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cultura: rubrica dedicata ad associazioni, biblioteche, luoghi, personaggi e festività


 

FESTA DI SANT’AGATA

la Santa Buona

Sant’Agata è la patrona della città di Catania; a lei ogni anno i Catanesi dedicano una grande festa dal 3 al 5 febbraio.

Tra devozione e folklore, la festa attira ogni anno migliaia di fedeli e curiosi. Nel primo giorno di festa si assiste alla processione per la raccolta della cera: i devoti donano ceri per richiedere la protezione della santa.

Un lungo corteo accompagna 11 “candelore” (grossi ceri che rappresentano le corporazioni cittadine) e due carrozze settecentesche tra le vie cittadine.  Gli enormi ceri sono trasportati a spalla da diversi uomini.

Gli 11 ceri, rivestiti di bandiere, fiori e scene del martirio di Sant’Agata, ciascuno con una precisa identità, precedono il percolo.

Il corteo viene aperto dal cero di monsignor Ventimiglia. Seguono le candelore del quartiere di San Giuseppe La Rena, quella dei fiorai e dei giardinieri, poi quella dei pescivendoli, dei fruttivendoli, dei macellai, dei pastai, dei bettolieri e dei pizzicagnoli, quella dei panettieri, la più pesante, ed infine quella del circolo cittadino di Sant’Agata.

La giornata si conclude con uno spettacolo pirotecnico in piazza Duomo.

Il 4 febbraio i devoti animano le vie cittadine sin dalle prime ore del mattino; attendono di incontrare la santa, con indosso il tradizionale “sacco” (un camice di tela bianca fermato in vita da un cordoncino), guanti bianchi, un berretto nero ed un fazzoletto bianco tra le mani.

Il tesoriere, il cerimoniere ed il priore del capitolo dei canonici utilizzano le tre chiavi in loro possesso per aprire la stanza che custodisce il busto di Sant’Agata nella Cattedrale.

Il busto della santa, preziosa opera trecentesca contenente il torace e la testa si Sant’Agata, viene issato su di un carro (un percolo d’argento, detto “a vara”) per essere portato in processione lungo le vie della città, insieme al prezioso scrigno contente le reliquie della santa. Catania saluta la sua patrona con una solenne messa e spari a festa.

Il “giro” del pesante percolo, trasportato da migliaia di uomini, anima le vie cittadine per l’intera giornata. La “Santuzza” viene trasportata dai devoti vestiti con il tradizionale sacco; è pesante il percolo, circa 30 quintali, ma gli uomini sorreggono la fatica con ritmo cadenzato. “Cittadini, viva Sant’Agata”, gridano fino a notte fonda, e i cittadini porgono sul percolo garofani rossi, devota riconoscenza al martirio della santa. A notte fonda il carro torna nuovamente in Cattedrale.

Il 5 febbraio i garofani bianchi, simbolo di purezza, sostituiscono quelli rossi, simbolo del martirio. Nel pomeriggio la processione del percolo attraversa nuovamente il centro di Catania. Quando gli uomini giungono in via di San Giuliano sono davanti al punto più pericoloso della processione; la pendenza è notevole per trasportare il pesante carro, ma l’ostacolo rappresenta una grande prova di coraggio e di devozione. Superare l’ostacolo è un segno di buon auspicio per tutto l’anno.

La fatica per l’enorme sforzo lascia il posto alla soddisfazione per aver trasportato il busto di Sant’Agata sorridente per le vie della città.

 

La vita di Sant’Agata

Agata, “la buona”, è nata con molta probabilità l’8 settembre del 235 d.C. a Catania. Agata nasce in una ricca famiglia della nobiltà cittadina. La fanciulla conduce una vita semplice e serena, ama Dio e abbandona la vita mondana ed il lusso.

Agata diventa sposa di Cristo all’età di 15 anni. La giovane accetta con entusiasmo e devozione la sua scelta, ma le repressioni dell’imperatore Decio contro i cristiani portano in quegli anni ad una vera e propria persecuzione contro il culto cristiano.

Il proconsole Quinziano ordina l’arresto di Agata, la bella fanciulla che non aveva abiurato la religione cattolica. Agata viene accusata di vilipendio della religione di Stato.

La giovane fugge, scappa, probabilmente a Galerno. Poco dopo viene raggiunta e condotta al cospetto del proconsole.

Quinziano resta colpito dalla sua bellezza, ma la giovane lo respinge fermamente. Occorre un periodo di rieducazione, pensa il proconsole, un mese nella casa della matrona Afrodisia.

I tentativi di convertire Agata alla vita mondana sono vani.

Nel processo ordinato dal proconsole, Agata rinnega gli dei pagani e resta fedele unicamente al Re del cielo. Segue l’arresto della giovane nel palazzo pretorio. Agata viene incatenata in una cella buia, senza cibo né acqua per un giorno intero.

La giovane resta irremovibile nella sua fede. Quinziano ordina di infierire sulla giovane con atroci torture: le vengono amputati i seni, il suo corpo venne squarciato con lame incandescenti, la sua carne lacerata.

I tormenti straziano il corpo della giovane, ma rinvigoriscono la sua anima. Agata viene condotta nuovamente nella sua cella. Nella notte la devota riceve una strana visita: un anziano uomo è giunto con dei medicamenti per curare il suo corpo. Agata rifiuta le cure, il suo martirio è l’ultimo atto d’amore verso il suo Sposo.

Ma l’anziano altri non è che l’apostolo Pietro, giunto per volontà di Dio.

Quando Pietro scompare nel buio da cui era venuto, le ferite presenti su tutto il corpo di Agata sono guarite.

Quinziano non accetta la sconfitta personale, non sopporta che il suo potere e la sua volontà vengano messi in discussione. Ordina di bruciare viva la fanciulla. Agata viene gettata sui tizzoni ardenti, il fuoco strazia la sua carne, ma il “velo di Sant’Agata” resta intatto. Nello stesso momento, un violento terremoto scuote Catania. Il crollo del palazzo pretorio colpisce i consiglieri del proconsole, Falconio e Silvano, coloro che avevano controfirmato la condanna di Quinziano.

Il proconsole riesce a fuggire, ma poco dopo resta annegato mentre tenta di attraversare il Simeto.

Agata muore il 5 febbraio del 251, assistita nell’agonia da una folla di catanesi.

Il suo corpo viene deposto dai fedeli in un sarcofago di pietra. Un fanciullo depone nel sepolcro l’ “elogio dell’angelo”, una tavola di marmo con la seguente iscrizione: “M. S. S. H. D. E. P. L.”, “Mente santa e spontanea, onore a Dio e liberazione della patria ”.

 

Il miracolo del Velo

Dopo un anno dal martirio di Agata, l’Etna minaccia Catania con una spaventosa eruzione. I cittadini decidono di portare in processione il velo di Agata per fermare la terribile colata lavica. Miracolosamente, il fiume di magma si arresta.

Tra inni e celebrazioni, Agata viene proclamata santa.

 

Il distacco ed il ritorno in patria delle reliquie

Nel 1040 la nave bizantina con a bordo le reliquie di Sant’Agata parte dalla marina catanese alla volta di Costantinopoli. Per 86 anni le sacre spoglie restano nella capitale dell’Impero Bizantino.

Nel 1126 i militari Giliberto e Goselmo sottraggono le spoglie della Santa per riportarle in patria. Dividono il corpo in 5 parti per meglio trasportarlo e si imbarcano alla volta della Puglia. Dopo aver lasciato una reliquia di Sant’Agata a Gallipoli (Lecce), si dirigono verso la Sicilia.

Il 17 agosto del 1126 gli abitanti del quartiere Ognuna di Catania sono svegliati nel cuore della notte dalle campane a festa; si riversano per strada con le camicie da notte, i piedi scalzi. La Santa è tornata.

 

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