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PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO e MONTI DELLA LAGA

Istituito con Decreto del Presidente della Repubblica 5 giugno 1995 per la salvaguardia del territorio e per la conservazione, tra l’altro, di specie animali e vegetali, comprende una superficie di 150.000 ettari, abbracciando la catena del Gran Sasso, il massiccio della Laga e i Monti Gemelli.

La morfologia di queste tre vaste superfici montane è diversa: calcari e dolomie di varia età (dal Giurassico all’Eocene), fenomeni carsici come doline, grotte, gole scavate dalle acque in un panorama maestoso, ciclopico, rude, caratterizzano la catena del Gran Sasso e dei Monti Gemelli anch’essi calcarei; arenarie e marne caratterizzano, invece, il massiccio della Laga con cime più arrotondate e cascate.

Inoltre, il Gran Sasso del versante teramano non è quello colossale, aspro, austero di Campo Imperatore (1600 metri di quota) ma più dolce e con discese di boschi e prati, prima, degradanti fino alle colline ricche di vigneti, per poi arrivare al mare Adriatico.

Assai notevole fu lo sviluppo dei ghiacciai nell’epoca glaciale; oggi esiste soltanto un piccolo ghiacciaio, il Calderone, a forte pendenza, ed è l’unico ghiacciaio dell’Appennino.

Dal Gran Sasso un tempo partivano i pastori per scendere a valle, così come scendono i corsi d’acqua, che hanno reso fertile e contesa una terra ricca di testimonianze di una antica civiltà, da cui tutta una regione ha preso il nome (Aprutium = Abruzzo).

Dalla vetta del Corno Grande (m. 2912) il monte più alto del Gran Sasso l’occhio spazia dal Tirreno all’Adriatico fino a scorgere le isole Tremiti, il Gargano, la Dalmazia.

Sono panorami unici come altrettanto unici sono quelli compresi nella fascia di terre a cavallo tra l’Abruzzo e il Lazio, dominata dai monti della Laga con il lago di Campotosto e, più sotto, la Valle del Velino.

Qui sopravvivono testimonianze del passato, laddove, pur assumendo, la natura, aspetti talvolta corrucciati e brulli (Passo delle Capannelle), l’uomo è vissuto e vive cercando faticosamente di sfruttare ogni angolo e ogni risorsa.

Il Gran Sasso è, oggi, tra le zone appenniniche, una delle più imponenti e frequentate mete turistiche estive ed invernali; numerosi rifugi, strade, alberghi, sciovie, funivie fanno del massiccio un centro molto attrezzato di sport montani.

La vegetazione del Parco è tra le più varie comprendendo oltre 2.000 specie di piante diverse; a quote elevate: primule (Androsace), ranuncoli (Adonide), viole (Viola), stella alpina appenninica (Leontopodium), genepi (Artemisia genepi), sassifraga (Saxifraga), ecc; a quote inferiori: statice (Limonium), sedo alpino stellato (Androsace alpina), fiordaliso (Centaurea cyanas), ecc.; sui monti della Laga: foreste di faggi (Fagus) tra i 1.000 e i 1.800 metri di altezza e poi querce (Quercus), castagni (Castanea), tassi (Taxus), e, più in basso, aceri (Acer), tigli (Tilia), frassini (Fraxinus), olmi (Ulmus), abete bianco (Abies alba), betulla (betulla), agrifoglio (Ilex aquifolium).

La fauna del Parco è altrettanto varia; la razza più interessante è il Camoscio (Rupicapra) (presente con circa 50 capi) reintrodotto a seguito di una decimazione della specie, il Cervo (Cervus), il Capriolo (Capreolus), il Lupo (Canis lupus), qualche Orso bruno morsicano e, alle quote più alte, sono presenti l’Aquila reale (Aquila crysaetus), l’Astore (Accipiter gentilis), il Falco pellegrino (Falco peregrinus), il Lanario (Falco biarmicus), il Gufo reale (Bubo bubo); alle quote più basse il Fringuello (Fringilla coelebs), , la Pispola (Anthus pratensis) il Sordone (Prunella collaris), il Coturnice (Alectoris graeca), il Gracchio (Pyrrhocorax graculus), il Gracchio corallino (Pyrrhocorax pyrrhocorax).

Tra i rettili meritano considerazione la Vipera (Vipera aspis), il colubro di Esculapio (Elaphe longissima) dal dorso giallo-marrone e ventre giallo chiaro, la Coronella austriaca (Coronella austriaca) tipica dei boschi di caducifoglie.

 

 

 

 

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