GIOVANNI BOCCACCIO
Giovanni
Boccaccio (Certaldo 1313 – Firenze 1375) è uno dei più importanti scrittori
del Trecento; la sua personalità s’impone come poeta, capace di elevare
la poesia a puro momento artistico, piena di sé e libera da intenti extra
artistici, o quantomeno non alterata nella sua sostanza.
Figlio illegittimo di Boccaccion
di Chellino, Giovanni Boccaccio è nato a Certaldo nel 1313. Si trasferisce
a Napoli per apprendere l’arte della mercatura, ma trova nella poesia la
vera forza che anima il suo spirito; senza alcun maestro si dedica allo
studio della poetica, cercando nella lettura degli scrittori antichi, di
quelli romanzi ed italiani, e nelle fantasie popolari i cardini della personale
educazione intellettuale. A Napoli il poeta si dedica anche ai piaceri leggeri
di una vita gaia, ricca di amori e speranze. Nascono le prime rime marcatamente
autobiografiche; le speranze, gli impeti e le passioni degli amori vissuti
con umano sentimento contrastano con il controllo imposto dall’educazione
artistica del poeta. Le opere napoletane, in particolare il Filocolo
ed il Filostrato, dimostrano la personalità d’artista e di poeta
del Boccaccio; la narrazione si compiace della sua pienezza e rifiuta architetture
morali e dottrinali. Il Filocolo, in particolare, utilizza materiale
già trattato nella letteratura popolare occidentale (gli amori di Florio
e Biancifiore), modellato dai propositi del poeta in un esercizio di stile
dove la struttura classica latina incontra le figure della prosa medievale.
Nel Filostrato l’esperienza psicologica del Boccaccio si va ampliando
nella riproduzione di ambienti e scene e nel ritratto di caratteri e figure;
questo nuovo modo artistico trova la sua espressione in una lingua più robusta,
l’ottava, capace di aderire con maggiore realismo alla realtà rappresentata.
Nel 1340 il poeta ritorna
a Firenze; qui scrive il Ninfale d’Ameto, opera complessa che sottende
nelle vicende amorose del pastore Ameto l’allegoria dell’amore, il solo
capace di elevare alla contemplazione divina l’intera umanità. Gli elementi
autobiografici presenti in quest’opera si riconoscono anche nella successiva
Amorosa visione, poema in terzine d’ispirazione dantesca.
Le opere migliori del periodo
fiorentino prima del Decameron, sono certamente l’Elegia di Madonna Fiammetta
e il Ninfale fiesolano; la prima, opera in prosa, mostra una nuova
capacità dell’autore di osservare la vicenda con distacco d’artista, anche
grazie ad un’analisi psicologica più acuta e ad una maggiore fluidità del
racconto. Il Ninfale fiesolano, opera in ottave che vede accanto
all’osservazione amorosa, questa volta depurata degli sfoghi autobiografici,
una libertà d’immaginazione più ampia.
Allo scoppio della terribile
pestilenza del 1348 il Boccaccio è a Firenze; qui inizia a comporre la sua
opera maggiore, il Decameron, terminata nel 1351 e rimaneggiata fino
agli ultimi anni della sua esistenza.
L’opera si compone di cento
novelle, racchiuse da un tessuto detto cornice. La trama dice di
una gentile brigata composta di sette giovani donne e tre uomini
che decidono di abbandonare Firenze per fuggire la miseria e l’orrore della
peste; la brigata si dirige verso una villa lontano dalla città, vivendo
serenamente tra passatempi di vario genere e narrazione di novelle (le stesse
raccolte dal poeta nell’opera). Le cento novelle son dette dai dieci novellatori
in dieci giorni; ogni giorno il re o la regina incaricata di regger la gentile
brigata decide il tema del racconto.
Dietro questa cornice così
pacatamente idilliaca si intrecciano novelle che ben rappresentano i contrasti
della vita reale; il poeta guarda l’essere umano e lo coglie nella sua vita
terrena, fatta di passioni ed istinti, debolezze e virtù. L’uomo viene presentato
nei suoi complessi modi d’agire e sentire, colto nel ritmo concreto e rapido
dell’azione. Boccaccio guarda questa galleria di modelli umani con viva
partecipazione e lucida intelligenza; il suo interesse è rivolto sempre
all’uomo, ai suoi affetti ed ai pensieri, anche nelle novelle dal carattere
marcatamente osceno ed erotico.
La crescente ascesa della
borghesia nella città di Firenze, ed il conseguente potere politico ed economico
delle Signorie, porta ad un nuovo sentire, ad un senso del reale più acuto
e ad un raffinato amore per l’arte e la cultura. L’ideale cortese trova
nuova ed aristocratica bellezza nella vita concreta, vista nella sua quotidianità.
Di questo nuovo sentire il Boccaccio si fa portatore, con acuta intelligenza
e incredibile virtù.
Negli ultimi anni della
sua vita il Boccaccio si dedica “a diriger la mente verso le cose eterne,
lasciando da parte il diletto di quelle temporali”, persuaso in questo dal
Petrarca; con il “glorioso maestro” Boccaccio era legato da profonda amicizia
e comune intesa nel sentire la poesia come elevata espressione dell’umanità.
La cultura e l’erudizione del Boccaccio, testimoniata anche dall’interesse
per la cultura e la lingua greca, animano tutte le opere in latino, dal
Buccolicum Carmen sino alla Genealogia Deorum gentilium, scritte negli ultimi
anni della sua vita.
Prima della morte il Boccaccio
si è dedicato a diffondere il culto di Dante, realizzando il Trattatelo
in laude di Dante.
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