perché
somiglio a Fred Buscaglione.." Chi, quello del caffè? Mi rispose. Erano
passati quarant'anni da quando Fred era morto, correndo sulla sua scintillante
auto sportiva, che ne poteva sapere quella pargola di uno dei più fascinosi
chansonnier italiani? Dicono che siamo tutti "contemporanei": mica
vero, il mondo è abitato da persone che vivono ognuna in epoca diversa….Mi
obietterete che queste chiacchiere non hanno nulla a che vedere con la mia
storia: E vero, ma il dottore mi dice sempre che devo far navigare la mente,
senza opporle inibizioni. E la mia mente oggi si è rinchiusa in un locale
notturno romano degli anni sessanta, in compagnia di una formosa soubrette
italoaraba che balla seminuda sui tavolini e da lì non se ne vuole proprio
andare. La capisco, povera mente…
In ogni modo il giorno dopo
mi trovavo al "Cafè de Paris" in compagnia di un panciuto e sudaticcio personaggio.
Era un avvocato pieno di soldi ed io, come stavano andando le cose, non
sarei riuscito ad aiutarlo a spenderli. "Vuole quindi intendere, sig. Ego,
che la sua telefonata di due giorni fa era solo un maldestro tentativo di
truffa nei miei confronti?" Ma quale truffa, dottor Gaudenzio, io ho effettivamente
fotografato il suo cliente lo stesso giorno e nella stessa ora in cui, secondo
l'accusa, era a casa sua ad assassinare la moglie…tuttavia…" Tuttavia?"
Tuttavia le foto non dimostrano nulla…avrei potuto scattarle in qualsiasi
giorno…sono io e solo io che posso dichiarare la loro autenticità e il dottor
Nicola, capo della Mobile, mi ha fatto chiaramente comprendere che, se lo
facessi, sarei oggetto di un’incriminazione per favoreggiamento trenta secondi
dopo…. "Inoltre, lei non è più in possesso di quelle foto. Le ha restituite
a quella signora che l'avrebbe assunta…"
Avevo dimenticato quel metroeventisei
di coscia, tacchi a spillo esclusi, come avevo potuto farlo…Lei, avvocato,
forse potrebbe aiutarmi a capire chi fosse quella signora… "Non vedo come
potrei". Era evidente che conosceva molto bene il suo assistito.. "Il Professor
Leonida conosce molta gente…è un noto psichiatra…forse una sua paziente…."In
tal caso, probabilmente conosceva la moglie…
L'avvocato Gaudenzio impallidì.
Ma da vecchio marpione che era, non solo si riprese ma cercò di capire che
cosa sapessi "Non credo proprio che il Professore presentasse le sue pazienti
alla moglie…"
E va bene - pensai tra di me
- questo leguleio vuole fare il furbo: giochiamo a carte scoperte. Il Professore
- dissi scandendo le parole - presentava alla dolce mogliettina solo le
pazienti che desideravano, o che a suo parere potevano essere indotte a
desiderare, un rapporto sessuale di natura omosessuale. E, mentre le signore
si divertivano, il professore guardava o, forse, fotografava…
L'avvocato si alzò di scatto.
"Ho capito" disse "lei è un autentico malfattore. Dopo aver cercato di spillarmi
dieci milioni facendomi credere di essere in possesso di foto che potessero
scagionare il mio cliente (che dice di aver consegnato ad una fantomatica,
e forse inesistente, cliente) adesso vuole ricattarmi informandomi di conoscere
un possibile movente per questo omicidio, ma io…" Si calmi…dottore…si calmi…io
non penso affatto che il Professore abbia ucciso la moglie e si da il caso
che io - anche se ho consegnato le foto - abbia conservato i negativi…
Gaudenzio mi fissò. Questa volta
era veramente terrorizzato….
"Perché questa storia non la
scrive solo per se stesso?" Mi chiede il Dottore. La terapia procede bene
ma il mio amico medico teme che io possa rimanere deluso dal fatto che nessuno,
ma proprio nessuno, sul forum di Internet, legge quello che scrivo. Si sbaglia,
poverino, ma cosa volete, chi crede a Freud può credere a chiunque e a qualunque
cosa. Domani, probabilmente, gli racconterò che da piccolo amavo mia madre
e desideravo che mio padre morisse. Lo farò contento, ne sono certo. Quanto
a te, unico e solitario lettore che segui questa fetta del mio passato,
se non mi abbandonerai non ti abbandonerò e avremo una bella storia comune
che forse ci verrà a far visita nei brevi sogni della nostra futura vecchiezza….
(6.) Luisa Menicucci-Proietti
era una donna importante. Il suo funerale fu una sorta di elegantissimo
evento mondano e certamente molte sue amiche – tra quelle che facevano a
gara nel sembrare commosse di fronte alle telecamere - saranno state rose
dall’invidia. Anch’io non passai inosservato e non credo che fu solo perché
– come malignamente dice Monica – ero l’unico in calzoncini e scarpe da
ginnastica. In effetti, io sono piuttosto piacevole in tenuta sportiva ma,
in quella occasione, devo ammettere che vi erano molti altri maschi benvestiti.
Lo scopo della mia presenza
in quel luogo era di capire come diavolo fosse composta questa sciagurata
famiglia. Inoltre, secondo alcune teorie della polizia, gli assassini amano
presenziare ai funerali delle vittime e quello era certamente un funerale
che solo la morta avrebbe preferito evitare.
In verità, almeno un’altra persona
che non mi sarebbe dispiaciuto rincontrare non si era fatta vedere: la mia
misteriosa cliente che, probabilmente, stava ancora riguardandosi le foto
della prima comunione di mio nipote, pagate caro prezzo.
Anche il marito della vittima
– ospite gradito del carcere mandamentale – era assente giustificato e,
in sua vece, sembrava toccare ad una ragazzina bionda e minuta di quindici
o sedici anni il compito di ricevere gli abbracci addolorati di un’interminabile
fila di sconosciuti dal volto ipocrita. Guardai con aria interrogativa una
tardona che si era messa al mio fianco "E’ Lorena, la figliola" mi informò
mentre, per qualche motivo, indugiava ad osservarmi perplessa le gambe pelose
inserite senza calzini nelle mie scarpe da ginnastica preferite. "Grazie,
anche le sue gambe non sono male.." le sussurrai allontanandomi. Mi era
venuta voglia di conoscere quella ragazzetta con cui tutti scambiavano algide
effusioni e con cui io invece avrei scambiato volentieri due chiacchiere.
Una mano alle mie spalle mi bloccò con poco garbo ""Cosa è venuto a fare
qui?". L’avvocato Gaudenzio non sembrava contento di vedermi. "Indago.."
risposi, cercando di darmi un certo tono. "E’ già venuta la sua amica e
le abbiamo pagato quello che ha voluto. Non siamo disposti a darvi un soldo
di più. Pertanto, signor Ego, sappia che, se vedo lei o la sua complice,
girare ancora attorno alla famiglia del Professore, non la passerete liscia
e invece di trenta milioni vi ritroverete sul collo una bella imputazione
per estorsione…"
Quelle parole furono per me
come un’illuminazione: qualcuno mi aveva fregato un bel pacco di soldi e
doveva essere anche una persona in gamba visto che era riuscita a scucire
a quel pidocchio azzeccagarbugli il triplo di quanto gli avevo inutilmente
chiesto io. Avrei voluto chiedergli almeno qualche dettaglio su quella bastarda
che aveva speso il mio nome e stava – sicuramente altrettanto bene – spendendo
i suoi soldi, ma Gaudenzio non sembrava disposto a fare ulteriore conversazione
e, con un cenno della mano, stava richiamando l’attenzione di un panciuto
e dimesso signore infagottato nell'abito scuro che probabilmente aveva acquistato
a rate per il battesimo della figlia ormai universitaria: riconobbi subito
l’ispettore Cirillo e il poveruomo riconobbe me. Eravamo amici ma, in quell’occasione,
era meglio non fraternizzare. Mi dileguai e il poliziotto tutto fece tranne
cercare di raggiungermi.
Il Dottore è molto seccato.
Dice che è impossibile che io non sappia farmi neppure una tisana e, soprattutto,
non abbia ancora imparato nonostante le sue istruzioni. "Possibile, Signor
Ego, che lei non si sia mai fatto neppure una camomilla?". Io lo guardo
con occhi bovini. Una tisana? Mi ci vorrebbe un chilo di oppio concentrato
per dimenticare me stesso e le figure che colleziono. Oppure una donna non
insensibile a quel poco che resta del mio fascino. Ma quel poveruomo di
un Dottore, lo so bene, mi negherebbe sia l’uno che l’altra. Dice di operare
per il mio bene e non sospetta neppure che l’unico motivo per cui qualche
volta ancora sorrido è perché indugio a pensare che cosa farei io ad una
certa persona. Per il suo bene, s’intende.
(7.) Il fascicolo rosso è ancora
aperto sulla mia scrivania. Contiene le fotocopie di quelle trenta maledette
banconote, le foto di quell’ebete di uno psicanalista che si beve un porto
in un bar di periferia e il verbale del sopralluogo del "locus delicti",
la stanza dove la signora Luisa Menicucci-Proietti, lesbicona piena di grana,
era stata macellata da qualcuno che poteva essere chiunque tranne quel bove
di marito che si trovava a farsi fotografare dal sottoscritto. La lettura
del documento – consegnatomi in copia dall’ispettore Cirillo in cambio del
mio silenzio intorno all’identità dell’unico cliente scampato ad una retata
dei carabinieri in una villa dell’amore sadomaso – era estremamente interessante.
La donna era stata colpita da cinque coltellate, tre alle spalle, una al
petto e l’ultima, probabilmente quella letale, alla gola. Mi sembravano
decisamente troppe per un delitto passionale. Quella definitiva e mortale,
peraltro, era stata portata con freddezza e precisione chirurgica. Non era
stato un litigio, era stata un’esecuzione, un’esecuzione studiata affinché
la vittima soffrisse il più possibile. Sarebbe stato utile sentire la domestica
filippina ma la donna, dopo aver rilasciato le proprie dichiarazioni in
un "incidente probatorio", era stata autorizzata a raggiungere la sorella
malata a Manila. Dove, se i miei sospetti erano esatti, avrebbe fatto d’ora
in poi la vita da signora, magari prendendo a proprio servizio qualche domestica
italiana.
Questa è una storia che non
mi avrebbe portato da nessuna parte. Soprattutto non vedevo come avrebbe
potuto rendermi soldi, che è in fondo l’unico motivo ideale che ancora mi
fornisce la voglia di alzarmi la mattina. Avevo le prove che il marito non
era il colpevole ma se mi facevo rivedere dal suo avvocato, questi mi avrebbe
fatto arrestare prima che io avessi potuto aprire bocca. E la polizia -
che aveva ormai individuato il suo bel responsabile sposando, come sempre,
la soluzione più ovvia e facile – sarebbe stata felicissima di accontentare
quella palla di grasso sudaticcia. Lasciare perdere. Questa era la parola
d’ordine. Cercare subito qualche cornuto da spennare dimostrandogli che
la consorte si cavalca il collega d’ufficio e dimenticare questa storia.
Era la cosa più saggia da fare.
"Senti, c’è una che ti vuole…".
Monica era diventata sempre più indisponente e inelegante. Se l’avessi stipendiata,
l’avrei licenziata con gioia. Ma è sempre più difficile trovare personale
malpagato ai nostri giorni, quindi feci finta di nulla. "Si, grazie. Falla
entrare."
Non nascondo a me stesso che
speravo di veder entrare quel metroeventisei di coscia che tanto sentimentalismo
aveva seminato nel mio cuore. Ne entrarono novanta centimetri scarsi. "Buongiorno,
signorina Lorena." Conosce il mio nome? "Si, l’ho vista al funerale. In
quella occasione non ho avuto modo di esprimerle…" Lasci perdere. Mi dica
piuttosto se ho speso bene i miei quaranta milioni.. "Non capisco". Mi riferisco
ai quaranta milioni che ho versato in contanti alla sua socia, la Signora
Elettra se non ricordo male il nome, in cambio delle prove dell’innocenza
di mio padre… "Mi spiace, ma io non conosco nessuna Elettra.."
Lorena assunse un’espressione
insolita in una sedicenne. Prese la mia penna preferita dalla scrivania
e la spezzò tra le mani. "Ascolta, sciacallo schifoso, non fare scherzi
perché ti giuro che, se mi freghi, la tua carriera di documentatore di corna
finisce domani stesso. La tua socia mi ha dato queste foto e mi ha detto
che sarebbero state scattate da te nello stesso momento in cui la mia matrigna
sarebbe stata assassinata. Le ho dato quaranta milioni e lei mi ha assicurato
che oggi tu mi avresti garantito una deposizione giurata.
Io rimasi senza parole con probabilmente
la stessa espressione da fesso che ho letto sui volti di molti dei miei
clienti.
"Mi potrebbe descrivere questa
mia…socia. Non vorrei sbagliarmi, ma temo che siamo entrambi vittima di
un raggiro"
La ragazzina mi guardò dritto
negli occhi. Cazzo. Aveva le palle, quella. Sono sicuro che quando si sarebbe
sposata, il pollo non aveva nessuna speranza di farla franca e il collega
investigatore non avrebbe dovuto far altro che scattare le foto dal lato
migliore.
"Non credo che tu mi stia mentendo.
E se così fosse, posso pagare persone che ti lascerebbero poche ossa sane.
Ho dato quaranta milioni ad una donna sui trenta, trentacinque anni, capelli
e occhi castani, alta e vestita in modo poco vistoso con abiti da grandi
magazzini. Una perdente, insomma. Quando mi ha detto che era la tua socia,
mi è parso credibile.."
Grazie, troppo gentile.
"Non fare il suscettibile e
dimmi piuttosto se è vero che puoi dimostrare l’innocenza di mio padre"
Forse. Ma tu sai chi ha ucciso
tua madre?
"In primo luogo, quella puttana
non era mia madre e tu sei uno stronzo se hai potuto pensarlo anche solo
per un istante".
Senti, mi rendo conto che tu
sia seccata per la fregatura che ti hanno dato ma potresti anche essere
un pochino più gentile. Io, come ti ho detto non c’entro nulla.
La ragazza si accese una sigaretta
("Ma, porco cane, ma nel mio ufficio vengono tutti a fumare!") e si sedette
accavallando le gambe. Peccato che fosse brutta e che si comportasse come
un gangster uscito dai romanzi di Mario Puzo, ma, con tutta quella grana
che si ritrovava, avrei scommesso che avrebbe avuto presto un letto più
affollato della metropolitana l’ora di pranzo.
"Quaranta milioni per me sono
una sciocchezza. Quello che mi rompe è che dubito che potrò avvalermi di
te. Non mi sembri proprio una scheggia."
Cercai – certamente senza riuscirci
– di non sembrare offeso. "Chi ha ucciso la tua matrigna?" richiesi.
Se lo sapessi – mi disse con
un sorriso perverso che stonava su quel viso d’adolescente – per la gratitudine
me lo scoperei.
"Tutto ciò è molto freudiano"
mi dice il Dottore, assumendo quella sua ridicola aria cattedratica. "Lei
vede scopate dappertutto. Lesbiche, ninfomani, pervertiti e compagnia varia.
Il suo immaginario è tutto un inno alla sua libido repressa". Era molto
più convincente quando cercava di insegnarmi come si fa la camomilla. Io
non scrivo per lui. Scrivo per quel lettore (unico, ma chi diavolo sarà?)
che mi legge su Internet. Oppure forse no. Scrivo per far sorridere un bambino.
Un bambino a cui non posso continuare a far credere che il mondo sia fatto
solo di brutture e di cinismo. Quel bambino che - per proteggerlo - ho nascosto
nell’angolo più nascosto del mio cuore e che cerco di dimenticare convincendomi
che, in fondo, ho capito perfettamente come vanno le cose al mondo e che
questo modo mi diverta. Invece no, quel bambino dentro di me piange. Piange
disperatamente. Ed io, solo io, lo sento.
(8.) "Ma tu tieni sempre tempo
da perdere" mi disse Cirillo con quel suo paterno accento napoletano. Grazie
alla scatola dei sigari che non mi ero dimenticato di portargli, mi concedeva
qualche minuto ma senza rinunciare allo sguardo di sufficienza con cui i
poliziotti tengono sempre a distanza i colleghi poveri delle agenzie investigative.
"Forse non mi sono spiegato"
continuai cercando di non apparire troppo piccato "c'è in circolazione una
donna che, facendo il mio nome, spilla denaro sia all'avvocato che alla
figlia del Professor Leonida. Non credi che questo fatto dovrebbe interessarvi?"
"E perché questi signori l'avrebbero pagata? O meglio, perché, attraverso
lei, avrebbero dovuto pagare te? "
"Mi sembra chiaro. Perché sanno
che io ho le prove dell'innocenza del Professore. Almeno questo è il motivo
che sembra interessare la figlia. Per quanto riguarda l'Avvocato Gaudenzio,
invece, penso che lui tema di essere ricattato. Ma non ho capito perché.
Forse tra lui e la Signora Luisa Menicucci-Proietti c'era qualcosa, forse
potrebbe avere qualche movente?" L'Ispettore Cirillo fece una smorfia disgustata.
". Cosa vuoi che mi interessi di una tizia che va a spillare soldi a gente
che non sa neppure dove metterli. Beata lei. Tanto quel caso è chiuso. Il
professore ha fatto secca quella puttana della moglie. Tutto qui. L'unico
dispiacere che tengo in fondo al cuore è che il Professore, visto che c'era,
non abbia fatto a pezzi anche la mia di moglie che, ti giuro, passavo il
resto della vita mia a portargli le arance in carcere. Per favore, Ego,
non mi dire che Leonida è innocente: per me è un eroe, un mito, un ideale,
un vendicatore…." "Già, l'angelo dei cornuti. E quella gnocca che è venuta
ad assumermi chi era? La fatina? " "Ma no. Quella era Tiziana, l'assistente
del Professore" L'ispettore si morse le labbra. Poi, cercando di non dare
troppo importanza alla cosa che si era incautamente lasciato sfuggire "Si,
il Capo della Mobile si era convinto che tu raccontassi balle per chissà
quali loschi motivi e io mi sono permesso di fare alcune riservate indagini.
L'assistente del Professore è effettivamente venuta a trovarti il giorno
prima della morte della Signora Menicucci, me lo ha confermato il tuo portiere
al quale ho fatto visionare tutte le foto che prendiamo in questi casi di
nascosto dagli interessati. Dice che non avrebbe potuta dimenticarla e che,
per un momento, ha pensato che tu avessi fatto i soldi per permetterti tutto
quel lusso.. In effetti, mi domando anch'io perché una così, che potrebbe
diventare milionaria senza alzare mai le chiappe dal
materasso, debba perdere tempo a fare l'assistente di uno psichiatra." "Pensi
che si sia del tenero tra il Professore e la sua assistente?" "Non lo so.
Perché, sei geloso?". "No, ma questo potrebbe giustificare il fatto che
mi abbia assunto. Di solito sono le mogli che fanno pedinare i mariti, ma
nulla esclude che lo possano fare anche le amanti, se sospettano qualcosa."
"A proposito di mignotte" disse il vecchio Ispettore con un sorriso " ho
rimediato una moldava che per centomila lire ti fa tutto quello che le chiedi.
Ti interessa?" "Forse. Vedi se è disposta a riverniciarmi casa."
Sono ormai due ore che me ne
sto in questo bar a bere bicchierini di amaro scadente. Solo adesso che
quella chiattona si è messa a baciucchiare il suo ganzo che ne ricordo il
motivo. Sono passati quattro anni. Non ho mai capito perché, con tanti posti
a disposizione, la moglie dell’ispettore Cirillo sia venuta proprio qui
a pomiciare con quel cesso di algerino. O era marocchino? Non l’ho mai saputo.
Per me sono tutti eguali e quando ho chiesto a Cirillo se volesse sapere
chi fosse mi ha guardato con quella espressione ebete che fanno tutti i
mariti quando mi fanno capire che ormai sanno già molto di più di quello
che avrebbero desiderato. Me la ricordo bene la moglie dell’Ispettore. Si
erano messi proprio sul divanetto in fondo alla sala e, mentre apriva la
bocca per succhiare la lingua dell’arabo, la donna mi guardava. Non era
un’impressione, guardava proprio me. E in quello sguardo c’erano tutte le
mignotte che il marito si era fatto per anni, tutte le scuse con cui non
era mai tornato a casa, tutte le corna che aveva sempre dovuto negare con
tutti, con la madre, con le amiche, con tutti quelli che sapevano. E non
c’era nessuno che non sapesse.
Il Dottore ha lasciato sul letto
alcuni schizzi o macchie di inchiostro. Vuole che io li osservi bene e che
domani gli dica "le mie impressioni". Più che un’impressione, mi danno una
certezza: che, con lui, stia buttando dalla finestra i miei soldi. Intanto,
gli atti di libidine in Italia sono in calo e, nell’anticipo, la Lazio ha
pareggiato in casa con l’Atalanta. Non c’è più nulla. Non c’è proprio più
nulla su cui si possa fare affidamento.
(9) La giornata sembrava iniziata
sotto buoni auspici. Il giorno prima era venuta da me una donna, proprietaria
di una salumeria nella piazzetta sotto il mio ufficio, per incaricarmi di
"dare un’occhiata" alla figlia diciassettenne che "frequentava tanta gentaglia,
forse anche drogati". Lavoro facile. Trecentomila diretti nel mio portafoglio
e un cesto di salami e prosciutto di montagna a far compagnia a Monica nell’anticamera.
Mi è sempre piaciuto quello che noi chiamiamo "servizio controllo giovani".
A differenza delle infedeltà coniugali, infatti, non hai la sensazione di
essere diventato un guardone e, solitamente, non rischi che qualcuno di
metta inferocito le mani addosso. Quella mattina ne n’ero pertanto andato
ad aspettare la ragazzina fuori scuola per vedere se, caso mai, ci fosse
qualcuno ad aspettarla (e, magari, se ci fosse qualche compagna di scuola
con cui valesse la pena contribuire a far preoccupare altri genitori) quando
ricevetti una telefonata sul portatile. Era Monica. La sua voce, più che
agitata, mi parve ancor più seccata del solito. "L’ufficio è un casino"
mi disse "credo che siano entrati i ladri". Avevo da poco preso in prestito
(ma, prima o poi, li avrei pagati) due computer nuovi e sinceramente cominciai
a preoccuparmi. Se li avevano portati via, ero certo che non li avrei trovati
più. Mi era capitato, tanti anni fa, un cliente che – affezionato ad un
dipinto della madre che era stato trafugato da ignoti decisamente scarsi
in storia dell’arte – mi aveva profumatamente pagato affinchè glielo trovassi.
Fu denaro guadagnato facilmente e senza fatica. Con tutti i soldi che mi
dette – peraltro inutilmente –avrebbe potuto incaricare qualche pittore
di grido di ridipingerlo.
Insomma, tornai in ufficio rassegnato
a dare un definitivo addio ai miei computer. Non potevo immaginare danni
peggiori tranne quello che si fossero portati via anche il cesto di salumi.
Ma mi sbagliavo.
Appena giunto in ufficio mi
accorsi subito che, più di un furto, si trattava di una perquisizione. Nessuna
delle cose che potevano, con un pizzico di ottimismo, definirsi preziose
era stata asportata, in compenso non vi era un cassetto o un fascicolo che
fosse stato risparmiato. Il classificatore con le foto era stato esaminato
accuratamente e i negativi delle foto del Professor Leonida placidamente
seduto al Bar Palombini avevano preso il volo. Addio Professore. La tua
innocenza da oggi non esiste più. Benvenuto nel mondo degli assassini senza
speranza.
Monica non sembrava impressionata
"Chiamo la polizia?" mi chiese. "Vuoi farti rubare quel poco che resta?"
Le risposi. Ma entrambi sapevamo che non avevano rubato nulla. Tranne due
cose quasi insignificanti: la vita di un innocente e, soprattutto, una delle
poche possibilità che mi rimanevano per fare un po’ di grana.
"Negli ultimi giorni hai visto
qualcuno particolarmente strano?" chiesi alla mia segretaria ricordandomi
improvvisamente di essere un investigatore "Stai scherzando?" mi rispose
"lavoro con te…"Dovevo decidermi a pagarla, questa maledetta ragazza, oppure
a licenziarla o, meglio ancora, a ucciderla.
"Signor Ego?" Si, sono Walter
Ego, chi è? "Non so se lei mi abbia o meno riconosciuto, ma non importa.
Credo che lei ormai non abbia più quelle cose preziose presso di lei, o
sbaglio? "Non sbaglia. E allora? Non mi vorrà proporre di riacquistare la
merce? Queste cose di solito le faccio io…e, comunque, non ho un soldo,
quindi è tempo perso". Appunto, bravo Signor Ego, non perda altro tempo.
Lasci perdere. A volte, non facendo nulla, qualche biglietto di banca si
può anche guadagnare. Si accontenti, Signor Ego, non sia avido. E soprattutto
non sia stupido. Arrivederci.
"Arrivederci" Aveva riattaccato.
"Arrivederci, Avvocato Gaudenzio. Come autore di telefonate anonime fai
proprio schifo.
"Come andò a finire?" Cosa?
"La storia della ragazza…" Quale ragazza? "La ragazza che controllava, su
incarico della madre…". Dottore, ma cosa le interessa la ragazza…era un
incarico da trecentomila lire! "Ma non ha avuto più notizie di quella ragazza?
"Si. Si drogava, E’ morta per overdose tre anni dopo.." E a Lei non importa?
"No. "E perché?" Perché trecentomila sono poche. "Ma è orrendo.." Meno degli
schizzi che ha lasciato sul mio letto ieri sera. Comunque non è vero. "Cosa?"
Della ragazza.. "Cioè?" Non è vero che sia morta per overdose. "E allora
come andò a finire?" Cosa? "La storia della ragazza…"
(10). L’abitazione di Tiziana,
l’assistente del Professor Leonida, era una villetta borghese di un quartiere
residenziale. Bussai alla sua porta assumendo l’espressione soddisfatta
del vincitore di una caccia al tesoro. La donna non parve sorpresa "Complimenti"
mi disse ironica " sono conosciuta da tutti come la persona più vicina al
Professore e tu hai impiegato cinque giorni a trovarmi. Chi ti assume fa
un affare". Sono sempre grato quando una gnocca con una quinta di reggiseno
e due autostrade di gambe mi fa entrare nella sua stanza e feci finta di
non offendermi.
"Posso sedermi?" le chiesi conciliante
"No" mi rispose chiudendosi con ostentazione la vestaglietta che si era
velocemente gettata addosso. "Cosa vuoi? Ho già distrutto le foto e i negativi
consegnati dalla tua complice. In cambio del vostro silenzio ha preteso
cinque milioni più del pattuito, quella puttana. Te la sei scelta bene:
bella coppia di scarafaggi". La lasciai parlare. Ero sicuro che non sarei
riuscito a convincerla che quella tizia che si era presentata, oltre che
da lei, anche da Gaudenzio e da Lorena, non aveva assolutamente nulla da
fare col sottoscritto. E poi non mi interessava: pensasse pure quello che
volesse. Mi interessava molto di più quel letto sfatto che intravedevo nella
camera da letto. Sembrava un campo di battaglia. Riguardai quel corpo troppo
costretto in quella vestaglia e le immagini che mi vennero alla mente furono
di quelle che si raccontano solo agli amici quando la primavera crea le
prime tempeste ormonali. "Voglio sapere solo due cose" dissi per cambiare
pensiero "perché mi hai assunto e chi ha ucciso Luisa Menicucci-Proietti.
Hai capito le domande o sono troppo difficili?"
La donna si sedette sul divano,
lasciandomi ostentatamente in piedi. Mi sono sempre domandato perché le
donne tentino sempre di allungare sulle loro cosce gli indumenti troppo
corti. Lo fanno per segnalarti, brutto scemo e distratto, da che parte devi
guardare. "Non hai capito ancora nulla. Sei di una stupidità incredibile.
E pensare che Leonida faceva affidamento su di te, sul tuo desiderio di
salvare un innocente e sulla tua capacità di convincimento. E’ una persona
meravigliosa ma ha sempre fatto gravissimi errori nel giudicare le persone"
Per un attimo tutto mi fu chiaro
"Cosa vuol dire che il Professor Leonida faceva affidamento su di me?" "Tu
eri il suo alibi. Dovevi documentare che lui era con me quando lo Zingaro
faceva il lavoro." La donna si accese una sigaretta e io, che non ho mai
fumato, ebbi la tentazione di chiedergliene una. "Quindi è stato il Professore.
E lei è la sua complice. Perché lo ha aiutato? Era la sua amante? O, magari,
è stata l’amante della moglie…"
La voce maschile che pervenne
dalle mie spalle mi fece sobbalzare. "Tiziana ha ragione, lei, Signor Ego,
non ha capito proprio nulla." Il tizio che usciva da un qualche nascondiglio
sembrava il nanetto nasuto del fumetto di Alan Ford. Il suo scarso abbigliamento
faceva desumere con chiarezza che era stato complice di Jessica Rabbit nel
ridurre in quello stato il letto matrimoniale che, dalla porta della camera,
suscitava ora in me immagini disgustosamente inquietanti. Le donne. Mah.
Ormai non mi sarei meravigliato se avessi scoperto che lo pagava pure. "In
primo luogo Tiziana non è lesbica, Se lo faccia dire da me che ne sono sicuro"
disse quella mezza calzetta che evidentemente si divertiva a girare il coltello
nella piaga " in secondo luogo, il Professore non ha mandato lo Zingaro
ad uccidere la moglie." "Doveva solo recuperare dei documenti che la moglie
minacciava di utilizzare." aggiunse la donna " Lo Zingaro non è un assassino
e comunque quando entrò nella camera, la Menicucci era già morta. Crede
pure di aver intravisto il vero responsabile che usciva in tutta calma"
Lo Zingaro avrebbe visto l’assassino?" Probabilmente si" E chi sarebbe?
"Non ne abbiamo la pallida idea"
tagliò corto il nano così sessualmente fortunato (spero ancora di giocare
a poker con lui, prima o poi) "e credo che la sua presenza in questa casa
non sia più gradita, signor Ego. La preghiamo di andarsene." Probabilmente
ne avrebbero approfittato per ricominciare a tormentare quel materasso.
Sperai che prendesse la gonorrea. Sperai che quella stronza rimanesse incinta.
E sperai che il loro figlio assomigliasse tutto al padre.
"Continua a scrivere su internet?"
Certamente. "E qualcuno le risponde?" Nessuno. "E lei continua?" Non ho
nessuna intenzione di smettere. "Ma trova quindi piacere a fare qualcosa
che, in fondo al suo cuore ritiene assolutamente inutile?" Gli esseri umani
fanno continuamente cose inutili. La vita è piena di cose inutili. "Vuol
affermare che lei è convinto di fare altre cose stupide, assurde, prive
di senso?" Ne sono assolutamente certo. "me ne può fare un esempio. Il primo
che le viene in mente.." Pago uno psichiatra.
(11) Se avessi avuto qualche
dubbio che il losco figuro che mi aspettava sotto l’ufficio fosse lo zingaro
di cui mi aveva parlato l’assistente ninfomane del Professore e il suo ganzo
umanoide, mi sarebbe scomparso non appena questi ebbe aperto bocca. "Tu
sali su mia macchina" mi disse con lo stesso disgustoso accento balcanico
dei papponi e dei venditori di accendini ai semafori. Lo fissai negli occhi
assumendo una delle mie espressioni più studiatamente efficaci. Era alto
almeno dieci centimetri meno di me e mi dava almeno una dozzina di chili.
In caso di scazzottata non ci sarebbe stata storia. "Spero che tu abbia
buoni argomenti" gli risposi duro "perché non sei stato gentile e detesto
le persone poco gentili…" Lo zingaro parve non sentirmi "Tu sali su mia
macchina. In tasca, io pistola". "Si, in fondo sei stato abbastanza gentile.
Dov’è la tua macchina?" gli domandai improvvisamente smanioso di
fare un giro in automobile con quel simpatico ospite del nostro accogliente
Paese. Mi fece salire su una vecchia Alfetta che aveva certamente visto
giorni migliori ma che probabilmente ormai sognava solo una dignitosa rottamazione.
"Ottimo mezzo per un rapimento" commentai con accento professionale "se
ci insegue un vigile in bicicletta avrebbe molta difficoltà a raggiungerci…subito…"
Lo zingaro volle subito mettere le carte in tavola. "Questo non è rapimento.
Andiamo da amico…".
L’annunciato misterioso amico
– che si era precedentemente rivelato incapace persino di fare una telefonata
anonima – non si dimostrò molto più abile come sequestratore di persona.
Appena l’auto fu fatta fermare, in un vicolo buio presso il mattatoio, la
sua figura grassa e sudaticcia s’intrufolo sul sedile posteriore "Non si
volti" mi intimò "non voglio che mi veda in faccia". Non potei fare a meno
di sbuffare, ormai in preda ad un profondo disgusto, "Avvocato Gaudenzio,
facciamola finita…cosa vuole da me?".
"Voglio che mi dica quello che
sa.." mi chiese cessando di parlare come un baritono con la faringite .
"Non molto, in verità" risposi " ma una qualche idea me la sono fatta. Scoprire
poi quanta confidenza vi sia tra lei e il nostro amico zingaro mi apre tutta
una serie di interessanti suggestioni…". L’avvocato mi fece segno di continuare.
"Mi risulta che il Professor Leonida abbia incaricato questo gentiluomo
di penetrare di nascosto nella sua abitazione per sottrarre alla moglie
alcuni documenti compromettenti. Non voleva che la moglie sospettasse di
lui e il fatto doveva assolutamente sembrare un normale furto ad opera di
un balordo. C’era però un ulteriore dettaglio: la donna doveva scoprire
il ladro, avere magari una colluttazione e lui, il Professore, in quel momento
doveva essere lontano, con un’altra donna, magari con un imbecille di investigatore
privato che poteva testimoniare il tutto. Lo zingaro non doveva uccidere
la Luisa Menicucci-Proietti, solo spazzolarla un po’, quel poco che meritava.
Ma invece ha esagerato, ha fatto finta di perdere la testa e ha ucciso la
lesbicona ricattatrice. Dico ha fatto finta perché invece, dal modo con
cui procede, appare chiaro che ci ha preso gusto. Anzi, appare chiaro che
è entrato in quella casa proprio per uccidere. Ora, la domanda è questa:
chi ha consigliato al Professore di servirsi dello zingaro. La risposta
mi sembra oggi molto ovvia: è stato lei, avvocato Gaudenzio!" L’avvocato
e lo Zingaro si guardarono in faccia per qualche secondo sbigottiti "Sono
queste le conclusioni a cui è pervenuto?" mi domandò il legale "Si. Avvocato.
Sarebbe meglio confessare a questo punto." risposi trionfante. Questo è
il momento più eccitante per un investigatore, lo scacco matto, la luce
della certezza che squarcia il buio del dubbio, il colpo del k.o., la resa
del nemico, il trionfo dell’intelligenza sull’ottusa malvagità, della legge
sul delitto, del bene sul male. Gaudenzio si grattò la testa. "Ma chi cazzo
ti ha dato il patentino da investigatore privato a te? Ne avessi azzeccata
una….". Lo zingaro mi mise comprensivo una mano sulla spalla "Signor Ego,
io non ho ucciso nessuno. Non ero neppure entrato in villa quando donna
filippina si è messa urlare che signora era stata uccisa. Tanti mi hanno
visto. Ho subito telefonato a signora Tiziana di non andare appuntamento
con Professore. Come vede, signor Ego, neppure io sono molto bravo a fare
mio lavoro…" Quel "neppure io" mi dette qualche fastidio. "Ma, signor Ego,
io ho capito…" Cosa hai capito? "Si, anche lui ha capito.." disse l’Avvocato.
"Si, ormai abbiamo capito…" confermò lo zingaro. "Mi fate facendo diventare
scemo. Cosa diavolo avete capito tutti e due?" chiesi irritato. "Possibile,
Signor Ego, che solo lei non abbia ancora capito nulla?…" rispose l’Avvocato
riprendendo, chissà perché, a parlare come se l’avessero operato alla gola.
"Forse è inutile continuare
la terapia, lei non ha più fiducia in me …". Fissai il dottore per alcuni
lunghissimi secondi. "Ma non si deve spaventare, caro Ego, questo è un buon
segno. Anzi, un ottimo segno. E’ un sintomo di guarigione. Se lei non necessita
di avere più fiducia in me, di credere ciecamente in me, sa cosa potrebbe
significare?" "No, che cosa?" "Potrebbe significare che lei sta prendendo
coscienza dei suoi problemi e che ritiene di poterli affrontare da solo,
che la sua autostima è aumentata e che lei può e vuole ormai camminare con
le sue sole gambe…in definitiva, caro amico, sa che cosa potrebbe significare
se lei non mi vede più come un Saggio, un Maestro, un Dio? " "No, che cosa?"
"Potrebbe significare che lei è finalmente guarito.". Io continuai a guardarmi
le scarpe. Quel discorso mi convinceva. "Dottore, devo confessarle che io
l’ho, sin dal primo momento che l’ho vista, sempre considerata un povero
fesso. Simpatico, intendiamoci, ma sempre e comunque fesso. Sa cosa potrebbe
significare questo?" No, che cosa? " Potrebbe significare che lei mi deve
restituire un sacco di soldi".
(12) Se esiste un servizio che
detesto ancor più delle infedeltà coniugali è quello che chiamo della "assistenza
mattoide". La donna che, dalle nove di questa mattina, bivacca nel mio ufficio
mi ha già raccontato di avere una sosia che va a trovare le sue amiche per
screditarla, che le ruba i vestiti e che, questa notte, le ha cambiato di
posto a tutti i mobili. Io ho ascoltato pazientemente, mi sono meravigliato
e indignato quando lei si aspettava che mi meravigliassi e mi indignassi
e le ho assicurato il mio massimo impegno per risolvere il suo "interessantissimo"
caso. Poi, però, non me la sono sentita di approfittarmi di una povera insana
di mente (ho un codice morale, in fondo…) e le ho chiesto solo cinquecentomila
lire, per le "prime spese". Ma la donna non mi è parsa contenta. Mi ha detto
che un altro investigatore a cui si era rivolta aveva preteso una parcella
iniziale di oltre due milioni e che, due giorni dopo, le aveva già ha telefonato
per assicurarle che i suoi sospetti erano esattissimi e che, per soli altri
due milioni, avrebbe potuto anche dirle il nome della sosia che la perseguitava.
"E poi glielo ha detto?" ho chiesto io rassegnato alla inevitabile risposta
"Si, mi ha detto che si chiama Teresa. Io purtroppo non conosco nessuna
Teresa" "E il cognome, il collega non è stato in grado di scoprirlo?" "Purtroppo
no, è impegnatissimo ad incastrare chi vuole uccidere la moglie del nostro
Presidente. Anzi…mi perdoni…mi aveva chiesto di non raccontarlo a nessuno
…ma lei non lo racconterà in giro, vero signor Ego?"
Ci sono colleghi che col "servizio
assistenza mattoide" si arricchiscono. Un matto pieno di grana è il sogno
di ogni investigatore privato. Ma io non li invidio. Preferisco le mie mignotte.
Squilla il telefono. E’ l’Ispettore
Cirillo. "Walter, stai ancora dietro al caso del Professor Leonida?" Si,
forse…perché? "Perché forse ti farà piacere sapere che oggi il professore
ha firmato una piena confessione di fronte al magistrato. E’ stato lui.
La moglie lo ricattava per alcuni vizietti in comune con giovanissime clienti.
Alla donna, dichiaratamente trasgressiva e bisex dello scandalo non importava
nulla e ne approfittava per spennare il professore che invece professionalmente
ne sarebbe stato rovinato; tu manderesti tua figlia da uno psichiatra che
per cura se la mette letto tra lui e la moglie?" "Il professore ha dichiarato
di essere stato materialmente lui a pugnalare la vittima?" chiesi con un
pizzico di ansia. "Si è stato lui. Discorso chiuso, Ego, discorso chiuso…"
Discorso chiuso un fico secco,
pensai tra di me, non c’è nulla che quadri in questa faccenda. Nulla che
quadri.
Telefonai immediatamente all’avvocato
Gaudenzio. "Ha già saputo?" mi chiese "Che cosa, che il professor Leonida,
mentre stava sorseggiando beatamente un porto seduto ad un tavolino di un
bar guardato a vista da me contemporaneamente stava massacrando la moglie
a pugnalate? Che queste stupidaggini le pensi la Squadra Mobile non mi meraviglia,
quelli fanno un corso specifico per impedire che le idee ragionevoli transitino
per i loro cervelli, ma voi che cosa state architettando?"
"Non è stato il mio cliente,
signor Ego, di questo sono sicuro quanto lei. Ho cercato di tenerla lontano,
di non immischiarla. A questo punto, tuttavia, è necessario che venga messo
a conoscenza di ogni dettaglio della vicenda. Speravo di ottenerle un incontro
in carcere col Professore per oggi ma non è stato possibile. Domattina andremo
a parlare direttamente con lui e probabilmente tutto le sembrerà molto più
chiaro".
"Ci sarà da guadagnare qualcosa?"
chiesi, ricordandomi che in fondo ero un investigatore, mica uno scrittore
di racconti gialli.
L’avvocato non rispose. Sentii
un lungo sospiro. "Da questa storia, Signor Walter Ego, usciremo tutti con
qualcosa di irrimediabilmente perduto…."
Solo più tardi compresi quanto
avesse ragione.
Il Dottore mi manca. Per lui
è stato molto doloroso abbandonarmi. Soprattutto quando ho dovuto confessargli
che non ero in grado di pagargli le ultime sei sedute. Non ha protestato
ma si vedeva che era affranto: eppure, in fondo, non erano molto denaro.
"Anche lei è sposato, caro Dottore, prima o poi potrebbe aver bisogno di
me. Magari è già stato molte volte cornificato e neppure lo sospetta….se
vuole che io le dimostri che è becco, lo farò gratis e molto volentieri"
"grazie" disse il dottore poco convinto. E se ne andato, per una volta senza
parole. Non era cattivo, poverino. Credeva che la psicanalisi fosse una
cosa seria. Quando capirà che non lo è farà molti più soldi, come i suoi
colleghi.
Come se non bastasse, la Lazio
ieri ha perso il derby. I tifosi romanisti sono tutti in festa. Stanno invadendo
le strade e le piazze con bandiere e striscioni. Non capisco questa gente
così appassionata di calcio con tanti bambini che muoiono di fame nel mondo,
le guerre, le malattie, i disastri. Bisognerebbe avere il senso della misura,
delle proporzioni. Comunque questa notte non ci ho dormito, cazzo, non meritava
di perdere in quel modo….
(13) . Il secondino ci fece
entrare in una saletta spoglia e fredda. Ci sedemmo intorno ad un tavolo
silenziosi. L’avvocato Gaudenzio aveva ripreso il suo stile austero e professionale
delle grandi occasioni. Io invece ero nervoso, le carceri non mi piacciono
ed ero ansioso di sapere finalmente la verità. Il Professor Leonida entrò
tesissimo, mi apparve invecchiato di almeno dieci anni, lui; l’avvocato
e il secondino rimasero a confabulare per alcuni secondi poi l’agente uscì
lasciandoci soli.
"Buongiorno, Dottor Ego, la
ringrazio di essere venuto.." esordì l’uomo che tutti consideravano l’assassino
della moglie.." avrei preferito lasciarla fuori da questa vicenda anche
se riconosco che lei vi è stato immischiato per causa mia". Ricevetti così
la prima conferma di quanto mi era stato dichiarato da Tiziana "Fu lei,
quindi, a mandare la sua assistente ad assumermi…" . "Questo ormai è scontato"
aggiunse l’avvocato "la storia che la vede coinvolta non ha più misteri:
lei, signor Ego, doveva fotografare il Professore in compagnia della sua
assistente, truccata in modo da non farsi riconoscere, proprio nel momento
in cui lo zingaro, penetrato nella abitazione della Signora Menicucci, dopo
averla picchiata, e le portava via certi filmini e certe foto che ritraevano
situazioni…diciamo scabrose". "Va bene" interruppi "ma non capisco, perché
picchiarla, col rischio che finisse come è finita, non era meglio portarle
via solo le foto?" "Lei insiste in questo suo sospetto. Le ripeto che sbaglia,
non è stato lo zingaro a uccidere la Signora. Abbiamo tutte le prove che
vuole, la prego di non insistere su questo aspetto!" L’avvocato era visibilmente
irritato perché era chiaro che era stato lui a suggerire al Professore di
avvalersi del suo amico bosniaco.
"Tutto questo non ha molta importanza"
intervenne il Professor Leonida col tono di chi non aveva il tempo di occuparsi
di dettagli e detestasse essere interrotto " il fatto è, dottor Ego, che
se è vero che io ho il torto di averla immischiata in una sgradevole vicenda,
è altrettanto vero che ho fatto tutto quello che era nelle mie possibilità
per farcela uscire e per compensarla di questo fastidio. La mia assistente
ha cercato di ricomprarle quelle foto e, quando ci siamo accorti che lei
l’aveva truffata consegnandole negativi sbagliati, Tiziana ha pagato non
poco quelle foto dalla sua complice. Lo stesso avvocato Gaudenzio mi dice
di averle versato diversi milioni, sempre tramite quella signora. Non ci
restano molti soldi, tuttavia pregherò Gaudenzio di darle altri dieci milioni.
Sono gli ultimi, signor Ego. Non credo che lei possa chiedermi ancora nulla
in cambio del suo silenzio, in fondo lei non ha più niente in mano oltre
alla sua parola".
Io rimasi sconcertato. "Perché
mi vorrebbe pagare, professor Leonida?" "La pago affinchè lei smetta di
dire in giro di avermi visto in quel bar in quel momento. Le cose sono andate
molto diversamente da come dovevano andare e non ho più bisogno della sua
testimonianza.. Sarebbe stato meglio non l’avessi mai fatta assumere."
"Professore, lei ha confessato
di aver ucciso sua moglie. Sia io che lei sappiamo bene che questa non è
la verità…"
"La verità!" ripetè con un sorriso
il detenuto "lei legge il Vangelo, signor Ego? Ricorda cose chiese Ponzio
Pilato a Gesù Cristo?" "Si, chiese "che cosa è la verità?" "Sono passati
duemila anni ma la domanda è ancora attuale. Noi mortali non abbiamo una
verità. Ne abbiamo tante, ugualmente vere. Una verità è che mia moglie era
una donna spregevole e che meritava di morire. Un’altra verità è la persona
che l’ha uccisa è una vittima che non merita di soffrire ancora. Una terza
verità – la più importante – è che, se esiste un colpevole, il vero colpevole,
questi sono io. E sono io ad essere in prigione. Non vede, signor Ego, come
tutto quadra? Invece, arriva lei, con la presunzione di "quello che sa"
come sono andate le cose e crede che, solo per avermi visto in un dato momento
in un dato luogo a bere un porto, io sia innocente mentre chi ha realizzato
un autentico atto di giustizia e di amore sia un criminale da incarcerare…"
Io guardai l’avvocato per cercare
una conferma a quelle parole dell’imputato che mi sembravano assurde. Ma
non ebbi come risposta che quella frase che già troppi mi avevano indirizzato
e non avrei più voluto sentire "Lasci perdere…."
Si. Va bene. La polizia vuole
che lasci perdere. Lo vuole l’avvocato dell’imputato, l’assistente dell’imputato,
l’imputato stesso, perché mai non dovrei farlo?
"Professor Leonida, sua figlia
Lorena desidera che io dimostri la sua innocenza…". Il Professore scosse
il capo "Lasci perdere, Signor Ego…"
"Professor Leonida, i filmini
che lo zingaro doveva recuperare, quelli con cui sua moglie la ricattava,
quei filmini ritraevano voi due mentre facevate l’amore con una terza persona,
non è vero? Era una ragazza molto giovane, immagino, una ragazza che aveva
procurato lei, che sua moglie le aveva imposto di attirare nel vostro letto.
Una persona che aveva ceduto per amor suo, che aveva fiducia in lei e con
cui sua moglie aveva voluto far l’amore e forse ha preteso che lo faceste
anche tra di voi. E stata lei a uccidere sua moglie. Non è vero? Chi era
quella ragazza?… chi era, professore?
Leonida si mise le mani sul
volto. "Perché fa finta di non aver capito? Lei non può essere così stupido
da non aver ancora compreso…" E pianse, come mai avevo visto piangere nessuno.
Te l’ho già scritto, caro lettore.
Questa non è solo una storia sordida, di quelle che si raccontano mezzi
sbronzi al bar, è anche una storia d’amore. L’amore è certamente un sentimento
assurdo e non è in caso che, in suo nome, si compiano atti orrendi e atti
meravigliosamente altruistici. A volte contemporaneamente incomprensibili.
(14) Sono tornato qui, nel mio
ufficio, al settimo piano di un palazzone sulla via Portuense. Monica rimarrà
la mia segretaria sino alla fine del mese. Poi andrà a Ciampino dove aprirà
una filiale. I soldi li mette tutti lei e non ho alcun dubbio su come li
abbia guadagnati da quando ho trovato nel suo armadietto una parrucca castana
che, abbinata ad un paio di occhiali scuri, sono certo che abbia messo al
mondo Elettra, la mia presunta socia approfittatrice. Tanto vale che lo
diventi veramente mia socia: si è dimostrata molto più brava di me a mungere
soldi e, in fondo, non è solo questo lo scopo del nostro mestiere? Della
storia che vi ho raccontato resta solo questo maledetto fascicolo rosso,
qui sulla mia scrivania. Ma mancano gli ultimi atti. Leonida ha patteggiato
la pena e gli hanno comminato solo sedici anni di reclusione. Alla fine
ne sconterà molti meno, forse una decina. Non sono molti per un omicidio
volontario ma la corte ha certamente tenuto conto della personalità malvagia
della vittima e dello stato di disperazione dell'omicida, continuamente
provocato e ricattato. Il Capo della Squadra Mobile, abile risolutore di
questo difficile caso, è stato promosso questore e anche Cirillo ha avuto
un grosso premio in denaro. I poliziotti romani sono sempre bravissimi:
mai che sbaglino un solo caso di omicidio.
Lorena, la figlia del professore,
ha lasciato l’Italia e si è trasferita in Uruguay in compagnia di una segretaria
che sembra un sergente della Folgore, forse questa ragazza è meno vittima
di quanto qualcuno, in preda ad un desiderio di autopunizione, non abbia
voluto credere, forse nessuno è veramente vittima di ciò che gli accade.
Definire "vittima" la stessa Luisa Menicucci-Proietti ha un sapore vagamente
surreale.
Con Lorena all’estero, Gaudenzio
è diventato curatore dei beni della famiglia. Un lavoro tranquillo. Siamo
quasi diventati amici. Mi ha telefonato per raccomandarmi lo zingaro, assicura
che è un ottimo idraulico e sa fare anche lavoretti di falegnameria. Non
ha il permesso di soggiorno e credo che mi toccherà raccomandarlo con l’ispettore
Cirillo. Basta che la scatola di sigari, questa volta, non la paghi io.
L’ultimo tassello del mosaico
si è chiuso con Tiziana. Mi ha telefonato facendo la parte dell’affranta:
mi ha detto che lo sgorbio la tradisce con altre donne ma non mi è sembrata
interessata a dimostrazioni fotografiche o altre prestazioni professionali.
In ogni modo domani sera, piuttosto tardi, mi aspetta a casa sua. Credo
che la coscialunga, con l’arresto del principale, navighi in cattive acque.
Pazienza, in fondo sono un sentimentale, vuol dire che, per questa volta,
i miei servizi non me li farò pagare.
Chiudiamo il fascicolo e riponiamolo
nell’armadio. Questa storia non riuscirò mai a dimenticarla ma, in ogni
modo, è finita. E’ finita come il mondo voleva che finisse, col trionfo
della verità e la punizione del colpevole, in modo che la gente che paga
le tasse possa continuare a vivere rassicurata. L’opinione pubblica somiglia
molto a quella matta che è venuta l’alto ieri a chiedermi di essere protetta
dalla sosia persecutrice: non vuole la verità, vuole solo che qualcuno le
prometta che penserà a lei e le assicuri che non corre alcun pericolo. A
noi tocca solo essere comprensivi, bugiardi e reclamare più soldi possibile.
Non abbiamo il tempo di farci troppe domande e forse non ne abbiamo neppure
il diritto. La vita, caro lettore solitario che mi hai fatto compagnia per
tutta questa lunga storia , prosegue cinica e veloce e noi
- che ci piaccia o meno - dobbiamo pur tentare, fin quando il fiato ci regge,
di proseguire con lei. Un affettuoso saluto.