Fontane di Roma
di Mauro Navarra e Giuseppe
Vogelsang
Un "nasone",
getto perpetuo, scroscio incessante e generoso, vivo, uno dei tantissimi
puntigliosamente e democraticamente disseminati in ogni angolo della
metropoli; una "banale" fontanella, abituale presenza per i
nostri occhi, pronta però a regalarci, quando vogliamo, ristoro e piacere…
Quante volte l’abbiamo
bramato e rimpianto, lontani da Roma, in un’assetata ed estenuante
ricerca vana di una fontana che non c’è.
L’acqua è vita!…
E la nostra città,
anche in questo è davvero "sprizzante".
In uno scenario ricco di
tutto, ben 1.500 punti d’acqua (circa) tra fonti, fontane, fontanine,
fontanili, abbeveratoi (questi ultimi in via di estinzione), oltre gli
innumerevoli "nasoni", costituiscono un patrimonio prezioso, un
record difficile da eguagliare per altre città.
Ma l’acqua qui è
anche arte!
Piazze grandi e piccole,
scalinate, angoli, salite e larghi accolgono quasi sempre statue, marmi,
vasche, bronzi; architetture e forme indissolubilmente sposate ai propri
spruzzi, zampilli e veli d’acqua; con esse si completano ed integrano
costruendo e costituendo così geometrie architettoniche, spazi e
prospettive dall’identità specifica, s’impreziosiscono regalandoci,
ora con irruenti ed assordanti scrosci, ora con melodici gorgoglii avvolti
nell’umido silenzio degli angoli solitari, atmosfere particolari,
emozionanti.
Cristalli limpidi,
specchi colorati, veli iridescenti, lastre intrise e lucide, muschi,
frescura e odori tutto si mescola in una festa delle meraviglie.
Artisti come DELLA
PORTA, LOMBARDI, BERNINI (alcuni tra i principali) hanno firmato gli
infiniti piccoli lidi che da sempre colmano e soddisfano gli sguardi dei
fortunati avventori del centro, perduti tra vicoli e scorci, raminghi,
ipnotizzati, sospesi tra terrazze e selciato.
L’acqua infine è
storia e cultura!….
Duemila anni di
ingegneria ed architettura idraulica, maturati sotto lo stimolo della sete
e la consapevolezza di un’economia dipendente dalle risorse idriche, ci
hanno consegnato decine di chilometri di opere idrauliche, di filari di
archi e muri che a tutt’oggi solcano rendendola unica, la nostra
campagna romana.
Innumerevoli Acque
(FELICE, VERGINE, LANCISIANA, MARCIA, solo per citarne alcune) dai nomi
più o meno noti a noi romani, legati spesso ai personaggi storici che ne
hanno segnato l’esistenza, ci accompagnano nelle nostre splendide
passeggiate disseminate di ruderi regalandoci quell’identità culturale
in cui sentirci radicati. Un patrimonio di vita e salute, arte, storia e
cultura quotidianamente sotto i nostri occhi, forse un po’ troppo
distratti per coglierne profondamente e completamente il valore.
L’abbondanza d’acqua che
caratterizza in modo peculiare la capitale (tale da farci dimenticare l’emergenza
nazionale e mondiale) ha motivi antichi e diversificati che possono comunque
essere ricondotti, sintetizzando, alla illuminata e lungimirante politica dei
nostri antenati (romani e pontefici) e ad una naturale e miracolosa presenza,
nel circondario provinciale, di una miriade di ottime sorgenti.
Una rete di distribuzione
idrica "moderna", già 2000 anni fa garantiva la preziosa presenza nei
settori nevralgici della città dando un contributo specifico alla costruzione
della grandezza di Roma; d’altro lato una puntuale opera di manutenzione,
ristrutturazione ed ampliamento degli impianti veniva attuata da una lunga
sequenza di Pontefici, attenti, oltre tutto, ad arricchire la vitalità dell’acqua
con la commissione di opere architettoniche ed artistiche con cui incorniciare
ed impreziosire gli innumerevoli sbocchi cittadini.
Immergendoci in un breve
viaggio nelle acque di Roma occorre sapere, prima di iniziare, che ad ogni
acquedotto veniva, ed ancora oggi viene, attribuito il nome dell’acqua che lo
attraversa e che quest’ultimo discendeva dal costruttore (Acqua Appia, Marcia,
Giulia, Claudia, Traiana, Alessandrina), dalle caratteristiche biochimiche
(Acqua Tepula) o magari da leggende che ne circondano la storia (Acqua vergine).
Il più antico (Acqua Appia)
fu costruito nel 312 A.C. da Appio Claudio Crasso sfruttando le sorgenti
esistenti presso il 14° chilometro della via Prenestina e terminava, dopo un
percorso di 16,5 chilometri, nella piscina limaria sita ad Spem Veterem (oggi
Porta Maggiore) per iniziare da lì la capillare distribuzione in città; non
lontano dalle precedenti sorgenti si trovano quelle dell’Acqua
Alessandrina, il cui acquedotto, traversata la zona est-sud-est della città
(sono visibili ancora le sue tracce) giungeva ad Spem Veterem dopo un percorso
di 22 chilometri; costruito nel 226 D.C. da Alessandro Severo, da cui prese il
nome, subì, come altri una parziale distruzione durante gli assedi patiti da
Roma ; i suoi resti furono riutilizzati nel 1586, su iniziativa di Felice
Peretti – Papa Sisto V, per costruirne uno nuovo, alimentato dalle stesse
sorgenti, che in suo onore, acquisì anche il nome di Acquedotto Felice.
Scendendo più a sud, in
prossimità delle pendici del Tuscolo, tra Grottaferrata e Marino, troviamo le
sorgenti dell’Acqua Tepula (acqua tiepida con temperature superiori
alla media); realizzato nel 125 A.C., venne demolito e ricostruito (Nuova
Tepula) nel 33 A.C. da Agrippa per essere accoppiato a quello dell’Acqua
Giulia a cui rimase legato per storia e percorso; quest’ultimo venne
costruito, infatti, nel 33 A.C., sempre da Agrippa partendo da sorgenti distanti
solo 3 chilometri dalle precedenti (più a monte verso Squarciarelli); le due
acque, dopo un primo tratto, venivano mescolate in una piscina limaria per
raggiungere così una temperatura intermedia, quindi, venivano convogliate in
due condotti sovrapposti, che, nella tratta finale, poggiavano sulle strutture
esistenti dell’Appia fino a giungere nell’Urbe; Agrippa lo realizzò in
onore di Gens Julia di qui il nome dell’acquedotto.
Un’altra zona cruciale per
la fornitura idrica è quella che si estende lungo il percorso dell’Aniene,
qui troviamo, partendo da Roma, le seguenti sorgenti: per prime quelle dell’Anio
Vetus (tra Vicovaro e Mandela) poi, più a monte, dell’Acqua Marcia (alle
pendici dei Simbruini tra Agosta ed Arsoli), quindi dell’Appia Claudia
ed infine, ancora più a monte, quelle dell’Anio
Novus.
Il primo,
costruito tra il 272 e il 269 A.C., iniziava da uno sbarramento artificiale
purificatore del fiume Aniene e alla necessità di distinguerlo dall’omonimo
successivo (Anio Novus).
Il secondo
fu realizzato da Quinto Marcio Re nel 130 A.C., e venne subito apprezzato per la
qualità purissima dell’acqua; nasceva da un alveo artificiale dove affluivano
le sorgenti, quindi giungeva a Roma, prima nella piscina limaria dell’attuale
Capannelle, poi supportato (primo in questo) da un viadotto ad arco continuo, a
Porta Maggiore, per la successiva distribuzione. Dopo varie ristrutturazioni
ebbe una sistemazione definitiva grazie a Papa Pio IX che costituì a tale scopo
una S.p.A. (Società anonima dell’Acqua Marcia) e portò a termine nel 1870 i
lavori fino all’inaugurazione della fontana monumentale sita a Termini (oggi
Fontana delle Naiadi a Piazza Esedra.).
Il terzo
raccoglieva le acque di un gruppo sorgivo presente nello stesso circondario e le
trasportava, con un canale lungo 46 chilometri nell’Urbe, in parte con
percorso sotterraneo, in parte su viadotto ad archi continui (da Capannelle fino
al centro urbano). Progettato da Caligola fu realizzato da Claudio, da cui prese
il nome, nel 52 D.C..
Il quarto veniva in un primo
tempo alimentato direttamente dall’Aniene, successivamente dall’acqua del
fiume che fluiva, dopo aver subito tre successivi passaggi in altrettanti laghi
artificiali posti a quote diverse (Laghi Simbruini); i lavori di realizzazione
vennero iniziati 38 D.C. da Caligola e ultimati da Claudio nel 52 D.C.; dopo 49
chilometri di canale sotterraneo arrivava in superficie e, una volta raggiunta
la piscina limaria di Capannelle, giungeva a Spem Veterem con una tubatura
sovrapposta a quella della Claudia e sistemata assieme all’altra, su un
viadotto ad arco continuo.
Ricordiamo poi le sorgenti
originate dal Lago Alsietinus (oggi lago di Martignano) da cui il nome Acqua
Alsietina, che confluiva in un acquedotto lungo 22 chilometri costruito da
Augusto, nel 2 a.C., per dissetare (fu il primo in questo) la regione
transtiberina; quindi l’Acqua Traiana rinominata Paola o Traiana
Paola, che raccoglieva acque dal gruppo sorgivo situato tra Oriolo e Bassano
e traversata la periferia, finiva in una grande mostra presso Porta Aurelia;
programmato da Traiano venne realizzato nel 109 d.C.; si sviluppava su una
distanza di 46 chilometri e contribuiva consistentemente anch’esso all’approvvigionamento
delle zone oltre il Tevere; venne ristrutturato da Paolo V (da cui il nome) che
ne aumentò la portata, creò un ramo ad uso esclusivo del Vaticano e portò
quello principale a concludersi a porta San Pancrazio, dove finiva con una
mirabile mostra (oggi Fontanone).
Ultimo da seguire (il più
importante) è quello dell’Acqua Vergine che trae origine da
sorgenti site nei pressi di Salone non lontano da quelle dell’Appia ed ha,
intorno a se, due grandi motivi di interesse: l’origine del nome e la
grandezza ingegneristica. Il primo è avvolto dal fascino del mistero e della
leggenda che lo fa risalire ad una vergine la quale suggerì, seguendo il suo
intuito, l’esatta ubicazione delle sorgenti. Il secondo ci fa scoprire una
costruzione imponente e perfetta che, realizzata da Agrippa per soddisfare le
necessità del "Campo Marzio", pur non avendo resti di
superficie degni di nota, fornisce ancora oggi, senza aver subito grandi
stravolgimenti, una vasta utenza del centro storico costituita tra le altre, da
tutte le imponenti e grandiose fontane di questa zona (Piazza Navona, Barcaccia,
Terrina etc…) prima fra tutte la mirabile Mostra della Fontana di Trevi.
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