QUATTROCENTO
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Certamente l’evento di maggiore importanza dell’arte
europea del Quattrocento è il sorgere, nella Firenze medicea, di un
particolare tipo di cultura classica da cui nasce la più fitta e geniale
schiera d’artisti che la civiltà moderna abbia conosciuto. Essi
rifiutano i canoni del tardo gotico e affermano la validità di un nuovo
tipo di modulo figurativo.
Alla base di esso c’è la dimensione dell’uomo:
all’uomo, cioè, esso si riferisce, ricorrendo a quella caratteristica
ottico-geometrica nota con il nome di "prospettiva".
A Firenze, in un breve ed intenso arco di anni un
architetto (Brunelleschi), uno scultore (Donatello), un pittore
(Masaccio), attuarono una rivoluzionaria trasformazione dell’attività
artistica: nelle loro mani l’arte diventò strumento di conoscenza e
indagine della realtà, cioè "scienza" basata su fondamenti razionali,
rintracciabili per la prima volta nella "invenzione" brunelleschiana
della prospettiva.
Le possibilità fornite dal mezzo prospettico di
misurare, conoscere e ricreare uno spazio a misura d’uomo, sono espresse
nell’architettura di Brunelleschi, nella scultura di Donatello e nei
dipinti di Masaccio.
Questo concetto in cui l’uomo è "misura di tutte le
cose" rientrava nel grande programma di "rinnovo" dell’antichità
classica che gli artisti del Quattrocento si proposero di attuare
L’antico, tuttavia, non fu inteso, in questa prima
fase, come un modello da imitare, anche se Brunelleschi e Donatello si
recarono a Roma per studiare i monumenti romani bensì come coscienza
storica del passato, fonte di ispirazione per elaborazioni personali: in
questa linea Donatello ridestò il nudo classico (David bronzeo
oggi al Bargello), ricreò il ritratto romano, realistico ed eroico,
cercò, partendo dagli originari moduli classici, nuovi effetti di luce e
di movimento, di drammatico risalto, creando capolavori come il
Pulpito di Santa Maria del Fiore, l’Altare del Santo a
Padova, il San Giovanni del Duomo di Siena, il Monumento al
Gattamelata di Padova.
Particolari ricerche in questa direzione compie anche
un altro grandissimo scultore Desiderio da Settignano; mentre Luca della
Robbia, il massimo esponente di una numerosa famiglia di scultori e
maiolicari, esprime nelle sue opere un più pacato entusiasmo.
Nella pittura, Masaccio, riallacciandosi
all’insegnamento giottesco, propone un tipo di composizione nel cui
spazio la figura umana compie una sua esatta funzione di "regola" (Affreschi
del Carmine).
Anche il Brunelleschi, nella sua complessa attività,
crea un tipo di architettura sempre rapportata alle dimensioni dell’uomo
(San Lorenzo, Cappella dei Pazzi).
Nella Cupola di Santa Maria del Fiore,
innestando la nuova vastissima struttura sopra quella originaria di
Arnolfo, egli propone una nuova misura alla intera città, creando uno
dei più alti esempi di regola architettonico-urbanistica.
I due fenomeni culturalmente forse più tipici di
questa prima metà del secolo, tuttavia, sono forniti dalla attività di
Paolo Uccello e di Piero della Francesca. Il primo, sebbene ancora
legato alla cultura tardo-gotica, va continuamente elaborando e variando
strutture geometriche, intese di per se stesse come elemento di
perfezione "ideale"; il secondo, ricerca e crea una rigorosa misurazione
dello spazio entro il quale risultano, grazie ad un uso drammatico del
colore, corpi ed architetture (Affreschi di San Francesco ad
Arezzo).
A fianco di essi compiono fondamentali esperienze
Andrea del Castagno (Affreschi del Cenacolo di Santa Apollonia),
Domenico Veneziano (Pala di Santa Lucia agli Uffizi), il Beato
Angelico (Affreschi del Convento di San Marco), Benozzo Bozzoli (Cappella
di Palazzo Medici Riccardi).
Fenomeno limite di questa cultura, infine, è Leon
Battista Alberti che applicando serratamene la misurazione classica
(soprattutto romana) nelle proprie opere, rischia, pur raggiungendo un
altissimo livello poetico e culturale, un artificioso "ritorno
all’antico" (Tempio Malatestiano a Rimini; Facciata di Santa
Maria Novella a Firenze). Suo alunno e continuatore è il Rossellino
il quale lascia nella città di Pienza il primo e più illustre esempio di
piano regolatore rinascimentale.
Se Firenze è il maggiore centro della cultura
artistica del primo Quattrocento, altri centri di prima grandezza sono
però anche le corti di Urbino, Ferrara, Venezia.
A Urbino lavora a lungo Piero della Francesca;
attorno a lui, alla corte dei Montefeltro, nasce uno dei più
aristocratici "cenacoli" culturali, il cui frutto più rilevante è
l’architettura di Luciano Laurana (Palazzo Ducale).
A Ferrara il discorso, forse, è maggiormente
articolato: meno diretti i contatti con la Toscana (malgrado il
soggiorno di Piero della Francesca e dell’Alberti), più diretti quelli
con Venezia attraverso Jacopo Bellini e il Mantenga attivo prima a
Mantova e poi a Padova.
Sotto la signoria di Lionello d’Este si forma quell’ambiente
intellettuale che raggiungerà il suo culmine all’avvento di Borso d’Este,
e darà i suoi massimi risultati nelle opere del Tura e del Cossa (Affreschi
di Villa Schifanoia) e nell’architettura di Biagio Rossetti vero e
proprio inventore della città sotto la signoria di Ercole d’Este.
A Venezia, la più fiorente stagione artistica si ha
nella seconda metà del secolo, anche se il suo continuo e vivissimo
intervento nell’ambito dell’arte europea dura fin dal tardo Duecento.
Attraverso l’intenso scambio culturale con la Toscana
(nel Veneto lavorano Donatello, Andrea del Castagno, Piero della
Francesca) si formano i primi grandi maestri dell’arte veneziana:
Giovanni Bellini detto il Giambellino (La Madonna degli alberelli;
la Pietà) e Andrea Mantenga, che sviluppa i moduli classici (già
presenti nelle opere del suocero Jacopo Bellini, che aveva soggiornato a
Firenze) in un linguaggio di grande "naturalismo" umanistico e di
eccezionale audacia tecnica (il Cristo di Brera, la Camera
degli Sposi nel Palazzo Ducale di Mantova, Affreschi agli
Eremitani di Padova).
Il fratello di Giovanni Bellini, Gentile, è invece –
con il Carpaccio – più legato alla tradizione del primo Quattrocento
veneto. Soprattutto il Carpaccio, tuttavia, lascerà nelle Storie di
Sant’Orsola (Museo dell’Accademia di Venezia) esempi fra i più alti
del rigore intellettuale e della limpidezza poetica dell’arte italiana
quattrocentesca.
A Firenze il secondo Quattrocento, esaurita la
schiera dei sommi maestri del primo Rinascimento, sembra dapprima non
saper rinnovare quelli che minacciano di divenire, sotto Lorenzo il
Magnifico, veri e propri schemi intellettualistici; ma proprio da questa
crisi nasce la seconda fioritura di geni, che porterà all’apertura di
nuovi orizzonti nell’arte cinquecentesca. "Artista di transizione" in
questo periodo è Fra’ Filippo Lippi (Coro del Duomo di
Prato), mente Domenico del Ghirlandaio, la cui pittura è in parte
riferibile a esperienze fiamminghe, si afferma come il più fertile e
gioioso autore di affreschi quattrocenteschi fiorentini.
E’ con l’attività culturale ed artistica del
Verrocchio, però, che gli ideali espressivi del Rinascimento prendono
nuovo vigore, preludendo all’opera di Botticelli e Leonardo (formatisi
alla sua scuola), Filippino Lippi, Piero di Cosimo; in scultura, a
quella del Pollaiolo; in architettura, a quella dei Sangallo.
Sandro Botticelli (Nascita di Venere, La
Primavera, La Calunnia, Pietà a Monaco e alla Galleria Poldi
Pezzoli di Milano) è il primo con le sue fresche pitture "pagane" – a
rifiutare il rigido impianto quattrocentesco; mentre Leonardo, fin dal
suo primo disegno (Il Paesaggio –Uffizi di Firenze) rivolge la
sua attenzione a un tipo di paesaggio dove la figura umana – per una
tecnica prospettica basata su particolari effetti di luce – ha sempre
una certa ambiguità, quasi vi fosse "estranea".
L’attività intellettuale ed artistica di Leonardo
costituisce il tramite tra la cultura tardo-umanistica quattrocentesca e
i nuovi fermenti del Cinquecento, e trova grande diffusione, attraverso
il peregrinare dell’artista in Lombardia, nel Veneto e in Francia.
Ma se tanti e tanto ricchi sono gli avvenimenti del
Quattrocento in Italia non si deve trascurare un altro ambiente di
eccezionale importanza storico-artistica: quello franco-borgognone, che
d’altra parte ha continui contatti con i maggiori centri d’arte
italiani.
In Borgogna, alla corte del Duca di Berry, si forma
un centro di cultura di cui l’attività miniaturistica dei fratelli
Limbourg (Libro d’ore del Duca di Berry) è la testimonianza più
tipica, e che ha un fortissimo peso nella formazione della scuola
fiamminga.
Tra i più alti esponenti di quest’ultima sono Jan van
Eyck, Hans Memling, Petrus Christus, Roger van der Weyden, Hugo van der
Goes che, con la Pala Portinari (ordinata dal mercante fiorentino
e portata a Firenze nel 1478) segna il punto più vivo di contatto tra la
nuova cultura pittorica toscana e il "Rinascimento fiammingo".
In Germania le città della Lega Anseatica e la
Westfalia sono attivissimi centri d’arte; si afferma a Colonia la grande
personalità di Stephan Loechner, al quale si affiancano altri grandi
artisti come Konrad Witz e Martin Schongauer; quest’ultimo, con
l’olandese Luca di Leida, è l’incisore più noto (anche in Italia) nella
seconda metà del secolo
In Francia, l’illustrazione dei manoscritti (Maestro
delle ore di Rohan) raggiunge il culmine dell’espressività, mentre
nella ritrattistica eccelle il grande Jean Fouquet.
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