STORIA DEL SARTO
— Sire, un cittadino di questa città mi fece
l’onore, or son due giorni, d’invitarmi ad un banchetto, che dava ai
suoi amici. Vi andai presto, e vi trovai circa venti persone, le quali
aspettavano il padrone di casa che era uscito per qualche affare.
Bentosto lo vedemmo arrivare accompagnato da
un giovane forestiere, molto ben fatto, ma zoppo.
Ci alzammo tutti per far onore al padrone di
casa, e pregammo il giovane di sedersi accanto a noi.
Egli stava per farlo, quando vedendo un
barbiere che era della nostra
compagnia, si ritirò indietro con isdegno, e voleva uscire.
Il padrone di casa,
sorpreso dalla sua azione, lo fermò:
— Dove andate? — gli disse.
— Signore — rispose il giovine — in nome di
Maometto vi supplico di non trattenermi poiché non posso veder senza
orrore questo abbominevole barbiere, il quale ha l’anima ancor più nera
e più orrida della faccia. Oggi stesso voglio allontanarmi dalla vostra
città, e andarmi a nascondere, se mi è dato, in luoghi ove egli non
possa più venire a presentarsi a’ miei occhi.
Ciò detto, voleva abbandonarci: ma il padrone
di casa lo trattenne di nuovo, supplicandolo di fermarsi con noi, e di
narrarci la cagione dell’odio che nutriva contro il barbiere, il quale
in tutto quel tempo teneva gli occhi fissi in terra e stava zitto.
Finalmente il giovine, cedendo alle nostre
istanze, si assise, voltò la schiena al barbiere, e parlò così:
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