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IL SUONO ED IL SONORO NEL CINEMA

Agli inizi della sua vita il cinema si è manifestato come semplice concatenamento di immagini in movimento. Tuttavia, già dal primo ventennio del secolo scorso, la settima arte ha sviluppato l’esigenza di accompagnare l’evento filmico con un commento sonoro.

Il commento musicale di un pianista, talvolta di un’orchestra, accompagnava la proiezione del film in sala. La verosimiglianza dell’illusione filmica risultava in questo modo ancora più forte.

Nel 1926 la Warner Brothers produce il primo film con commento sonoro registrato direttamente sulla pellicola, Don Juan, per la regia di Alan Crosland.

Il successo dell’esperimento fu notevole e nel 1927 la Warner realizzò un altro film musicato e parlato, Il cantante di jazz, diretto ancora una volta da Crosland. Il sonoro si imponeva ormai come la nuova dimensione della settima arte, e tutte le major americane intrapresero la strada del cinema sonoro. Anche in Europa, dopo alcuni anni, si arrivò all’abbandono del cinema muto.

Il suono diede presto vita alla colonna sonora di un film, ossia alle tre distinte materie di espressione del suono cinematografico: musiche, parole e rumori. Seguendo la definizione dello studioso italiano Ermanno Comizio, la colonna sonora di un film “è quella zona della pellicola cinematografica che reca la registrazione foto-acustica, quella cioè in cui sono incise delle vibrazioni luminose che, nel passare davanti a un apparato apposito del proiettore, si trasformano in vibrazioni elettriche. Tali vibrazioni diventano sonore in quanto ascoltabili attraverso un altoparlante posto dietro lo schermo”.

Tra suono e immagine si crea uno stretto rapporto di dipendenza che conduce la percezione, visiva e sonora, su un unico piano, ossia quello audiovisivo. Il suono arricchisce di valore aggiunto (informativo ed espressivo) un’immagine.

Come le immagini, anche i suoni cinematografici subiscono un processo di selezione e combinazione. L’immagine di una strada deserta assume un significato diverso se accompagnata dal fruscio leggero del vento o dall’assordante esplosione di un ordigno.

Dopo esser stati selezionati, i suoni, combinati tra di loro, danno vita al montaggio sonoro; in questa fase risulta di particolare valore il volume di ogni suono, ossia la capacità di ogni suono di emergere o, al contrario, di rimanere in un piano inferiore. Le due operazioni (montaggio sonoro e volume dei suoni) sono definite missaggio.

Come abbiamo già visto prima, suoni ed immagini sono legati tra loro secondo un rapporto di interrelazione. Vediamo ora le differenze tra i diversi tipi di suono.

Innanzitutto un suono si manifesta su due piani differenti: quello dello spazio e quello del tempo. Sul piano dello spazio, il suono si distingue in diegetico (che fa parte della storia narrata) ed extradiegetico; il primo è quel suono che proviene dalla diegesi del film, come la voce di un personaggio. Il secondo è quel suono che ascoltiamo noi spettatori e che fa parte della narrazione ma non della storia narrata. Il suono diegetico può ancora essere distinto in suono diegetico in campo e suono diegetico fuori campo, a seconda che la fonte sonora sia presente nell’inquadratura.

Veniamo ora al piano del tempo; in relazione ad esso il suono si distingue in simultaneo (in un’inquadratura vediamo due personaggi che parlano e nello stesso tempo ascoltiamo le loro parole) e non simultaneo (in un’inquadratura ascoltiamo i suoni o le parole dell’inquadratura successiva, come nel caso del ponte sonoro).

Passiamo ora ad analizzare le tre materie espressive del suono cinematografico.

 

La parola

Rispetto alle altre due materie di espressione, ossia le musiche ed i rumori, la parola risulta certamente più importante di tutti gli altri suoni.

In particolare la parola-teatro, quella che secondo lo studioso francese Michel Chion ricorre nella maggior parte dei film, è quella emessa dai personaggi e la ritroviamo in tutti i dialoghi.

Il critico francese distingue inoltre la parola-testo, quella emanata dal narratore, e la parola-emanazione, ossia quella percepita in un dialogo tra due personaggi e non totalmente compresa da noi spettatori; in questo caso la parola da meno informazioni di quelle date dall’immagine.

 

Musiche

“La funzione principale della musica che accompagna i film è quella di riflettere nella mente dell’ascoltatore il clima della scena, e di suscitare più rapidamente ed intensamente nello spettatore il susseguirsi delle emozioni della storia narrata nel film”. Così scrivevano nel 1920 Edith Lang e George West, autori del repertorio musicale dal titolo West Musical Accompaniment of Moving Pictures.

Il rapporto tra cinema e musica è sempre stato fertile, data la natura ritmica del linguaggio cinematografico. Si può addirittura arrivare a dire che il cinema muto non è mai esistito, dato che anche i primi film godevano di un accompagnamento musicale durante le proiezioni in sala.

Tuttavia, nel corso degli anni la musica ha abbandonato la sua antica funzione di supporto ed ha evidenziato le specifiche strutture estetiche.

La musica di un film può avere un rapporto di partecipazione con le immagini oppure di distanza, può assumere il ritmo della scena oppure svilupparsi in modo autonomo.

 

Rumori

Come le parole, anche i rumori hanno avuto e continuano ad avere grande importanza nel cinema sonoro. Molto spesso servono a definire un ambiente e a rendere credibile la messa in scena. Pensiamo ad esempio ai rumori ricorrenti che servono per descrivere una corsa automobilistica: il rombo dei motori riscaldati prima della partenza, il vociferare insistente degli spettatori, l’attesa ansiosa del pilota rappresentata dal battito del suo cuore o dal ticchettio nervoso delle dita sul volante, etc.

 

 

 

 

 

 

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