STORIA DEL PICCOLO GOBBO
Eravi una volta a Gasgar negli estremi della
gran Tartaria un sarto, il quale aveva una moglie bellissima. Un giorno
mentre lavorava, un piccolo gobbetto venne a sedersi sull’ingresso della
sua bottega, e si pose a cantare, suonando un tamburello. Il sarto ebbe
un gran piacere nell’udirlo e risolse di condurlo nella sua casa per
divertir sua moglie.
Appena arrivati, la moglie del sarto, essendo
l’ora di cena, portò in tavola un buon piatto di pesce. Nel mangiarne,
il gobbo, per sua disgrazia, inghiottì una grossa spina, per cui in
pochi momenti morì. Rimasero l’uno e l’altra tanto maggiormente
spaventati di quest’accidente, inquantoché era accaduto in casa loro e
aveano motivo di temere che se la giustizia fosse venuta a saperlo, ne
sarebbero stati castigati come assassini. Il marito nonpertanto ritrovò
un espediente per liberarsi del corpo del morto. Avendo riflettuto che
vicino a lui soggiornava un medico ebreo, aiutato da sua moglie
trasportò il gobbo fino alla casa del medico: picchiò alla porta ove
terminava una scala, per la quale salivasi alla sua camera.
Una serva discese subito, senza alcun lume,
aprì, e domandò ciò che bramava.
— Risalite, se vi piace — rispose il sarto —
e dite al vostro padrone che gli conduciamo un uomo oppresso da grave
infermità, affinché gli somministri qualche rimedio.
Nel mentre la serva risaliva, il sarto e sua
moglie portarono con tutta prestezza il corpo del gobbo in cima alla
scala, dove lo lasciarono, e prestamente tornarono alla loro casa.
In questo mentre, avendo la serva riferito al
medico che un uomo e una donna lo aspettavano alla porta, e lo pregavano
di discendere per visitare un infermo, credette fosse un buon affare di
non doversi trascurare.
— Pigliate subito il lume — disse alla serva
— e seguitemi. — Nel dir ciò s’inoltrò verso la scala tanto
precipitosamente, che inciampando nel gobbo, lo fece rotolare fino al
basso della scala.
— Portate presto il
lume — gridò alla sua serva.
Finalmente questa giunta, discese con essa, e
vedendo esser giù rotolato un uomo morto, rimase talmente spaventato ad
un tale spettacolo, che invocò tutte le stelle e tutti i pianeti.
— Infelice — diceva — perché son disceso
senza lume? Ho terminato di uccidere quest’infermo. Ah per noi è finita,
se non troviamo mezzo di porre questa notte fuori di casa nostra questo
corpo morto. Perderemo la vita, se lo teniamo fino a giorno. Che
disgrazia! Come mai dunque avete fatto per uccidere questo uomo?
— Non si tratta di questo — ripigliò l’ebreo
— si tratta di ritrovare un rimedio ad un male tanto pressante.
Nel proferire queste
parole si pose il gobbo sopra le spalle, uscì dalla sua camera,
andandosene a capo della strada, ove messolo in piedi ed appoggiatolo ad
una bottega, ripigliò la strada di casa sua senza guardarsi indietro.
Qualche momento prima del giorno un mercante
cristiano, dopo aver passata la notte in crapule, pensò di uscir dalla
casa sua per andarsene al bagno.
Fermatosi in capo alla strada per qualche
bisogno rimpetto alla bottega, ove il provveditore del Sultano aveva
posto il corpo del gobbo e credendo essere assalito da un ladro,
rovesciò il gobbo a terra con un pugno, poscia gliene diede molti altri,
e si pose a gridare:
— Al ladro! al ladro!
La guardia del
quartiere accorse alle sue grida, e vedendo che quegli era un cristiano,
il quale maltrattava un mussulmano (poiché il gobbo era della nostra
religione):
— Qual motivo — gli disse — avete voi di
maltrattare in tal maniera un mussulmano?
— Egli ha voluto rubarmi — rispose il
mercante — e si è gettato sopra di me per afferrarmi alla gola.
— Vi siete abbastanza vendicato — replicò la
guardia. — Terminando queste parole arrestò il cristiano e lo condusse
dal luogotenente di polizia, ove fu posto in prigione.
Il mercante cristiano intanto si riebbe della
sua ubbriachezza, e tanto più rifletteva sopra il suo accidente quanto
meno comprendeva come pochi semplici pugni fossero stati capaci di levar
la vita ad un uomo.
Il Luogotenente di polizia sulla relazione
della guardia, andò al Palazzo a
render conto al Sultano dell’accaduto, e questi gli disse:
— Non ho grazia alcuna a concedere ad un
cristiano che uccide un mussulmano; andate ad eseguire il vostro
ministero.
A queste parole il Ministro di polizia fece
innalzare un patibolo. Finalmente il mercante fu levato dalla prigione,
fu condotto a piè del patibolo, ed il carnefice, dopo avergli attaccata
la corda al collo, allorché si udì la voce del medico ebreo, il quale
facendosi largo in mezzo alla folla giunse tosto a piè del patibolo, ove
giurò per il Dio di Abramo, d’Isacco e di Giacobbe di essere stato lui
l’uccisore involontario del gobbo.
Il dottore ebreo aveva già la corda al collo
quando si udì la voce del sarto, il quale arrivato a piè del patibolo:
— Signore — diss’egli al Ministro di polizia
— poco è mancato che non facessi morire due innocenti, poiché se vi
degnate udirmi, ben presto conoscerete il vero uccisore del gobbo.
«Ieri, verso sera, lavorando nella mia
bottega, il gobbo giunse da me mezzo ubriaco. Dopo che ebbe cantato per
qualche tempo gli proposi di venire a passar la sera in casa mia la qual
cosa molto di buon grado si fece. Ci ponemmo a tavola e nel mangiare del
pesce, una spina gli si fermò nella gola, per cui morì. Mia moglie ed io
restammo afflitti di sua morte e per timore d’essere arrestati, portammo
il cadavere alla porta del medico ebreo, il quale nell’uscire dalla sua
porta, vi s’inciampò facendolo rotolare a piè delle scale, per la qual
cosa egli credesi l’uccisore del gobbo, mentre in sostanza è innocente.
— Poni adunque in libertà il medico ebreo —
disse il giudice al carnefice — ed impicca il sarto, giacché confessa il
suo delitto!
Il carnefice, avendo posto in libertà il
medico, passò la corda al collo del sarto.
Mentre però quest’ultimo preparavasi ad
impiccare il sarto, il Sultano di Gasgar, il quale non poteva starsene
lungo tempo senza il gobbo suo buffone, avendo ricercato di vederlo, uno
dei suoi uffiziali gli disse:
— Sire, il gobbo di cui la Maestà Vostra sta
in pena, dopo essersi ieri ubbriacato, fuggì dal Palazzo contro il suo
solito per andarsene a scorrere per la città, e questa mattina si è
trovato morto. È stato condotto alla presenza del giudice criminale un
uomo accusato di averlo ucciso, e
subito il giudice ha fatto innalzare il patibolo.
A questo discorso il Sultano di Gasgar spedì
un messo al luogo del supplizio dicendogli:
— Andate sollecitamente, e dite in mio nome
al Giudice criminale che senza perdita di tempo mi conduca l’accusato e
mi sia portato il corpo del povero gobbo.
Il messo partì, ed arrivando gridò di
sospendere l’esecuzione.
Il carnefice, avendo riconosciuto il messo,
non ardì passar oltre, e rilasciò il sarto.
Dopo ciò il messo, raggiunto il ministro di
polizia gli manifestò il comando del Sultano.
Il ministro s’incamminò al palazzo col sarto,
il medico ebreo ed il mercante cristiano, e fece portare da quattro
uomini il corpo del gobbo. Giunti alla presenza del Sultano, il ministro
di polizia si prostrò ai piedi del Principe, e quando si fu rialzato,
fedelmente gli narrò quanto sapeva dell’istoria del gobbo.
Il Sultano la ritrovò tanto singolare, e
voltandosi poscia alle persone presenti:
— Avete voi giammai — disse loro — inteso
nulla di più sorprendente di quanto è accaduto in occasione del gobbo
mio buffone?
Il mercante cristiano,
dopo essersi prostrato fino a toccar la terra colla fronte, cominciò in
tal modo a parlare:
— Potente monarca, io so una storia più
meravigliosa di quella che avete udita. Sono pronto a narrarvela se
Vostra Maestà me ne concede il permesso.
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