IL “CANZONIERE” DI FRANCESCO PETRARCA
Scritta
interamente in volgare, l’opera si compone di 317 sonetti, 29 canzoni, 9
sestine, 7 ballate e 4 madrigali, per un totale di 366 liriche. Petrarca
iniziò la stesura dell’opera il 6 Aprile 1327, giorno in cui nella
chiesa di Santa Chiara in Avignone vide Laura per la prima volta, la
donna che il Petrarca amò idealmente per tutta la vita, anche se non le
rimase fedele. La compilazione del “Canzoniere” proseguirà poi per tutta
l’esistenza del Petrarca fino ai suoi ultimi giorni (1374), dandoci
un’illustrazione perfetta dell’interiorità del poeta che sarà anche la
causa della sua fortuna.
Il titolo
originario del componimento “Rerum Vulgarium Fragmenta” fu assegnato
dallo stesso Petrarca, il quale aspirava a sottolineare il carattere
frammentato e volgare dell’opera. Il poeta tentò di donare una sorta di
unitarietà al poema ordinando i fragmenta secondo tre criteri specifici:
quello cronologico che pone prima le rime “in vita” e poi “in morte” di
Madonna Laura (anche se non rispettato rigorosamente); un criterio
estetico che accordava i componimenti per affinità tematiche o
stilistiche; infine un criterio psicologico volto a rappresentare un
itinerario dell’evoluzione spirituale del poeta, dall’amore per Laura a
quello per Dio. Ciò rende il “Canzoniere” un’opera organicamente
unitaria, ma ogni singolo componimento è in sé indipendente e unico per
l’ispirazione che lo ravviva, prescindendo dal posto che occupa
all’interno dell’opera.
La figura che
emerge è quella di Madonna Laura (probabilmente la figlia di Audiberto
de Noves). Laura ci appare come un bene lontano e irraggiungibile in un
mondo che senza di lei sarebbe squallido e vuoto: nonostante assuma un
aspetto più vero e umano rispetto alla figura femminile degli
stilnovisti, Laura è un’immagine evanescente che sfiora il
soprannaturale. La natura di questo amore è anch’essa vaga, un amore
senza svolgimento, privo di episodi realistici, fatto di sguardi fugaci,
sogni, pentimenti.
Analogamente
il paesaggio, dipinto come monotono e ripetitivo, ha una presenza
costante nell’opera, fungendo ora da semplice sfondo, ora da confidente
delle pene del poeta. Non mancano elementi della tradizione provenzale e
stilnovistica, quale il fare della donna il centro della propria vita
spirituale, in quanto l’amore per essa arricchisce l’animo
dell’individuo elevandolo a una vita più intensa e nobile. Ma la vera
fortuna del “Canzoniere” è data dall’interiorità del poeta per la
ricchezza e la complessità delle sue contraddizioni che riflettono la
condizione tragica dell’uomo.
Petrarca
prende dal cristianesimo il concetto di dignità umana e l’ansia per
l’assoluto che lo portano a meditare sulla condizione tragica dell’uomo,
sulla caducità delle cose umane e sulla loro essenza effimera. Ma
l’animo del poeta rimane sempre sensibile al fascino delle cose terrene
che regalano momenti di felicità: la conciliazione tra umano e divino
che esso cerca, e che verrà sintetizzata in seguito dall’Umanesimo
cristiano, sarà per i posteri la perenne inquietudine derivata dal
contrasto tra ideale e reale.
Pur essendo
un estimatore della lingua latina, Petrarca scrive l’opera in volgare
elevandolo con uno stile limpido, raffinatissimo, musicale ed elegante
facendo del volgare il modello insuperabile della nostra lirica.
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