PARCO NAZIONALE DEL GENNARGENTU
Costituito
con Decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1998, il Parco Nazionale
del Gennargentu comprende il territorio dell’omonimo massiccio montuoso
della Sardegna centro-orientale tra la Barbagia e la regione costiera dell’Ogliastra.
Verso occidente degrada con ampi contrafforti, il cui
profilo ondulato è interrotto da valli incassate.
Costituito da scisti, filladi e gneiss del Paleozoico,
con intrusioni e colate di porfidi fra i graniti ad ovest ed estese formazioni
calcaree mesozoiche ad est, si innalza a 1.834 metri nella Punta La Marmora
(chiamata sul luogo Perdas Crapias), la più alta dell’isola; una breve e
tortuosa linea di cresta è delimitata a sud da Punta Florisa (1.822 metri)
e a nord da Bruncu Spina (1.829 metri), denominazione forse derivata dalla
presenza di alberi selvatici di Prunus prostrata.
Tutto il massiccio ha forme tondeggianti e versanti incisi
da profondi solchi dei corsi d’acqua (Flumendosa, Talora, Cedrino, Flumineddu)
che dalle sue creste scendono a valle.
Nelle parti più elevate predominano i pascoli (che vengono
utilizzati dai pastori di Fonni, di Tonara e di Desulo) cui succedono, procedendo
verso valle, i boschi di sughere, castagni, lecci, ontani, e noccioli e
di macchia mediterranea formata da lentischi, mirti, ginepri, ecc. …
La conoscenza di questi luoghi, problematica nel passato
per la mancanza di attrezzature idonee, è oggi possibile grazie allo sviluppo
turistico che si è verificato nel corso degli anni.
Visitare il Parco riserva, senza ombra di dubbio, la
piacevole sorpresa di scoprire ancora intatti gli stupendi paesaggi selvaggi
e primordiali della Barbagia, terra antica e indomita di montagne, di acque,
di foreste e di animali nati e viventi in piena libertà.
Chi si accosta a questa zona è colpito da una suggestione
profonda e duratura: ha la sensazione di trovarsi in una terra che, per
l’asprezza selvaggia dei luoghi, è rimasta fuori del tempo.
Tra le bellezze di una natura incontaminata si ammira
un patrimonio diverso dal resto del mondo e si scopre subito la vera Sardegna,
quella che, fra i silenzi delle sue montagne, ha conservato quasi inalterato
un patrimonio di tradizioni e di valori culturali; basti pensare a quelle
foreste di sughere, di castagni, noccioli, querce, dentro le quali vivono
ancora gli unici esemplari di mufloni con i quali convivono, senza che ciò
rappresenti minaccia per l’uomo, l’aquila reale, l’avvoltoio grifone, il
falco pellegrino, lo sparviero, l’astore sardo, la poiana, la ghiandaia,
la pernice, la martora, il cinghiale, la lepre, ecc.
E’ la terra dove si produce un tipo di miele altrove
ignorato, il "miele amaro", quel nettare proveniente dall’assenzio (Artemisia
absinthium) e dal fiore dell’albatro (corbezzolo Arbutus unedo)
di cui parlarono Virgilio, Orazio e Cicerone e che ancora entra come ingrediente
prezioso in molti dolci sardi.
Diverso è l’aspetto della montagna centrale del Gennargentu
il cui nome sembra poter significare: "porta del vento" dove si originano
le correnti aeree di tutta la Sardegna e dove tra le foreste lussureggianti
di querce si presenta la visione dei torrioni isolati e intagliati conosciuti
come "tacchi" o "toneri"(tacco di Texile, toneri di Tonara, tacco di Sadali,
tacco di Ticci, tacco di Perda Liana di 1.293 metri), obelischi naturali
calcarei di scisti e graniti che si elevano verso il cielo.
Infine, un altro straordinario paesaggio del Parco: il
grandioso massiccio calcareo di Supramonte, assai carsificato, privo di
acque superficiali, solcato da gole profonde, larghe doline, grotte innumerevoli,
baratri spaventosi in parte ancora da esplorare; complesso che si immerge
a picco nel Mar Tirreno con uno dei più belli e selvaggi tratti di costa
con caverne marine che hanno dato ospitalità alle rare foche monache.
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