DANTE ALIGHERI
Dante Alighieri
è una delle figure più importante della letteratura di tutti i tempi; gli
interessi spirituali che hanno caratterizzato la sua opera, l’intensità
e la forza degli affetti ed lo spessore della sua personalità lo collocano
tra le più importanti figure mondiali della poesia di tutti i tempi. Nato
a Firenze nel 1265 in una famiglia della nobiltà guelfa, Dante si avvicina
da autodidatta all’arte del “dire parole per rima”. Nel corso della
giovinezza stringe rapporti epistolari con i più importanti esponenti
del Dolce stil novo, da Guido Cavalcanti a Cino da
Pistoia. Si sposa molto presto con Gemma di Manetto Donati, dalla quale
ha i figli Jacopo, Pietro e Atonia (diventata suora con il nome di Beatrice).
Dopo la morte della donna amata nel 1290, Beatrice, si dedica allo
studio della filosofia religiosa, frequentando “le disputazioni dei filosofanti”
e “le scuole dei religiosi”; si dedica alla lettura delle opere di
Boezio, Cicerone, Aristotele e San Tommaso.
Accanto alla formazione
intellettuale, Dante partecipa attivamente alla vita politica di Firenze:
combatte contro i ghibellini d’Arezzo a Camaldino nel 1289, fa parte del
Consiglio dei Savi del 1295 consultati per l’elezione dei Priori e diventa
uno dei Priori nel 1300.
Con la conquista della
città di Firenze da parte dei guelfi Neri, guidati dalla famiglia dei
Donati, Dante viene condannato per essersi schierato dalla parte dei
guelfi Bianchi (guidati dalla famiglia dei Cerchi); la condanna lo
porta all’esilio dal Comune ed all’allontanamento da ogni ufficio. Negli
anni successivi la pena s’inasprisce con la condanna a morte qualora il
poeta fosse entrato a Firenze. Inizia per Dante un periodo di vagabondaggio
che lo porta con umiliante amarezza in giro per le corti italiane.
Tra il 1304 ed il 1307
Dante scrive due opere d’ampio respiro e di nobili propositi artistici e
culturali: il Convivio ed il De vulgari eloquentia.
Durante l’esilio si viene
delineando la visione politica di Dante, che vede nella figura forte e decisiva
dell’imperatore la soluzione alla realtà politica italiana ed europea. La
mancanza di una guida temporale stabile e forte, capace di controllare le
passioni individuali dei governanti causa, secondo il poeta, una crisi etica
e civile; allo stesso modo, l’ambizione personale dei papi, colpevoli di
interessarsi alle faccende terrene più che ai compiti spirituali, porta
alla corruzione dell’anima. Solo attraverso un accordo tra Impero
e Chiesa è possibile, secondo il poeta, porre rimedio all’ingiustizia ed
alla dilagante anarchia in Italia ed Europa, causate dalla crisi delle due
guide volute da Dio per guidare gli uomini verso la perfezione e la salute
eterna.
La discesa in Italia dell’Imperatore
Arrigo VII (1310) fa sperare Dante in un possibile ordine e, di conseguenza,
in un suo ritorno in patria; Dante invia una serie di lettere ai principi
d’Italia, ai fiorentini e ad Arrigo VII affinché l’imperatore riprenda il
potere nelle sue mani il più presto possibile. Nel 1313 l’imperatore muore,
prima ancora di aver restaurato la sua autorità nella penisola. Impossibilitato
a ritornare in patria, a causa della condanna a morte contro di lui ed i
suoi figli, Dante si reca in diverse corti italiane, al servizio di signori
famosi per la loro liberalità; a Ravenna e Verona porta a compimento la
sua opera più vasta, la Commedia, iniziata già nel 1907. Proprio
quando il poeta termina la stesura del Paradiso, muore a Ravenna nel 1321.
La Vita Nova
Tra il 1292 ed il 1293
Dante raccoglie una serie di liriche giovanili composte tra il 1283 ed il
1292. Le rime sono collegate tra loro da capitoli in prosa; tutti i versi
sono disposti intorno all’amore di Dante per Beatrice. Il poeta racconta
dell’innamoramento per questa donna già a nove anni; a distanza di nove
anni, Dante la rivede e rimane “come inebriato” dalla visione di questa
creatura inviata da Dio per portarlo alla salvezza. Alla morte della donna
amata, Dante si rifugia nella contemplazione della donna, diventata creatura
celeste, e scrive per lei cose mirabili mai scritte prima.
La lezione dello stil
novo trova in questi giovani componimenti di Dante piena attuazione;
l’amore viene visto come elevazione spirituale, capace di esprimere l’intimità
della coscienza. Inutile, quindi, cercare la vera fisionomia di Beatrice:
i fatti e le persone appaiono sfumati, lo spazio ed il tempo dilatati tra
gli ideali e le risonanze dell’anima. Nei capitoli definiti delle rime
della loda, Dante arriva ad una concezione del tutto personale dello
stil novo, approfondita poi nelle opere maggiori: l’amore umano diventa
momento essenziale per giungere all’amore di Dio. L’amore per Beatrice,
figura reale ed al tempo stesso mitica, conduce al bisogno delle perfezione
terrena, alla pienezza della vita spirituale; solo attraverso l’amore si
può raggiungere la grazia divina e, con essa, il coronamento dell’essere
e del vivere.
Il Convivio
Il Convivio è stato
scritto da Dante durante i primi anni d’esilio (1304 - 1307); l’opera comprende
solo 4 dei 15 trattati previsti dall’autore. Nel primo trattato Dante spiega
come l’intendimento dell’opera sia quello di discuter di sapienza, perché
solo attraverso la ragione, la giustizia e la filosofia, l’unica in grado
di rivelarci l’essenza della vita, si possono raggiungere le somme virtù.
Per arrivare a questo, Dante propone che la filosofia esca dalla solitudine
dei monasteri per coinvolgere nella riflessione non soltanto i dotti, ma
soprattutto i nobili, i reggenti ed i laici. Questa nuova passione intellettuale
del poeta è animata da un’acquisita maturità e dal desiderio di poter ritornare
in patria grazie alla sua dottrina ed alla saggezza.
Il rigore logico del
Convivio trova piena manifestazione anche grazie all’esposizione in
volgare e non in latino, per diventare “sole nuovo, lo quale surgerà là
dove l’usato tramonterà e darà lume a coloro che sono in tenebre e in oscuritade”.
Il De vulgari eloquentia
La lingua della nuova poesia
italiana, la stessa lodata nel Convivio, il volgare illustre, diventa
il tema centrale di questo trattato scientifico di Dante. Il De vulgari
eloquentia è un trattato scritto in latino, la lingua ufficiale dei
trattati scientifici, articolato in due libri; dopo aver distinto i dialetti
italiani, dividendoli in quattordici gruppi, il poeta si sofferma sull’importanza
della nuova poesia italiana, aristocratica e dotta, rappresentata dai raffinati
poeti della scuola siciliane e toscana e dagli stilnovisti. La loro lingua,
il volgare illustre, diventa la nuova grammatica, l’unica lingua in grado
di stabilire un certo ordine nel variare perpetuo dei dialetti; gli scrittori
assumono il compito di formare il linguaggio di un popolo, linguaggio “illustre”,
“cardinale”, “aulico” e “curiale”.
La Monarchia
La Monarchia è un
operetta dottrinale scritta in tre libri, composta molto probabilmente dopo
la morte di Arrigo VII. Nel primo libro Dante descrive la monarchia universale
come necessaria, l’unica in grado di garantire l’humana civitas;
solo un unico imperatore può assicurare uno stato di pace e di giustizia
tale da poter aspirare alla beatitudine celeste. Solo l’antica Roma può,
secondo il poeta, attribuirsi la somma autorità imperiale.
Nel terzo libro Dante
affronta il problema del rapporto tra l’Imperatore ed il Pontefice. Le due
somme autorità, derivate entrambe da Dio, non possono avere autorità l’una
sull’altra. Poiché l’uomo ha una doppia natura, una corruttibile e l’altra
incorruttibile, Dio ha donato agli uomini due guide complementari, ciascuna
disposta a condurre alla perfezione nel proprio ambito.
La Divina Commedia
La Commedia rappresenta
la piena maturità dell’autore; nelle tre cantiche la poesia investe i contenuti,
i sentimenti e le dottrine, elevendoli ad una condizione non più personale,
ma universalmente umana. Filosofia, politica, scienza, teologia, vita e
storia si uniscono nella Divina Commedia in un’unica materia poetica
che supera il fine didattico; qui moralità ed immaginazione sono una
cosa sola, la fantasia del poeta prende la forma concreta e possente della
materia e si eleva per mezzo delle profonde concezioni morali e religiose.
Le preoccupazioni di Dante per il “bello stile” confermano come l’intento
poetico sia superiore a quello didascalico. L’allegoria lascia spazio alla
concretezza del racconto, alla realtà umana, senza mai impedire lo sviluppo
delle azioni. La poesia diventa sapienza e manifestazione della sintesi
tra bellezza, bontà e verità messa in atto da Dio nella creazione.
La Divina Commedia
narra il viaggio compiuto da Dante verso l’Empireo. Dopo la morte di Beatrice,
Dante cade in un stato di angoscia; grazie alla guida di Virgilio e Beatrice
per i regni dell’oltretomba, il poeta giunge alla beatitudine. L’esperienza
personale di Dante si dilata fino a comprendere il cammino di ogni uomo;
grazie alla ragione, infatti, tutta l’umanità può giungere alla beatitudine
celeste, sorretta in questo cammino dalla guida terrena e saggia dell’autorità
imperiale e dall’ispirazione della Chiesa.
Le Rime
In questa raccolta sono
collocate tutte le liriche non comprese da Dante nella Vita nuova o nel
Convivio. Questo canzoniere non si presenta come un insieme organico ed
unitario, bensì come il frutto di una ricerca espressiva ricca e travagliata;
vi si trovano le rime giovanili, quelle dominate dagli ideali espressivi
tipici dello stil novo, quelle “petrose”, dove il gusto per
le rime difficili richiama la poesia provenzale, quelle di corrispondenza,
i sonetti di tenzone con Forese Donati ed alcuni componimenti allegorici.
Le Epistole
Sono tredici le epistole
scritte da Dante e a noi pervenute, scritte in latino tra il 1304 ed il
1319. Tra queste la più importante è certamente quella scritta a Cangrande
della Scala, nella quale Dante espone la struttura ed i significati allegorici
della Divina Commedia. Tra le altre Epistole si ricordano quelle scritte
ai regnanti ed ai popoli d’Italia in occasione della venuta in Italia dell’imperatore
Arrigo VII.
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