PARCO NAZIONALE DEI MONTI SIBILLINI
Dopo diversi tentativi, con inizio dal 1964, mediante
una proposta di legge di iniziativa parlamentare mai giunta alla conversione
e, dopo una iniziativa popolare presentata nel 1980 al Consiglio regionale
delle Marche, per salvare il territorio dall’aggressione edilizia in difesa
dell’ambiente naturale, nel 1993 è stato istituito il Parco Nazionale dei
Monti Sibillini con una superficie di 70.000 ettari e su un territorio a
cavallo tra le regioni Marche ed Umbria ma anche a pochi chilometri dal
Lazio e dall’Abruzzo.
Il massiccio dei Monti Sibillini è una delle sezioni
più elevate dell’Appennino centrale; parte dalla grande piega della catena
di San Vicino e, come un alto baluardo, si estende da nord a sud , formando
uno spartiacque tra quelle che vanno al Tevere per mezzo del fiume Nera
e quelle che vanno direttamente all’Adriatico con aspetti inconsueti e scenari
contrapposti; dolcezza e durezza sono gli aspetti più evidentemente contrastanti
che convivono in questo luogo: dolcissimi declivi, tipicamente appenninici
(monte Vettore 2.476 metri di altitudine: una delle cime più elevate di
tutto l’Appennino), si contrappongono a scenari prettamente dolomitici,
calcarei, carsici nei quali l’acqua si perde in inghiottitoi come le pareti
rocciose del Monte Bove, Val d’Ambro, Palazzo Borghese e Pizzo del Diavolo
e le morene e i circhi di Val Bove, Vallunga di Tenna con le Gole dell’Infernaccio,
... dove fiorirono fin dall’antichità fantastiche leggende come quella della
Sibilla Cumana che, simbolo dell’attesa pagana del Cristo, all’avvento del
Cristianesimo, fu costretta a fuggire dai Campi Flegrei, per evitare le
persecuzioni cristiane,e si rifugiò in una grotta di Palazzo Borghese che
prese il suo nome (grotta della Sibilla o delle Fate).
Sono presenti anche fenomeni di origine glaciale e una
fascia di terreni terziari orla la base del versante adriatico; i passi
sono tutti elevati e poco frequentati.
Splendidi paesaggi, immensi territori in parte coltivati
e in parte destinati all’allevamento, dove in primavera si assiste ad un
tripudio di fiori dai colori e profumi più vari, sono gli altopiani di Pian
Perduto, Pian Piccolo, Pian dei Platani, Pian Grande, quest’ultimo di 1300
ettari di superficie, residuo di un antico bacino lacustre.
Le pendici montane sono caratterizzate da estese foreste
di querce (Quercus pubescens), carpino nero (Ostruya carpinifolia), frassino
(Fraxinus ornus) e altre caducifoglie più in basso e, poi, estese formazioni
di faggi (Fagus selvatica), aceri montani (Acer pseudoplatanus), cerri (Quercus
cerris), carpini bianchi (Carpinus betulus), castagni (Castanea sativa),
agrifogli (Ilex aquifolium); presenze sporadiche di leccio (Quercus ilex)
e di terebinto (Pistacia terebintbus).
La flora delle pendici erbose comprende cespugli sparsi
di ginepro prostrato (Iuniperus sabina),oltre a notevoli piante di giglio
martagone (Lilium martagon), uva ursina (Arcstostaphylos uva-ursi), ramno
alpino (Rhamnus), primula (Androsacea villosa), genepi appenninico (Artemisia
eriantha), stella appenninica (Leontopodion nivale), peonia (Paeonia officinalis),
camedrio alpino (Dryas octopetala), carice (carex buxbaumi)
Abbondanza e varietà di specie animali caratterizzano
la fauna del Parco; tra i mammiferi: il capriolo, reintrodotto dopo una
forte decimazione dei capi, la volpe, il tasso, la faina, la donnola, la
lepre; più rari il lupo, il gatto selvatico, la lontra, la martora e l’istrice.
L’avifauna comprende: qualche coppia di aquila reale,
l’astore, lo sparviero, il gufo reale, il falco pellegrino, la coturnice,
il gracchio alpino e il gracchio corallino, il picchio muraiolo, il corvo
imperiale, il fringuello alpino.
Tra i rettili: la vipera dell’Orsini e la coronella austriaca
o colubro liscio, una specie di serpente per la maggior parte piccolo e
terragnolo.
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