STORIA DEL PRINCIPE CAMARALZAMAN
Circa a venti giorni di navigazione dalle
coste di Persia, vi è nel vasto mare un’Isola detta dei Fanciulli di
Khaledan. Un tempo era governata da un Re detto Schahzaman il quale
aveva quattro mogli legittime, tutte e quattro figliuole di Re, e
settanta concubine.
Schahzaman si stimava il monarca più felice
della terra per la tranquillità e la prosperità del suo Regno. Una sola
cosa turbava la sua felicità, quella di essere già avanzato in età e di
non avere figliuoli, quantunque avesse un sì gran numero di donne.
Un giorno dopo essersi lamentato della sua
sciagura col suo gran Visir, gli domandò se avesse qualche mezzo per
rimediarvi.
— Se quanto Vostra Maestà mi domanda —
rispose quel saggio ministro — dipendesse dalle regole ordinarie della
saggezza umana, avreste ben presto la
soddisfazione desiderata: ma in simile frangente havvi Dio solamente a
cui si possa ricorrere. Voi avete sudditi i quali professano di
onorarlo, servirlo e vivere puramente per amor suo; sarebbe mio pensiero
che Vostra Maestà facesse delle elemosine e li esortasse ad aggiungere
le loro preghiere alle vostre.
Il Re Schahzaman approvò questo consiglio.
Schahzaman ottenne dal cielo quello che desiderava: subito s’accorse che
una delle sue donne era incinta ed infatti a capo di nove mesi gli diè
un figlio.
Il Principe gli fu portato appena nato, e
vedendolo assai bello gl’impose il nome di Camaralzaman, cioè a dire:
luna del secolo.
Il Principe Camaralzaman fu allevato con
tutte le cure immaginabili, ed appena cresciuto in età, il Sultano
Schahzaman suo padre gli diede un saggio governatore e dei valenti
precettori.
Quando il Principe ebbe raggiunto l’età di 15
anni, il Sultano, il quale l’amava tenerissimamente, dandogliene ogni dì
novelle prove, concepì il disegno di dargliene la più grande: quella
cioè di discendere dal trono e di stabilirvi lui stesso.
Il gran Visir non volle palesare al Sultano
che avrebbero potuto dissuaderlo dalla sua risoluzione, anzi partecipò
pel suo sentimento, dicendogli:
— Sire, il Principe è ancora assai giovane, a
parer mio per imporgli così presto una soma cotanto pesante come quella
di governare uno Stato potente. Vostra Maestà teme ch’ei si corrompa
nell’ozio: ma per rimediarvi non sarebbe bene prima di ammogliarlo?
Schahzaman trovò il consiglio del primo
ministro ragionevolissimo, e appena congedato fece chiamare il Principe
Camaralzaman.
Il Principe, che fino allora aveva sempre
veduto suo padre a certe ore fisse senza esser chiamato, fu un poco
sorpreso di quest’ordine. Invece di presentarglisi innanzi colla solita
franchezza, lo salutò con gran rispetto, standogli innanzi cogli occhi
bassi.
Il Sultano s’accorse del timore del Principe.
— Figliuol mio — gli disse in modo da
rassicurarlo, — sapete per qual ragione vi ho fatto chiamare?
— Sire — rispose il Principe con modestia —
io lo saprò con piacere dalla Vostra Maestà.
— Dunque sappiate — rispose il Sultano — che
. voglio ammogliarvi: che ve ne sembra?
Il Principe Camaralzaman intese queste parole
con grande dispiacere e ne fu sì
sconcertato, che gli si bagnò il viso di sudore e non seppe cosa
rispondere. Dopo alcuni momenti di silenzio disse:
— Sire, vi supplico di perdonarmi se una tale
proposta m’ha fatto sembrare sconcertato; così giovane come sono non me
l’aspettava. Non so nemmeno se potrò giammai risolvermi al nodo
matrimoniale, non solamente a cagione dell’impaccio che procurano le
donne, ma anche per aver letto nei nostri autori quanto son furbe,
perfide e malvage.
La risposta del Principe Camaralzaman
afflisse estremamente il Sultano. Ei si contentò di dirgli:
— Vi do tempo a pensarvi e a considerare che
un Principe come voi, destinato a governare un gran Regno, deve pensare
prima di tutto a darsi un successore.
Schahzaman non disse altro al principe
Camaralzaman. Gli diè accesso nel suo consiglio, ed oltracciò quanto
poteva desiderare per essere contento. In capo ad un anno, chiamatolo in
disparte gli disse:
— Ebbene, figliuol mio, vi siete rammentato
di riflettere sul disegno che avevo di accasarvi sin dall’anno scorso?
ricuserete ancora di procurarmi la gioia che aspetto dalla vostra
sottomissione, o vorrete lasciarmi morire senza questa consolazione?
Il Principe parve meno sconcertato della
prima volta, e non esitò molto a rispondere in questi termini con tono
fermo:
— Sire, io non ho mancato di riflettervi
coll’attenzione dovuta: ma dopo avervi pensato seriamente, mi son
confermato sempre più nella risoluzione di vivere senza impacciarmi nel
matrimonio.
Ciò detto lasciò bruscamente il Sultano suo
padre, senza attendere la risposta.
Dopo che questo si fu ritirato, il Sultano
andò all’appartamento della madre del principe Camaralzaman, alla quale
da lungo tempo aveva manifestato l’ardente suo desiderio.
Quando le ebbe con dolore raccontato in qual
modo aveva ricusato una seconda volta, e fatto notare l’indulgenza che
voleva ancora avere per lui, mercè il consiglio del suo gran Visir:
— Signora — le disse — so aver egli più
confidenza in voi, anziché in me; quando gli parlate egli v’ascolta
attentamente. Vi prego di coglier l’occasione d’intrattenerlo su ciò
seriamente e di fargli ben comprendere che se persiste nella sua
ostinazione, mi costringerà finalmente
ad usare mezzi che lo faranno pentire di avermi disobbedito.
Molto tempo dopo Fatima credé aver trovata
l’occasione di parlargli sullo stesso soggetto con maggior speranza
d’essere ascoltata.
— Figliuol mio, vi prego — gli disse — se non
vi dà pena di dirmi quali sono le ragioni che vi fanno essere sì avverso
al matrimonio.
— Signora — rispose Camaralzaman — vi sono,
non ne dubito, un gran numero di donne sagge, virtuose, cortesi, amabili
e di gentili costumi. Piacesse al Cielo che vi rassomigliassero tutte!
Quello che m’impaccia è la scelta dubbiosa che un uomo deve fare per
ammogliarsi, o piuttosto che non gli si lascia la libertà di fare a suo
grado; supponiamo risolvessi a contrarre un matrimonio, come il Sultano
mio padre desidera con tanta impazienza, qual moglie mi darebbe egli?
Probabilmente una Principessa la quale chiederebbe a qualche principe
suo vicino, che si farebbe un dovere d’inviargliela. Bella o brutta,
sarebbe giocoforza il prenderla. Inoltre io voglio ammettere che
null’altra principessa potesse uguagliarla in bellezza; chi mi
assicurerebbe che avesse uno spirito magnanimo, che fosse di compagnia
piacevole, che il suo discorso fosse di cose solide e non già di
vestiti, ornamenti e mille altre futilità uggiose ad ogni uomo di buon
senso?
— Ma, figlio mio — disse Fatima — nel modo
con cui volete governarvi, comprendo che volete essere l’ultimo re della
vostra stirpe, la quale ha regnato si gloriosamente nell’isola dei
Fanciulli di Khaledan.
— Signora — rispose Camaralzaman — io non
desidero affatto di sopravvivere al Re mio padre. Quando io morirò prima
di lui non avrà da stupire, dopo tanti esempi di figliuoli morti prima
del padre loro. Peraltro è sempre glorioso ad una stirpe di Re di finire
con un principe degno di esserlo, come io farò di tutto per rendermi
tale.
Passò l’anno, e con gran dispiacere del
Sultano Schahzaman, il principe Camaralzaman non diede il minimo segno
di aver cangiato di sentimenti.
Finalmente un giorno di Consiglio solenne in
cui il primo Visir, i principali ufficiali della Corona e i generali
dell’esercito erano radunati, il Sultano prese la parola e disse al
Principe:
— Figliuol mio, è lungo tempo che ho
dimostrato il desiderio di vedervi
ammogliato, e aspettava da voi una più grande compiacenza, imperocché
non è semplicemente per far cosa grata ad un padre che non avreste
dovuto ricusare: ma perché il bene de’ miei stati lo esige e perché
tutti questi signori lo domandano con me. Decidetevi adunque; dalla
vostra risposta io prenderò misure più opportune.
Il principe Camaralzaman rispose con poco
ritegno e con tanto trasporto che il Sultano, giustamente irritato,
esclamò:
— Come, figliuolo snaturato, avete
l’insolenza di parlare così a vostro padre ed al vostro Sultano?
Lo fece indi arrestare dagli uscieri e
condurre in una antica torre con un solo schiavo per servirlo.
Camaralzaman, contento di avere la libertà di
trattenersi co’ libri lasciatigli da suo padre, non si rammaricò affatto
della sua prigionia.
Però prima di andare innanzi è bene sapere la
storia seguente.
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