Ambra
L’ambra è una resina fossile prodotta principalmente
da diverse specie di conifere e caducifoglie. Le piante producono resine
principalmente per difendersi in caso di attacchi da muffe o funghi o come
reazione ad una ferita. Attualmente le aree di estrazione più importanti
del mondo sono l’area baltica e quella centroamericana, mentre i principali
luoghi di rinvenimento italiani sono l’Appennino settentrionale e la Sicilia
(simetite, dal fiume Simeto, nei pressi di Catania). Le ambre possono assumere
decine e decine di colori molto differenti dal bianco, al giallo, al bruno-rossastro,
al blu. Le ambre sono raccolte principalmente in miniere ("ambre di cava"),
mentre sino alla metà dell’Ottocento erano anche raccolte sulle rive del
mare, in seguito a tempeste invernali che staccavano blocchi di ambre dai
fondali ("pietra di mare").
L’ambra, a partire da 300 milioni di anni fa, è presente
in tutti i periodi geologici. Le ambre più antiche sono prive d’inclusi
vegetali (foglie, fiori) o animali (farfalle, formiche, ragni e, più raramente,
scorpioni, rane e lucertole), che invece diventano relativamente frequenti
a partire da 140 milioni di anni fa.
La tradizione greca sosteneva che l'ambra grezza provenisse
dall'Esperia, nel lontano e leggendario Occidente, forse perché giungeva
in Grecia prevalentemente dall'Italia, attraverso l'Adriatico. Il mito più
diffuso che narra l'origine dell'ambra è quello di Fetonte. Ovidio, nelle
Metamorfosi, racconta che l’eroe, mentre attraversava il cielo con
il carro del Sole (suo padre), fu fulminato da Zeus, poichè rischiava di
ardere la terra avvicinandosi troppo ad essa. Fetonte morì precipitando
sulla terra come una stella cadente, con le chiome avvolte dalle fiamme.
Il suo corpo fu accolto dal fiume Eridano (il Po). Le tre sorelle, le Eliadi,
a furia di piangere, si trasformarono lentamente in alberi. Le loro lacrime,
che continuavano a stillare dai tronchi, vennero consolidate in ambra dal
Sole.
Pitea di Marsiglia, durante un celebre viaggio nel mare
del Nord verso la fine del IV secolo a.C., fu il primo tra i Greci ad appurare
l'origine dell'ambra. I Romani, durante l’impero di Augusto, arrivati al
mare del Nord e in particolare alle foci dell'Elba, confermarono l'origine
nordica dell'ambra, che veniva scavata e raccolta lungo le coste del mare
del Baltico e dello Jutland. Plinio, in particolare, afferma che l'ambra
si genera, nelle isole dell'Oceano, dal midollo che stilla da un tipo di
pino e si solidifica per il gelo o per effetto del mare, quando le onde
agitandosi la strappano dalle isole.
Da secoli l’ambra è stata usata come amuleto o come rimedio
naturale contro malattie di ogni genere. Già nel I secolo a.C. lo stesso
Plinio ricorda che "Le donne della zona della Gallia Transapadana (Lombardia)
portano collane di ambra, come ornamento ma anche a scopo terapeutico, perché
infatti si crede che prevenga le malattie delle tonsille e della gola".
L’ uso curativo è ricordato, in età romana, da studiosi di medicina
come Celso (I secolo d.C.) e Galeno (II secolo d.C.) e persiste per tutto
il Medioevo fino all’età moderna, come indicano i vari ricettari della farmacopea
europea, che la prescrivono per le malattie degli occhi o della gola, se
bruciata come incenso.
Nell’antichità il luogo principale di estrazione dell’ambra
erano le coste del Mar Baltico. In Basilicata, la diffusione di ornamenti
in ambra ha inizio già nel secondo millennio a.C., seguendo un lungo itinerario
che dall’Europa del Nord attraversava la foce del Po, le coste adriatiche
per giungere in Italia meridionale. Per circa un millennio l’ambra ha avuto
una particolare fortuna proprio in Basilicata, tanto da costituire uno dei
principali fossili-guida utilizzati per ricostruire la storia archeologica
della regione.
Il momento di maggiore fortuna dell’ambra, presso le
popolazioni indigene della Basilicata interna, si registra tra VII e IV
secolo a.C., periodo in cui questi territori e, in particolare l’Enotria,
sono inseriti in un complesso sistema di relazioni che comprende il Mediterraneo
Orientale, le coste italiane e l’Europa centro-settentrionale. In particolare,
le donne enotrie di rango sociale elevato, ma anche quelle daunie del Melfese
vengono sepolte con sontuose parures caratterizzate da ornamenti in ambra,
oltre che in argento, bronzo, ferro e pasta di vetro. Si tratta in alcuni
casi di piccole sculture in ambra dalla fattura estremamente raffinata,
realizzate da intagliatori delle città greche della costa ionica (Metaponto,
Siris, Taranto, Sibari) e delle città etrusche della Campania (Capua, Pontecagnano)
e forse anche di Canosa, importante centro della Daunia costiera.
In Basilicata le valenze magico-protettive dell’ambra
sono evidenziate dagli stessi soggetti raffigurati sui gioielli intagliati.
Uno fra i motivi preferiti è sicuramente quello delle donne e, più in generale,
delle figure alate: personaggi divini, in grado di condurre, anche nell'immaginario
delle genti italiche, i mortali nell’Al di là verso la salvezza ultraterrena.
L’ambra, con la sua trasparenza, sembra quasi voler assicurare la luce,
che accompagna e preserva nel buio mondo dell’Ade.
L’immagine delle donna alata (o del guerriero alato,
anch’esso in grado di collegare gli uomini con le divinità) caratterizza
alcune delle più importanti sculture in ambra di VI-IV secolo a.C. della
Basilicata centro-settentrionale. Oltre ad un pendente a forma di sfinge
da Braida di Vaglio, si possono ricordare, dalle necropoli di Melfi, sculture
in ambra, della fine del V secolo a.C., che raffigurano donne e guerrieri
alati. Da Tricarico, infine, proviene un pendente in ambra, del IV secolo
a.C, che raffigura il mito per eccellenza del rapimento dell’anima: Eos,
la dea dell’Aurora, dalle splendide ali, dalle dita di rosa e dal vestito
color zafferano rapisce il giovane Kephalos.
fonte: comunicato stampa del Museo Archeologico Nazionale
della Basilicata "Dinu Adamesteanu" in occasione di "Magie d’ambra. Amuleti
e gioielli della Basilicata antica" mostra tenutasi dal dicembre 2005
al marzo 2006
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