GIULIO CESARE, IL PRIMO DITTATORE
DI ROMA
Gaio Giulio Cesare, conosciuto anche con i titoli "Divo
Giulio" e Padre della Patria, può senza dubbio essere considerato uno
dei più importanti protagonisti della storia antica.
Certamente a lui si deve il passaggio a Roma dalla forma
di governo repubblicana a quella imperiale, così come il consistente aumento
delle conquiste romane.
Nato nel 100 a. C. da Gaio Giulio Cesare il Vecchio (cognato
di Gaio Mario) e Aurelia Cotta, apparteneva alla Gens Iulia (tradizione
vuole che sia stata una delle gens originarie di Roma, discendente di Ascanio,
figlio di Enea).
Il giovane Cesare inizia ben presto la carriera politica;
sebbene proveniente da famiglia di nobili origini, Cesare deve contrarre
numerosi debiti prima di giungere a posizioni sociali di rilievo.
Dopo la morte del padre e di Mario, Cesare inizia l’ascesa
politica, schierandosi dalla parte dei populares (negli anni dal
91 all’88 a. C. Roma è impegnata nella guerra sociale che vede contrapposti
gli optimates, favorevoli all’aristocrazia, ai populares, sostenitori
della democrazia; gli uomini simbolo di questo conflitto sono Lucio Cornelio
Silla e Gaio Mario). Sposa Cornelia Cinna Minore, figlia di Lucio Cornelio
Cinna.
Dopo la battaglia di Porta Collina dell’82 a. C. Silla
è ormai il capo di Roma, il dittatore che vuole restaurare la repubblica;
inizia ad eliminare tutti coloro che si oppongono al potere aristocratico.
Cesare è costretto ad allontanarsi da Roma; si reca dapprima in Sabina,
poi in Asia, dove è legatus di Marco Minucio Termo.
In Asia Cesare si distingue per il suo coraggio,
tanto da conquistare la corona civica (secondo una riforma di Silla,
chi otteneva questo riconoscimento poteva entrare in Senato).
Dopo la fine della dittatura di Silla, Roma ritrova nel
governo consolare il normale equilibrio.
Nel 78 a. C., alla morte di Silla, Cesare rientra a Roma
dalla Cilicia (qui era stato al servizio di diversi comandanti romani).
La sua intelligenza politica lo porta a dedicarsi alla carriera politica
e forense, evitando di schierarsi per Marco Emilio Lepido e Gneo
Pompeo nella rivolta anti-sillana (Lepido chiedeva il reintegro degli
esiliati, la restituzione delle terre confiscate e dei poteri ai tribuni
plebis).
Con le accuse contro Gneo Cornelio Dorabella e Gaio Antonio
Ibrida, Cesare diventa un importante rappresentate dei populares.
L’esito dei due processi, costringe però l’accusatore ad allontanarsi nuovamente
da Roma.
Durante il viaggio verso Rodi, Cesare viene rapito dai
pirati; per trentotto giorni è tenuto prigioniero sull’isola di Farmacussa.
Una volta liberato, Cesare non esita a far uccidere i pirati ed a restituire
ai suoi compagni il denaro pagato per il riscatto.
Nel 72 a. C. Cesare rientra a Roma; viene eletto tribuno
militare e si impegna a favore della Lex Plotia (grazie alla
quale tutti coloro che avevano partecipato all’insurrezione anti-sillana
potevano rientrare in patria). La sua grande accortezza lo porta a proteggersi
da ogni possibile colpo di mano dei populares; sostiene infatti il
ripristino del poteri ai tribuni plebis (quello più importante, lo
ricordiamo, era sicuramente il diritto di veto). Nello stesso tempo stringe
forti legami con il brillante Pompeo ed il ricchissimo Crasso (che aveva
più volte finanziato le sue campagne elettorali).
Nel 69 a. C. Cesare è eletto questore. Nello stesso
anno ottiene numerosi consensi tra il popolo con i due elogi funebri per
la scomparsa della moglie Cornelia e della vedova di Gaio Mario.
Vota a favore di due importanti leggi che accrescono
enormemente il potere di Pompeo (al generale venivano assegnati poteri speciali
per debellare la pirateria nel Mediterraneo e per concludere gli scontri
contro Mitridate VI) e diviene nel 65 a. C. edile curule.
Due anni più tardi Cesare è eletto pontefice massimo.
La sua fine intelligenza politica intuisce perfettamente l’importanza di
diventare tutore del culto e del diritto di Roma. Proprio per questo non
esita a corrompere l’elettorato grazie all’ingente prestito di Crasso, superando
nell’elezione due validissimi esponenti degli optimates, Servilio
e Catulo. Nel 62 a. C. Cesare diventa pretore e si trasferisce nella
nuova abitazione sulla via Sacra.
Nello stesso periodo Cesare partecipa con molta probabilità
ai due tentativi di Catilina di eliminare la componente aristocratica
nel Senato (congiura di Catilina). Cesare viene scagionato da ogni accusa
e si schiera a difesa di Cetego e Lentulo.
Dopo lo scandalo che ha coinvolto la moglie Pompea
e Pulcro nelle celebrazioni alla Bona Dea, Cesare è nella
Hispania Ulterior in veste di pretore. Ottiene numerosi successi contro
i Lusitani e viene acclamato imperator dalle truppe. L’abile condottiero
abbandona il suo imperium per diventare console.
Il nuovo console si preoccupa a questo punto di trovare
importanti alleanze per continuare il suo sogno di potere. Svetonio ci racconta
nella sua De vita Caesarum che il Divo Giulio, vista la statua di
Alessandro Magno a Cadice, "si mise a piangere, quasi vergognandosi della
sua inettitudine. Pensava infatti di non aver fatto nulla di memorabile
all'età in cui Alessandro aveva già sottomesso il mondo intero".
Cesare comprende che è necessario allearsi con Pompeo,
il brillante generale che gode dell’appoggio dei suoi veterani e che ha
ottenuto numerose vittorie in Asia, e Crasso abile politico e ricco
finanziatore di tante imprese. Spinge i due uomini a superare le inimicizie
legate alla conclusione della rivolta di Spartaco, poiché da un triarcato
assoluto possono ottenere immense glorie e fortune.
Nel 60 a. C. Cesare, Crasso e Pompeo danno vita al
Primo Triumvirato. Nello stesso tempo vengono eletti consoli per l’anno
successivo Cesare e Marco Calpurnio Bibulo; Pompeo sposa Giulia,
figlia di Cesare.
Cesare agisce incontrastato per limitare il potere degli
optimates; Bibulo tenta in ogni modo di ostacolare la sua iniziativa, ma
Cesare riesce a far passare la legge per la distribuzione delle terre ai
veterani di Pompeo.
Bibulo abbandona la vita politica e Cesare è ormai libero
di iniziare la sua definitiva scalata al potere.
Vengono approvate alcune leggi per favorire l’ordine
equestre, nascono nuove colonie e si impone con una legge di pubblicare
gli acta consulta.
Il triumvirato porta a Cesare il proconsolato dell’Illiria,
della Gallia Cisalpina e della Narbonense; a sua disposizione ha inoltre
quattro legioni per incrementare il suo potere.
Nella Gallia Narbonense le legioni di Cesare sconfiggono
gli Elvezi (ai quali viene però concesso di ritornare nelle loro terre)
e i Germani di Ariovisto. Nel nord della Gallia Cesare riesce a sconfiggere
i Belgi e a conquistare l’intera Gallia Belgica. L’esercito romano si rivolge
a questo punto in Britannia, sconfiggendo i Veneti a Quiberon.
Nel 55 a. C. Cesare, preoccupato dell’avanzata dei Tencteri
e degli Usipeti lungo il confine del Reno, ordina l’uccisione dei loro ambasciatori
e la distruzione degli accampamenti.
L’anno successivo le legioni di Cesare sconfiggono i
Britanni di Cassivellauno e si spingono vittoriosi oltre il Tamigi.
Nel 53 a. C., con dieci legioni al suo seguito, Cesare
controlla le ribellioni dei Germani.
In Gallia, sconfitti gli Eburoni ed i Treviri, Cesare
si appresta a sedare la rivolta di Vercingetorige. Dopo numerosi
scontri e lunghi assedi, Vercingetorige viene definitivamente sconfitto
ad Alesia.
La Gallia è ormai diventata una provincia romana. Nel
frattempo Cesare aveva inoltre continuato a rinvigorire il potere del triumvirato.
Ma le morti di Giulia, figlia di Cesare e moglie di Pompeo,
e quella di Crasso, segnano il definitivo tramonto del triumvirato.
Pompeo mira ad accentrare nelle sue sole mani tutto il
potere; nel 52 a. C. diviene console "sine collega". Tenta di far approvare
alcune leggi che ostacolano il potere di Cesare, ma senza risultato. Cesare,
da parte sua, prova a stringere una nuova alleanza con Pompeo offrendogli
in moglie la nipote Ottavia. Gli intrighi orditi da Pompeo contro Cesare
conducono ad una precaria situazione di equilibrio; Cesare rifiuta di abbandonare
le sue legioni ed il governo della Gallia.
Lo scontro tra i due potenti uomini sembra ormai inevitabile;
Pompeo ottiene dal Senato il supremo comando delle truppe.
Nel 49 a. C. Cesare attraversa il Rubicone. A
Farsalo il difensore dei populares sconfigge definitivamente Pompeo e i
difensori delle istituzioni repubblicane. Pompeo fugge in Egitto e qui trova
la morte. Anche Cesare si reca in Egitto in veste di rappresentante di Roma;
la vista della testa di Pompeo provoca l’ira di Cesare che ordina l’uccisione
di Potino, consigliere di Tolomeo. Risolve la guerra civile d’Egitto
e contribuisce alla nomina di Cleopatra VI quale reggente unica.
In Africa Cesare sconfigge i pompeiani guidati da
Catone. Con la battaglia di Munda del 45 a. C. Cesare elimina
i figli di Pompeo e ogni aspirazione degli optimates.
Cesare può ormai celebrare i trionfi per tutte le sue
vittorie. Le truppe onorano il loro generale, il popolo festeggia il potere
del Divo Giulio.
Cesare è ormai diventato il dictator che controlla
da solo tutto il potere. A lui viene dedicato in senato un trono d’oro.
Statue con il suo volto vengono poste accanto a quelle degli antichi re
di Roma. A Cesare si concede di portare, come i re albani, i calzari rossi
e la veste trionfale. Al dictator viene donata un’abitazione sul Palatino;
da lui dipendono i magistrati delle province, vengono eretti templi in suo
onore, il giorno della sua nascita diventa festivo ed il mese Quintile diventa,
in suo onore, Luglio (da Julius).
Il dictator estende la cittadinanza romana ai Galli,
aumenta il numero dei senatori, dei questori, dei pretori e di tutte le
figure incaricate della gestione del potere (a lui spetta direttamente la
nomina di molti magistrati); riorganizza i municipi italiani; favorisce
la nascita di numerose opere architettoniche, come il Foro di Cesare, dispone
il censimento degli abitanti di Roma, fa realizzare monete d’oro con il
proprio ritratto; prepara nuove imprese militari per garantire la sicurezza
dell’impero ed aumentarne i confini; riorganizza l’esercito attraverso il
cursus honorum per i centurioni.
Nello stesso tempo Cesare attira su di sé l’odio di molti
pompeiani, degli optimates preoccupati della loro posizione, dei nemici
sconfitti dalla sua forza.
Nel 44 a. C. i nuovi consoli sono Cesare e Marco Antonio.
Marco Giunio Bruto e Gaio Cassio Longino sono i nuovi pretori,
loro che un tempo erano stati sostenitori di Pompeo.
I nemici di Cesare pianificano la loro vendetta, approfittando
della clemenza del dictator. Temono che, una volta sconfitti i Parti, Cesare
diventi Re incontrastato delle province e poi di Roma.
Cassio Longino riunisce intorno a sé molti congiurati
pronti a destituire il tiranno. M. Giunio Bruto è a capo della congiura.
Il 15 marzo del 44 a. C., durante le Idi di marzo,
Cesare si reca all’assemblea del senato, incurante dei cattivi presagi e
di strani sogni.
Nella Curia i congiurati si avvicinano a Cesare con alcune
suppliche. In breve tempo le parole dei congiurati lasciano spazio alle
armi, alle lame, ai rancori. Anche Giunio Bruto, l’uomo che Cesare stima
come un figlio, colpisce il corpo martoriato dell’imperatore.
Con la morte di Cesare alcuni credono di porre fine alla
tirannide. Le rivalità e le ambizioni della classe senatoria aristocratica
mal sopportano il nuovo ordine stabilito da Cesare.
Ma le libertà repubblicane sono ormai tramontate da tempo.
Le monarchie di fatto di Silla e di Pompeo dimostrano che questa è la nuova
forma di governo. A Cesare va certamente riconosciuto il merito, al di là
dei numerosi successi militari e politici, di aver dato vita ad un nuovo
ordine sociale capace di trovare nel benessere dei cittadini e nella grandezza
dello Stato la sua più grande forza.