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PARCO NAZIONALE DEL POLLINO

Destinato a diventare il più importante Parco nazionale del Mezzogiorno, il Pollino, fin dal 1968 è stato oggetto di iniziative destinate a salvaguardare l’intero massiccio, testimone di un patrimonio ambientale incomparabile.

Istituito con Decreto del Presidente della Repubblica 15 novembre 1993, il Parco Nazionale del Pollino, che occupa una superficie di oltre 192.000 ettari, si presenta come una imponente e maestosa catena montuosa - la più elevata dell’Appennino meridionale - a cavallo tra le regioni della Basilicata e della Calabria, disteso sulle pianure del Crati e del Coscile oltre che sulla valle del Sinni.

Di natura arenacea e argillosa con dolci pendii ad est, calcarea, scarna, solitaria e dirupata ad ovest, il Pollino culmina in tre vette: la Serra del Prete (2.181 metri), il Monte Pollino (2.248 metri) e la Serra Dolcedorme (2.267 metri), che è l’ultima delle montagne appenniniche che presenta ancora tracce glaciali.

Sulle più ripide rocce calcaree del versante calabrese, dove l’aridità e il calore bruciante sono padroni di uno spettacolo incomparabile, e dove i venti più freddi bruciano ogni tipo di vegetazione, cresce il raro e maestoso pino loricato (Pinus leucodermis), simbolo del Parco, spesso contorto, a volte presente in pochi nuclei residui, possente manifestazione di vita in un ambiente severo e inospitale, mentre sul versante lucano, dove la montagna è interamente coperta di foreste e macchia mediterranea prevalgono i faggi (che facilmente superano i 30 metri di altezza sopratutto nei boschi di Cugno dell’Acero, Duglia e Jannace), le querce, i lecci, i castagni, gli abeti (anch’essi di straordinaria altezza vertiginosa) e formazioni bellissime di abete bianco, con esemplari a volte anche secolari.

Tutta questa zona, famosa già nel passato, per la vasta presenza di foreste, era il luogo dove gli antichi romani prelevavano il legname per la costruzione delle loro imbarcazioni da guerra, da trasporto e da pesca.

Nel sottobosco: peri selvatici, biancospino, ginestre, cardi, agrifogli, rovi e una profusione di bellissimi fiori: asfodeli, crochi, achillee, ranuncoli, narcisi, petunie, orchidee, genziane, papaveri, viole, peonie in miscuglio con piante medicinali ed officinali di cui la belladonna, il digitale, la borragine, il ginepro non sono che pochi esempi.

Oltre i 2.000 metri vi è una zona, unica nell’Appennino meridionale, di vegetazione alpina, con specie proprie e rare.

Nei boschi del Pollino sopravvivono ancora i lupi, la lontra, il gatto selvatico, mammiferi in passato presenti in numerosi esemplari, diventati, ormai rari, il capriolo, il cervo, il cinghiale, lo scoiattolo, la lepre, …

Tra gli uccelli rapaci: l’aquila reale, il falco pellegrino, il gheppio, il lanario, la poiana, il nibbio reale, il raro avvoltoio degli agnelli, limitato a pochissimi esemplari come ugualmente raro è lo sparviero.

 

 

 

 

 

 

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