Nel 12° secolo l’Architetto
ed Ingegnere idraulico Alberto Pitentino - su incarico del Comune di Mantova
- organizzò un sistema di difesa della città curando la sistemazione del
fiume Mincio in modo da circondare completamente il centro abitato con quattro
specchi d’acqua, si da formare quattro laghi: Superiore, di Mezzo, Inferiore
e Paiolo; vista in lontananza, Mantova sembrava un’isola.
Alla campagna si accedeva
attraverso ponti; al giorno d’oggi due dei quali - il Ponte dei Molini e
il Ponte di S. Paolo - sono ancora esistenti.
L’organizzazione difensiva
fu perfezionata con una cinta muraria; la città raggiunse il suo maggiore
fulgore.
Nel 17° secolo una forte inondazione
diede inizio ad una rapida decadenza: il Mincio, trasportando i materiali
solidi, trasformò i laghi in paludi malsane che condizionarono ogni ulteriore
sviluppo; fu prosciugato, allora, il lago Paiolo a sud, in modo che la città
restò bagnata dall’acqua solo su tre lati – come una penisola - ed oggi,
ancora si presenta così.
Sono, quindi, tre gli specchi
d’acqua, non d’origine naturale, ricavati nell’ansa del fiume Mincio cha
danno a Mantova una caratteristica del tutto particolare, quasi magica in
quanto sembra una città nata dall’acqua.
I laghi, però, emanavano cattivo
odore, portavano le zanzare ed altri insetti che la gente normale rifuggiva
per cui fu necessario provvedere ad una bonifica iniziando a dragare prima
il lago di Mezzo e poi il lago Inferiore creando un quadro immoto e imbalsamato,
statico e irreale.
Che importa se nel frattempo
la terra veniva dilavata, il verde annientato e la fauna distrutta?
Fu allora che ci si accorse
che la natura era bella, che il patrimonio naturale rappresentava una ricchezza
e non costava nulla; era sufficiente non distruggere e per averne una riprova
basta prendere una barca - magari proprio quella messa a nostra disposizione
dai Barcaioli del Mincio - per ammirare il lago Superiore di Mantova, un
luogo romantico, pieno di fascino e di piacevoli sorprese.
I Barcaioli del Mincio sono
abili guide ambientali e romantiche figure che sembrano tornare dal passato,
profondi conoscitori della immensa rete di canali, di vie e di sentieri
d’acqua delimitati da canne palustri, isolotti di ninfee, angoli dove nidificano
anatre, cigni, aironi e da approdi sabbiosi dove i pescatori si appostano
pazienti.
Un
tragitto con loro nel periodo estivo, ed il visitatore si trova immerso
in una visione mozzafiato: il lago scompare ricoperto da un’enorme e morbida
distesa verde delle foglie dei fiori di loto (nelumbium nucifera), un’analoga
distesa verde di piante a forma si rosetta delle castagne di lago (trapa
natans) che i mantovani nel loro gergo colorito e accattivante chiamano
"triguii"; il tutto si completa con isole colorate di nenuferi (nuphar luteum)
e ninfee che danno all’escursione in barca la sensazione di essere trasportati
in un mondo diverso, quasi irreale, orientale, inebriante.
Nelle altre stagioni il lago
cambia colore suscitando sempre grande suggestione: in primavera con variazioni
sul tema dei verdi; in autunno con una esplosione dei toni del rosso e del
giallo e in inverno quando la nebbia ammanta il lago, la scena è unica nel
suo genere: il silenzio rotto solo dal brusio della natura e dal lento cadenzare
dei remi di una imbarcazione sull’acqua.
L’unicità del luogo deriva
da caratteristiche ambientali con presenze di flora e di fauna incontaminate,
il lago Superiore e gli altri laghi di Mantova si presentano come punto
di sosta di varie specie d’uccelli acquatici, sia di passo sia stanziali:
anatre, svassi, aironi, gabbiani, folaghe, garzette, cigni,ecc…
Navigando il lago, è
garantito e tutelato il rispetto della tranquillità dell’habitat per queste
creature dei cieli che si possono ammirare da vicino senza che ne abbiano
disturbo o spavento.
Come mai i fiori di loto sono
presenti nei laghi mantovani?
Fu nel 1921 ad opera di una
Botanica di Parma Anna Maria Pedegretti che, proveniente dal sud est asiatico,
volle tentare l’esperimento di ricavare dal rizoma la farina di loto per
la panificazione.
La farina non ebbe successo
nella gastronomia mantovana mentre il fiore colonizzò gran parte dei laghi
mantovani.
Esiste però anche una romantica
leggenda legata a questi fiori: un giovane, per lavoro, dovette partire
per l’oriente dove conobbe una bellissima fanciulla dagli occhi a mandorla
e dalla pelle vellutata e profumata come i petali dei fiori di loto.
La sposò e la portò a Mantova
perché potesse conoscere la sua città ma la sposina, nello specchiarsi nel
lago, scivolò e di lei non si seppe più nulla.
Disperato il giovane decise
di raggiungere il suo amore e sparì anche lui nell’acqua non prima aver
gettato dei semi di fiori di loto nel lago di Mantova affinché ogni anno,
d’estate, il lago celebrasse, con un tripudio di fiori leggiadri, il ricordo
della sua amata e spandesse nei dintorni il suo soave profumo.
Diana Onni
foto a cura di Sandro Bianchi
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