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Storia dell'arte - Story of Art


 

 

 

BORROMINI

Genio antagonista

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Borromini: Sant'Ivo alla Sapienza - Roma

Nasce nel 1599 a Bissone, presso Lugano nel Canton Ticino. Si chiama Francesco Castelli ma quando giunge a Roma, è talmente posseduto dalla devozione di uno dei più grandi Santi del tempo, Carlo Borromeo, che cambia il suo cognome e si fa chiamare Francesco Bromino, diventato poi Francesco Borromino, e infine Francesco Borromini.

San Carlo Borromeo aveva avuto con la sua azione un impatto stravolgente sull’animo dei contemporanei; di nobilissima famiglia, i Borromeo erano incredibilmente ricchi con grandi proprietà le cui risorse venivano, in parte, date ai poveri.

San Carlo Borromeo sarà molto attivo durante la terribile peste; con la veste rotta e con un cappio da condannato intorno al collo per dimostrarsi schiavo di Nostro Signore, girerà tra la folla dei disperati a dare conforto e aiuto.

Borromini discende da una famiglia di capomastri e scalpellini e, ancora ragazzo, fu mandato dal padre a Milano a fare lo scalpellino e ad apprendere i segreti dell’arte.

Di sua volontà lascia Bissone alla volta di Milano a piedi, con una veste povera, una bisaccia e del pane secco per godere di un cammino iniziatico verso una delle chiese più celebri della cristianità dove lavora con straordinaria abilità alle grandi impalcature del Duomo, poi, sempre a piedi, vuole visitare le splendide chiese di Ravenna che, con il loro sapore arcaico e orientale insieme, lo soggiogano e lo dominano; lì scopre simboli inquietanti che non aveva mai visto.

Infine è la volta di Roma dove Borromini è giunto come pensionante presso Leone Garopo, suo cugino e soprattutto amico intimo di Bernini, quel ragazzo prodigio dall’eccezionale capacità di scolpire il movimento, già agli alti vertici della notorietà, amato e idolatrato da Roma intera con il quale Borromini, già da tempo, ambisce entrare in contatto.

Leone Garopo non è un uomo gradevole, è il capomastro di San Pietro e non perde occasione per dire a Borromini che Bernini è il più grande e in un continuo ripetere: " Fai come lui, segui lui, scolpisci come lui…" e Borromini che vorrebbe essere amico di Bernini in realtà viene continuamente stuzzicato tanto da non riuscire a stabilire con lui quell’approccio tanto sperato.

Quando Leone Garopo muore, cadendo da un’impalcatura, il Borromini si affida ad un grande ed anziano maestro Carlo Maderno nato anche lui in Canton Ticino, suo conterraneo e lontano parente.

Lavora dapprima come umile scalpellino al cupolino di Sant’Andrea della Valle (1621-23) e alla fabbrica di San Pietro (1624-30) dove ottiene il riconoscimento di "Maestro" poi, a livello di collaborazione con Maderno e con Bernini a Palazzo Barberini dove costruirà la prestigiosa scala ellittica ed effettuerà interventi nella facciata posteriore.

Dopo la morte di Carlo Maderno avvenuta nel 1629, Borromini continuerà a lavorare in San Pietro alle dipendenze di Bernini per il quale ha predisposto la copertura superiore del famoso baldacchino di bronzo con le volte a dorso di delfino, stondate, che si congiungono ai quattro lati; opera questa che andrà a sostituire il progetto di Bernini che, invece, aveva previsto una copertura con quattro archetti e l’immagine del Redentore: una struttura piuttosto contenuta rispetto all’opera complessiva.

Il contrasto tra i due artisti si fa sempre più aperto fino a quando Borromini, finalmente liberato dalla tirannide di Bernini, nel 1634, riesce ad avere un’attività sua autonoma con la costruzione del convento e della chiesa di San Carlo alle Quattro Fontane (la facciata della Chiesa, del 1667, sarà l’ultimo suo lavoro).

Nella Chiesa di San Carlino si assiste alla perfetta conclusione della ricerca borrominiana nella quale la contrapposizione del concavo e del convesso si alternano in un’ondulazione ininterrotta, che investe tutta la superficie muraria. Borromini non vide l’opera compiuta; si uccise gettandosi sulla sua spada.

La sua architettura aspramente censurata dalla critica neoclassica è nei suoi caratteri formali, opposta a quella di Bernini, infatti, al contrario di quest’ultimo, Borromini cerca una contrazione dello spazio costruttivo, riduce al minimo il valore della masse ed esaspera quello delle linee, introduce forme nuove come volute, arabeschi, cartocci, ….ma, soprattutto più che alla maestà e alla monumentalità dell’insieme, mira ad ottenere una serrata continuità di ritmo.

Nel 1640 Virgilio Spada, elemosiniere di Innocenzo X, prima, e di Alessandro VII, poi, - legato a Borromini dalla passione delle scienze occulte, esoteriche, magiche – presenta all’amico Francesco, Orazio Falconieri, che gli affida la commessa di trasformare il vecchio palazzetto comprato dai Duchi di Latera in un palazzo più importante e adatto alla personalità della famiglia Falconieri.

I soffitti del Palazzo per eleganza e purezza di linee saranno la nota dominante degli interni borrominiani.

Borromini al pari di Bernini amava i capricci, più di lui sapeva trasformare l’impossibile in realtà di marmo e di pietra ma la sua vera opera sarà quella - quando finalmente liberato dalla tirannide di Bernini - di riuscire ad avere l’incarico della chiesa prima di S.Carlino, poi di S. Ivo alla Sapienza.

Nel 1642 cominciano i lavori della Chiesa di S. Ivo alla Sapienza, (l’incarico fu attribuito a Borromini per intercessione di Bernini che voleva allontanarselo perché stava diventando troppo importante); l’opera è considerata la più audace dell’artista contenendo all’interno: la complessa pianta a stella, la ricerca di intricate forme geometriche, le vele della cupola; all’esterno: la spirale del lanternino quale simbolo dell’ascesa alla Sapienza.

Virgilio Spada, nella sua qualità di elemosiniere del Papa, aveva un grande ascendente sul Pontefice e sottoponendo al Papa lo scritto sui danni cagionati alla basilica di San Pietro, dalla torre campanaria del Bernini ne aggravò l’umiliazione.

Era il giorno di Natale del 1646; di prima mattina doveva essere abbattuto, per il cedimento del terreno, lo splendido campanile progettato e realizzato da Gian Lorenzo Bernini.

Il campanile pendeva verso sud e minacciava la facciata di San Pietro.

Alle operazioni era presente tutta la Roma che contava, e naturalmente il Papa Innocenzo X,Virgilio Spada in qualità di Soprintendente della Fabbrica di San Pietro e protettore di Francesco Borromini, Bernini con il viso sporco di polvere e bagnato di lacrime e Borromini che assisteva alla mortificazione del rivale come ricompensa ai torti subiti in una competizione senza fine, in una sfida infinita che la stessa società dell’epoca voleva, con quel gusto dolce e amaro, di mettere di fronte due grandissime figure del barocco romano a contendersi una disputa artistica intessuta da rivendicazioni personali.

Il cammino di Bernini è basato sulla fantasia più eccessiva, quello di Borromini è in base ad una saggezza criptica addirittura fondata sul libro di un celeberrimo gesuita: Attanasio Kircher studioso di egittologia, etruscologia, matematica applicata, fisica ,cibernetica.

Attanasio Kircher era amico di Borromini e gli da i consigli fondamentali per creare il lanternino della cupola di S.Ivo alla Sapienza ispirato ad una conchiglia che lui aveva portato dai mari tropicali; è una conchiglia tutta attorta che ha un piede lunghissimo.

Bernini l’aveva vista nello studio di Borromini e ne celiava; Borromini la utilizzò al contrario come modello di un cammino che si ripete su se stesso e si attorce illuminato dai fari della sapienza verso l’impossibile e non sempre comprensibile grandezza divina.

Borromini è una miniera folle di sapienza massonica, misteriosa e mistica, soprattutto legata ai testi di Kircher.

Sempre nel 1646 Borromini inizia i lavori di restauro di San Giovanni in Laterano che durarono per tre anni e proprio quando il lavoro si faceva più febbrile per l’imminente apertura della Porta Santa per il Giubileo del 1650, il 5 dicembre del 1649 alte grida risuonarono all’interno della Basilica; un certo Marco Antonio Bussone, armato di una grossa pietra, si era scagliato sulle decorazioni della Basilica arrecandone seri danni.

Fermato dagli operai, fu da questi picchiato finché, accasciato al suolo, non si mosse più. Alle indagini del Bargello risultò che il Bussone fu ucciso a bastonate ma una lettera autografa di Borromini diretta al Papa Innocenzo X testimoniava la sua colpa per aver ordinato agli operai: "…dategli una lezione. Non pensavo affatto che sarebbe morto. Un pugno al mento o forse alla gola ha provocato le conseguenze che certo non volevo.Comunque io discolpo i miei operai e chiedo alla Santità Vostra di considerare come attenuanti i miei meriti e la mia integrità", ed ancora a sua discolpa: "Il Bussone è stato mandato per distruggere il mio lavoro e farmi perdere la stima e la benevolenza vostra".

Borromini viene condannato all’esilio ma tale punizione non durerà molto perché la sentenza verrà revocata; il Bargello di Roma non scoprirà mai chi aveva mandato il Bussone a deturpare le decorazioni di Borromini.

Nel 1653 Borromini lavora alla chiesa di S. Agnese in Agone, il Papa gli ha chiesto il progetto per una spettacolare cappella privata, appunto la chiesa di S.Agnese in Agone sita a Piazza Navona che allora non era una Piazza aperta al pubblico ma era la piazza privata del Papa; il Papa è Innocenzo X un uomo che gestisce con intelligenza ma anche con forza e brutalità il potere e la cosa religiosa; è un uomo controverso, dalla barba caprina, dai lineamenti duri, un uomo che non si lava, ha sempre la veste sporca ," …mai si vide più orribile omo…" scrivono gli storici ma gestisce con tale autorità il potere da soddisfare ogni suo desiderio come quello di ordinare di prendere una colonna della antica basilica costantiniana di S. Pietro e di farla tagliare a metà per avere due paracarri, ancora oggi posti davanti al Palazzo Pamphili.

La facciata della chiesa era stata costruita da Carlo e Girolamo Rainaldi ma era banale, Borromini la cambia completamente e inventa una chiesa che sembra accogliere i fedeli a braccia aperte, è una chiesa nuova, umana, calda, cordiale che lo stesso Bernini, nonostante la conclamata rivalità, ammira e ne rimane talmente colpito da utilizzare molte delle idee per le sue opere.

Borromini era stato talmente geniale nel creare alternanze di concavo e convesso e lo spunto lo aveva preso da un’elaborazione greca dell’anima del mondo dove ciò che è concavo e convesso sembra dilatarsi in un torace che respira; dove ciò che si contrae e si allarga, a mezzo del fiato divino che pervade ogni cosa, delimita l’anima del mondo.

Borromini si sente illuminato da un bisogno ossessivo di perfezione, misantropo, vive praticamente solo in Vicolo dell’Angelo in compagnia solo di libri, ha un carattere chiuso, non ha amici e non sa creare attorno a se quell’atmosfera cordiale e di complice collaborazione neanche con i suoi operai; i maestri carpentieri sono scontenti di lui, è troppo severo con tutti e non parla abbastanza.

La Chiesa viene criticata e Borromini subisce l’accusa: "Intimiamo al Signor Francesco Borromini architetto, … che si vocifera … la fabbrica di S. Agnese a causa del grande peso imposto sopra possa resistere a lungo…. di garantire per quindici anni la stabilità".

La risposta di Borromini fu secca; venne estromesso dal lavoro, il disegno fu parzialmente cambiato e la motivazione fu: "…per forti divergenze con il Principe Pamphili".

Un insuccesso umiliante per la sensibile e complessa personalità di Borromini che qualche anno prima aveva già provato quando gli era stato affidato l’incarico di sistemare Piazza Navona con una splendida fontana.

Il progetto non era piaciuto al Papa che lo giudicò troppo banale, troppo modesto e non in sintonia con la nuova Roma e l’iniziativa passò a Bernini.

Comincia così una forte crisi che si aggraverà negli anni successivi; l’incompiutezza o il mancato compimento di molti suoi lavori sono tragedie per Borromini, nonostante la realizzazione del monumentale Palazzo di Propaganda Fide che Bernini aveva avviato.

Sullo spigolo del Palazzo di Propaganda Fide Borromini applicò lo stemma del nuovo Papa Alessandro VII e lo circondò di un ornamento in cui spiccavano due belle orecchie d’asino: un dispetto a Bernini che abitava di fronte? La risposta fu pronta: nella mensola che reggeva il balcone di casa sua Bernini scolpì il simbolo della virilità contro il rivale e, Giuseppe Antonio Guattani, nei suoi Monumenti inediti del 1787dice:"tale inonesta decorazione la crediamo ivi posta per mostra di disprezzo e per incutere così avvilimento nel competitore".

La casa di Bernini in Via della Mercede, n. 12, esiste ancora, non così lo sfregio, da tempo cancellato come pure le orecchie d’asino.

Borromini è stanco ma è riuscito ad avere un dialogo cordiale con i Padri Filippini e per loro ha fatto l’Oratorio dei Filippini a Santa Maria in Vallicella e ha utilizzato le teorie di Padre Attanasio Kircher per far sì che chiunque parli o canti a voce bassissima, in un angolo della biblioteca, si senta perfettamente.

E’ un momento di grazia che si risolve con la realizzazione conclusiva di San Carlino alle quattro fontane. Ormai è un uomo provato dalla vita, ha 68 anni, è stanco; la storia afferma che il 2 agosto del 1667, si lancia sulla sua spada e muore il giorno successivo, dopo una lunga agonia; è molto probabile, invece, che si sia fatto aiutare da un suo allievo.

Della sua morte, Bernini, non gioirà perché aveva sempre riconosciuto la grandezza di Borromini; lo aveva sempre apprezzato e temuto nello stesso tempo;aveva invidiato quello che lui aveva creato ma soprattutto gli aveva riconosciuto di non essersi mai inginocchiato davanti a nessuno.

Borromini non ebbe tutto quello che aveva avuto Bernini, ma Bernini non provò mai la immensa gioia che invece ebbe Borromini quando, ancora giovane scalpellino, venne chiamato a San Pietro per creare il basamento dell’opera più bella del mondo : la Pietà di Michelangelo.

Borromini lavorerà con amore a quel basamento di marmo listato; avrebbe potuto farlo con marmi spettacolari, gli era stata data tutta la possibilità, ma lo fece con un marmo chiaro appena venato di nero per non distogliere lo sguardo dallo splendore di quella scultura.

A sessantotto anni lascia la vita ed entra nella storia.

I SUOI MAGGIORI CAPOLAVORI

di

ARCHITETTURA:

PERIODO TITOLO

  • 1621-23 Cupolino di Sant’Andrea della Valle a Roma

  • 1624-30 Palazzo Barberini a Roma – Scala ellittica e interventi nella facciata posteriore

  • 1629 Copertura superiore del Baldacchino di San Pietro in Vaticano

  • 1634-67 Convento e Chiesa di San Carlo alle quattro fontane a Roma

  • 1635-50 Trasformazione di Palazzo Carpegna oggi Accademia di San Luca a Roma

  • 1636 Cappella di Santa Lucia in Selci a Roma

  • 1637-50 Convento e Oratorio dei Filippini a Roma

  • 1640 Trasformazione di Palazzo Spada a Roma

  • 1639-41 Trasformazione di Palazzo Falconieri a Roma

  • 1640-42 Altare dell’Annunziata nella Chiesa dei SS.Apostoli di Napoli

  • 1642 Trasformazione della Chiesa di Sant’Ivo alla Sapienza a Roma

  • 1642 Trasformazione della Chiesa di Santa Maria dei sette dolori a Roma

  • 1644 Tomba Merlini in Santa Maria Maggiore a Roma

  • 1645-50 Trasformazione Palazzo Pamphili a Roma

  • 1646-49 Restauro di San Giovanni in Laterano a Roma

  • 1647-66 Chiesa e Collegio di Propaganda Fide in Roma, Cappella dei re Magi

  • 1650 Ampliamento del Borgo di San Martino al Cimino

  • 1653-57 Rifacimento di Sant’Agnese in Agone a Roma

  • 1653 Cupola e campanile della Chiesa di Sant’Andrea delle Fratte a Roma

  • 1662 Cappella Spada nella Chiesa di San Girolamo alla Carità a Roma

 

 

 
 
 

 

 

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