La poetica di Francesco Petrarca
(Per conoscere la biografia di Petrarca clicca
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Petrarca è un poeta del ‘300 che, per primo, racconta con le sue opere i
timori della sua anima. È la prima e forse meno nota innovazione che
questo autore apporta a tutta la storia della letteratura.
Anche Dante, qualche anno prima, aveva descritto in alcune sue opere (la
Divina Commedia su tutte) di un personaggio autobiografico. A differenza
del Petrarca, però, Dante non parla esattamente e precisamente della
propria esistenza, ma principalmente racconta la strada della ragione
che una persona deve percorrere per raggiungere la salvezza.
Con la presentazione del suo lato “interiore” il Petrarca cerca di
lasciare ai posteri una immagine concreta di sé, descrivendo nei minimi
particolari la struttura della sua vita e della sua casa.
Francesco Petrarca nasce ad Arezzo nel 1304, figlio di un fiorentino
esiliato, e rappresenta, in qualche maniera, la prima figura di
intellettuale “moderno” ovvero di un uomo di cultura che si guadagna da
vivere esclusivamente con i frutti del proprio lavoro, senza dedicarsi
ad altre attività, come ad esempio la politica.
Per portare a buon fine questa scelta di vita legata esclusivamente allo
studio della letteratura, il Petrarca rinuncia agli studi di diritto e
decide di divenire chierico, ovvero abbracciare la vita religiosa. Tutto
ciò per ottenere uno stipendio che non lo costringesse a fare altri
lavori che avrebbero tolto del tempo alla sua ricerca intellettuale.
Inoltre, a conferma di questo intendimento del poeta aretino, ricordiamo
che l’autore ha cercato in ogni modo di non ottenere, nella gerarchia
ecclesiastica, promozioni o impegni per curare le anime dei fedeli.
Una volta ottenuta una grande fama come autore, il Petrarca inizia la
vita di gradito ed intellettuale ospite di molte famiglie nobili.
Un dato da sottolineare che il Petrarca, nato da un fiorentino esiliato,
non sente nessuna città come propria patria. Questa mancanza lo porta
innanzitutto a sentirsi meno impegnato dal punto di vista politico in
difesa del proprio paese. Inoltre lo stato di “apolide” esalta l’idea
del mondo intero come patria, portando l’autore ad elaborare un concetto
di cosmopolitismo totale. Una visione diametralmente opposta a quegli
intellettuali medioevali che, legati a doppio filo con la città di
appartenenza, ereditavano da questo rapporto una serie di campanilismi.
In pratica quello che il Petrarca ha cercato di inseguire, con successo,
è una vita all'insegna della liberta ottenuta avendo una buona
disponibilità di denaro. Si tratta di una scelta piena e consapevole, in
quanto il poeta realizza, in questa maniera, un vero movimento di
libertà, senza legarsi mai né a determinate corti, né ad alcuni
mecenati, seguendo sempre la sua idea di cultura. Si tratta della forma
più pura dell’intellettuale di professione, che difficilmente troverà
dei discepoli “puri” in quanto successivamente, molti intellettuali di
corte si limiteranno a fare del semplice servilismo, legati alle persone
che gli procurano da mangiare.
Proprio perché è riuscito ad ottenere questi risultati, portando dunque
il Petrarca a seguire liberamente il proprio piacere, possiamo riuscire
a definire il poeta aretino come il primo inventore della filologia
(ovvero quella scienza che studia la letteratura e l’evoluzione della
lingua).
Inoltre il sogno dell’autore toscano è quello di creare una “res publica
litterarum”, ovvero una comunità di persone di cultura che si riunivano,
creando dunque una rete di rapporti, grazie ai quali diveniva più
semplice il passaggio di persona in persona di testi e di nozioni. Una
bozza di questo reticolo sociale, il Petrarca riesce a realizzarlo in
vita, riunendo un gruppo di “discepoli” legati a lui per corrispondenza
con i quali appunto si confrontava e discuteva delle opere recuperate.
Proprio per questa ragione l’epistolario petrarchiano è fondamentale
nella conoscenza dell’autore. Tanto che le sue missive sono state
catalogate e divise in “Familiares”, ovvero quelle scritte per emulare
la corrispondenza che si tenne tra Cicerone ed Attico (la scoperta del
carteggio tenuto dall’autore latino è da attribuire proprio al
Petrarca), dove in ogni caso si trattano argomenti di cultura e
linguistica.
Esiste poi il gruppo delle “Seniles”, in realtà molto simili come
argomento alle “Familiares”, ma non completate mai dall’autore ed
infatti pubblicate postume. Passiamo poi alle “Metriche” e a quelle
“Sine Nomine” (ovvero quelle a cui, prudentemente, l’autore aveva
preferito omettere il destinatario. La ragione è che questo settore
dell’epistolario era quello che si occupava principalmente di politica e
dove, ovviamente comparivano critiche e commenti sui potenti).
Le lettere sono scritte in latino e, i gruppi delle “Familiares” e delle
“Seniles” risultano essere rivolte ai grandi autori del passato,
confermando questa volontà dell’autore di sentirsi profondamente vicino
ai classici antichi.
La nuova figura professionale realizzata dal Petrarca, ovvero quella
dell’intellettuale di professione, segna la fine definitiva
dell’intellettuale municipale, ovvero quello che si dedica alla cultura
come un hobby, impegnato principalmente nel lavoro alla difesa di un
principio di patria ben definito.
Sottolineiamo però che questa visione di assoluta libertà non negava
che nel Petrarca ci fosse una coscienza sociale e una attenzione alla
situazione socio - politica dell’epoca. Anche lui, come prima Dante,
vede la centralità di Roma nella storia dell’umanità, l’idea e la
nostalgia per le grandi istituzioni romane come la Repubblica o
l’Impero, o le critiche alla corruzione del clero.
Come abbiamo avuto modo di descrivere in precedenza, il Petrarca è,
senza ombra di dubbio, un elemento di rottura tra la cultura comunale e
medioevale e quella che sarà quella rinascimentale, che punta
indistintamente a recuperare e trarre ispirazione dai classici latini.
Anche quindi la distanza tra il recupero del paganesimo fatto dagli
autori umanistici e la stretta osservanza cristiana rappresentata dalla
cultura latina delinea un nuovo fronte nelle rotture da saldare nelle
idee petrarchiane.
E questa dicotomia tra ciò che è stato e ciò che sarà, compare
nettamente nella poetica petrarchiana, dove si nota questo contrasto ma
che, al contempo, si coglie anche il tentativo che l’autore fa per
trovare una posizione di sintesi che riesca a saldare due mondi che solo
apparentemente sono distanti.
Si possono trovare, tra tutte le opere del Petrarca, un continuo
passaggio dal recupero e interpretazione di opere classiche a dei lavori
di chiara matrice mistica e medievale, in un continuo ondivagare alla
ricerca della soluzione ideale che tenga legati entrambe le visioni.
Come prova a realizzare l’autore toscano la sintesi tra tutto ciò? In
maniera molto semplice, cioè abbandonando il concetto medioevale di un
piano provvidenziale divino della storia. In questo senso molti autori
cristiani avevano dichiarato come la cultura classica ha spianato la
strada a quella che inevitabilmente avrebbe dovuto sostituirla, quella
medioevale cristiana. In questa maniera, molte idee classiche sono state
cancellate, ritenendole non idonee alla nuova cultura cristiana mentre
altre, quelle a cui era possibile dare una visione cristianamente
corretta, venivano “salvate”.
Petrarca, negando questo progetto provvidenziale, può recuperare tutto
ciò che ritiene ottimale dalle due culture, essendo nessuna delle due
costretta a capitolare nei confronti dell’altra. Anzi, entrambi sono il
frutto dell’impegno dell’ingegno umano e quindi meritorie di studi.
Tra le opere principali del Petrarca ricordiamo, oltre alle epistole, il
Canzoniere, noto anche con il suo nome latino Rerum vulgarium fragmenta
ed è una raccolta di poesie, in volgare, che parlando del suo amore
verso Laura, un personaggio inventato che rappresenta l’oggetto del
sentimento. (per maggiori informazione sul Canzoniere clicca
qui)
Altra opera da ricorda è il Secretum, ovvero un opera in latino,
costruita sulle tracce delle Confessioni di Sant’Agostino e racconta, in
tre libri, le diverse problematicità dell’animo dell’autore.
L’opera, che nelle intenzioni dell’autore non doveva essere divulgata, è
rappresentata come un dialogo tra Petrarca e Agostino alla presenza
della Verità, posta come giudice della discussione.
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