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Storia dell'arte - Story of Art


 

 

 

JACOPO DELLA QUERCIA

Il Picchiapietre

Scapolo irriducibile, essere inquieto e geniale, "picchiapietre" riluttante a mettere radici in un sol posto, sempre in viaggio tra Siena, Lucca, Bologna e Firenze, sodomita rissoso, sempre pronto a menar pugni e a tirar pietre, cercato continuamente per il suo talento ma invano atteso per la poca parola nel consegnare i lavori commissionati; tutto questo era Jacopo della Quercia.

Nulla di preciso si sa sulla data di nascita, che oscilla tra il 1371 e il 1374, come nulla di preciso si sa sulla formazione dell’artista, figlio di un orefice e intagliatore Piero d’Angelo di Guarnieri e di Maddalena.

JACOPO DELLA QUERCIA Zaccharia cacciato dal tempio Siena Battistero fonte battesimale

Non si sa neppure da che cosa derivi il cognome "de la Guercia" o "ghuercia" che si aggiunge al nome di Jacopo (forse trasse il soprannome del borgo della Quercia Grossa, presso Siena, luogo d’origine della sua famiglia) mentre è più chiara l’allusione all’opera che gli valse il soprannome di "Jacopo della Fonte": la Fonte Gaia nella Piazza del Campo a Siena (ora posta nella loggia del palazzo pubblico, perché in cattivo stato di conservazione, e sostituita sulla piazza da una copia), capolavoro che apre una nuova via all’arte senese.

Jacopo trascorre l’infanzia a Siena dove, in stretto contatto con orafi e scultori impara facilmente la nobile arte della scultura della pietra (per le architetture interne ed esterne), del legno (per la statuaria privata e sacra) dell’oro e del bronzo (per le decorazioni); a Siena, come a Lucca sono numerose le botteghe di scultori sia del legno sia della pietra e molto spesso queste botteghe "plasmano" artisti chiamati "pictores"che per l’abilità e la maestria sono in grado di divulgare su un vasto territorio la loro arte.

Nel settembre del 1387, il padre si trasferisce a Lucca portando con se l’intera famiglia; Jacopo, si distingue già da subito per l’indole inquieta e rissosa: sulla porta della Cattedrale percuote a sangue un cittadino lucchese per cui, bandito dal territorio a seguito di denuncia, è costretto a darsi alla fuga e riparare a Firenze dove, qualche anno dopo, partecipa al concorso per la costruzione della seconda porta del Battistero della città.

Il suo talento non è da meno di quello di Brunelleschi, di Ghiberti (che vincerà il concorso), di Nicolò Lamberti, di Francesco di Valdambrino ed altri altrettanto agguerriti concorrenti.

La formella di Jacopo è andata perduta come le altre del concorso, ad eccezione di quelle del Ghiberti e del Brunelleschi che si trovano, ora, al Museo del Bargello di Firenze.

Il lavoro, a Firenze, non manca, ma Iacopo non ha pace; malgrado si sia trattenuto per oltre quattro anni in tale città i suoi spostamenti sono continui tanto che la sua prima, vera, opera nota e certa è una Madonna, commissionatagli nel 1403 dagli esecutori testamentari del defunto Virgilio Silvestri da Rovigo, da alloggiare nella cappella Silvestri del Duomo di Ferrara.

La Madonna Silvestri o del melograno, alta circa un metro e mezzo, inserita in un tabernacolo, purtroppo andato perduto, presenta un volto paffuto, rotondo, le guance piene; le vesti, molto drappeggiate, sono la testimonianza di un profondo e impegnativo lavoro del marmo come quello che, nel 1405, l’artista affronterà nello scolpire la Tomba di Ilaria del Carretto dove, ugualmente, lo stile evidenzia il linearismo gotico e la ricerca plastica del panneggio, che copre il corpo giacente di Ilaria, sottolinea l’altissima armonia decorativa della scultura.

Ilaria, figlia di Carlo del Carretto, marchese di Savona e signore di Finale ligure aveva sposato Paolo Guinigi, signore di Lucca, già vedovo di Maria Caterina Antelminelli, la sposa bambina (aveva solo dieci anni) con la quale era stato prematuro consumare le nozze per la giovane età ma morta di peste pochi mesi dopo il matrimonio.

Desideroso di avere una numerosa prole, Paolo Guinigi, su consiglio di Gian Galeazzo Visconti, duca di Milano, chiede in moglie Ilaria, marchesina di Finale ligure; le nozze sono fastose, il banchetto nuziale sontuoso.

Alla coppia nasce un primo figlio, Ladislao, al quale segue subito una seconda gravidanza; questa volta è una femmina, che si chiamerà come la mamma Ilaria, ma che lascerà stremata la madre che dopo dieci giorni morirà.

Come furono fastose le nozze per la giovane moglie, Paolo Guinigi desidera esequie altrettanto pompose e una tomba da regina con un sarcofago, sullo stile del "sarcofago all’antica" sul quale "riposare" l’intera figura di Ilaria, vestita secondo la moda dell’epoca, e con ai piedi un cagnolino in segno della fedeltà verso il marito.

Sul sarcofago sono effigiati putti alati che sostengono ghirlande di frutti; lo stemma di famiglia, con croci appoggiato su un tappeto di foglie di acanto è impresso sulla lastra del sarcofago sotto la testa di Ilaria.

Nel dicembre del 1408 Jacopo riceve l’incarico di scolpire una fontana, da sistemare nella Piazza del Campo di Siena, con fregi, pilastri, intagli, cornici, ecc, che impegnerà per molti anni l’artista anche se si lascerà distrarre da altri lavori, primo fra tutti l’arredo della cappella Trenta nella chiesa di San Frediano commissionatagli da un ricco mercante di oreficerie di Lucca: Lorenzo Trenta.

Nel polittico della cappella Trenta in San Frediano di Lucca, lo scultore include le figure entro l’architettura di un gotico fiorito e le fa vivere di una vibrante concitazione drammatica.

Richiamato più volte a Siena dalla Signoria di quella città, nel maggio del 1413, attraverso l’amico Francesco di Valdambrino gli viene intimato, pena la restituzione dei pagamenti già ottenuti, di ritornare e completare l’opera della fontana.

Diviso tra il lavoro della cappella della chiesa di San Frediano a Lucca e il lavoro della fontana di Piazza del Campo a Siena, Jacopo, nel dicembre del 1413, viene accusato di sodomia, insieme all’amico e collaboratore Giovanni da Imola.

Un certo cittadino lucchese Giovanni Malpigli accusa Jacopo e l’amico di ruberie, ai suoi danni, di strumenti e arnesi di lavoro per il considerevole importo di duecento fiorini ed ancora di aver ingannato e sequestrato la nobildonna Chiara Sembrini, sua amica compiacente e di averla condotta nella sacrestia della cappella Trenta e di aver abusato di lei contro la sua volontà.

La triste storia è narrata in una lettera che Giovanni Malpigli aveva inviato al Signore di Lucca Paolo Guinigi con la richiesta di avere giustizia; Giovanni da Imola sarà arrestato nel procinto di tentare la fuga: Jacopo, invece, riesce a fuggire e a riparare a Siena dove l’aspetta il lavoro della fontana.

Il Comune di Siena, su richiesta di Jacopo, chiede a Paolo Guinigi di riabilitare l’artista che scagionato proverà ad intercedere per l’amico Giovanni, il quale, durante il processo cercherà di riversare sulla nobildonna tutte le colpe spiegando, con dovizia di particolari, tutti i tentativi di seduzione femminile nei suoi confronti; niente da fare, sarà condannato al carcere fino al giugno 1417.

La fontana di Siena sarà terminata nell’ottobre del 1419 e dell’intera opera rimangono attualmente soltanto dei frammenti; la Fonte Gaia, cosiddetta per la gioia che i senesi ricevettero per l’arrivo dell’acqua in quel luogo, era formata da quattordici nicchie intervallate da pilastri; nelle nicchie sculture di figure; sul lato lungo e al centro era posta una Madonna con ai lati due angeli e le Virtù Teologali, Cardinali e la Giustizia con chiara allusione al Buon Governo di Siena; all’estremità dei due lati corti due figure femminili: Acca Larentia e Rea Silvia, rispettivamente nutrice e madre di Romolo e Remo, capostipiti di Roma in ricordo delle origini romane di Siena.

Ancora oggi non è facile seguire il percorso artistico di Jacopo per la personalità stessa dell’artista, inquieta e complessa (contrasti con i committenti, denunce, …), la vicenda esistenziale si riflette nella mancata o parziale esecuzione di opere di vasto respiro: è il caso dei 12 apostoli commissionatigli nel 1413 per il Duomo di Lucca, di cui uno solo (San Giovanni) fu realizzato; dei lavori per il Fonte battesimale di Siena, progettati fin dal 1417, di cui restano di Jacopo solo il pannello bronzeo con la Cacciata di Zaccaria (1430) e i profeti del tabernacolo in marmo (1427); i lavori termineranno nel 1430, nonostante la impazienza di avere un fonte battesimale nuovo e il concorso di parecchi nomi illustri quali per la parte marmorea: Sano di Matteo, Nanni di Giacomo, Giacomo di Corso detto Papi e Jacopo per la costruzione del Tabernacolo; per le formelle di bronzo, oltre a Jacopo, vi sarà Donatello, Ghiberti e i Turini, padre e figlio.

Quasi tutti i maestri consegnarono i loro lavori, finiti, nel 1427 mentre Jacopo doveva ancora cominciare il suo, sebbene le diverse missive intimidatorie e di sollecito da parte del Comune di Siena e le risposte di diniego di Jacopo che, nella città toscana, si fa sostituire da Pietro del Minnella, e impassibilmente, continua a dividersi, a suo piacere, tra Siena e Bologna dove lavora al cantiere di San Petronio iniziato nel 1425 e che rimarrà incompiuto.

Inutili tutti gli espedienti ideati dal Comune di Siena per tenerlo legato alla città e affrettare l’esecuzione della sua opera come quello di affidare a Jacopo la importante carica di Priore e la non minore importante carica di Operaio del Duomo di Siena.

Inutile al suo legame a Siena, anche la dote di 350 fiorini ricevuti, nel 1424, da Eufrasia, madre della sua promessa sposa Agnese, figlia di Nanni di Domenico Fei; in proposito non esistono documentazioni che certifichino il matrimonio avvenuto.

Il Portale di San Petronio di Bologna gli fu commissionato dal Vice Camerlengo apostolico della Curia di Roma, Lodovico Alemanno che, di passaggio a Siena, rimase colpito dalla Fonte Gaia e decise di chiedere l’opera di Jacopo con il preciso proposito di eseguire l’opera in due anni.

Cominciano a questo punto numerosi viaggi tra Milano, Ferrara, Venezia, Padova, Vicenza, Verona per la ricerca dei materiali e Siena per continuare il lavoro al Fonte battesimale.

Il lavoro rimarrà incompiuto per la sopraggiunta morte nel 1438 dell’artista nonostante le continue pressioni esercitate dagli Ufficiali della Fabbrica di San Petronio intrecciate con le analoghe pressioni a carattere intimidatorio del Comune di Siena.

Il Portale di forma rettangolare e sovrastato da una lunetta contiene nei bassorilievi le Storie della Genesi e della Infanzia di Cristo le figure sono sbalzate con poderoso senso plastico e impostate con l’abilità di un orafo, in una variante personalissima dello "stiacciato", tesa a dare il massimo rilievo all’espandersi delle masse in primo piano come un bassorilievo pittorico, luminoso, originale e nuovo; ed è a questa "modernità" che, molto probabilmente, Michelangelo guarderà con singolare interesse.

Le corse da una città all’altra, il lavoro incessante e duro, le inquietudini dettate dai continui solleciti, le riduzioni dei pagamenti per non aver rispettato i termini convenuti, le fatiche alle quali sottoporsi per cercare di far fronte alle promesse, quasi sicuramente hanno minato il fisico del grande artista che nel febbraio del 1438 accusa i primi sintomi di una malattia che lo porterà di lì a poco più di otto mesi alla morte avvenuta il 20 ottobre 1438.

Cosciente della imminente fine il 3 ottobre 1438 lascia , nel testamento, tutti i suoi beni alla sorella Lisabetta, al fratello Priamo, alla nipote Caterina e ai collaboratori di lavoro perché solo questi rappresentavano la sua famiglia; non esiste accenno ad "una presunta" moglie.

Le sue spoglie riposano nel Chiostro del Convento di Sant’Agostino a Siena.

I SUOI MAGGIORI CAPOLAVORI

PERIODO TITOLO ALLOCAZIONE

  • 1406-1407 Madonna Silvestri o del Melograno Ferrara, Museo della Cattedrale

  • 1406 1407 Tomba di Ilaria del Carretto Lucca, Cattedrale di San Martino

  • 1410 Vergine annunciata Siena, Chiesa di San Raimondo al Refugio

  • 1406 1407 Fonte Gaia Siena, Palazzo Pubblico

  • 1416 1422 Altare Trenta Lucca, San Frediano, Cappella di San Riccardo

  • 1416 San Leonardo Massa, Chiesa di Santa Maria degli Uliveti

  • 1416 1434 Fonte Battesimale Siena, Chiesa di San Giovanni Battista

  • 1420 1424 Madonna di Anghiari Anghiari, Museo statale delle Arti e Tradizioni Popolari

  • 1421 1426 Angelo annunciante e Vergine annunciata San Giminiano, Collegiata

  • 1425 1430 Portale Maggiore Bologna, Chiesa di San Petronio

  • 1428 1430 Angelo annunciante e Vergine annunciata Siena, Pinacoteca Nazionale

  • 1435 Tomba pavimentale di Andrea da Budrio Bologna, Chiesa di San Michele in Bosco

  • 1435 Madonna col Bambino Parigi, Museo del Louvre

  • 1437 1438 Madonna col Bambino Siena, Museo dell’Opera della Metropolitana

 

 

 
 

 

 

 

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