GRAZIA DELEDDA
PREMIO NOBEL PER LA LETTERATURA 1926
Grazia Deledda nasce nel
1876 nella periferica Nuoro.
Figlia di una famiglia borghese
(il padre, Giovanni Antonio, proprietario terriero, si dilettava di poesia
dialettale), la giovane Deledda inizia giovanissima a mostrare la sua inclinazione
artistica. Terminata la scuola primaria, secondo la consuetudine del tempo
riservate alle ragazze, continua lo studio delle lingue italiana e francese
e trova nella vasta biblioteca paterna e nelle discussioni culturali e sociali
della stampa periodica sarda dell’epoca ulteriori stimoli per approfondire
la propria formazione.
All’età di quindici anni
la Deledda pubblica la prima novella; poco dopo, inizia a collaborare
con la rivista di Epaminonda Provaglio “Ultima moda”. Continua
a collaborare con altri giornali attraverso novelle a puntate. Intanto il
suo stile diventa più personale, attento a descrivere i luoghi della sua
terra ed i personaggi secondo una linea che, seppur tendente al verismo
di quegli anni, porta ad un regionalismo marcato. Nel 1892 esce il primo
romanzo della giovanissima scrittrice, Fior di Sardegna.
Nel 1900 sposa il funzionario
ministeriale Palmiro Madesani e si trasferisce definitivamente a Roma.
Proprio nella capitale la scrittrice da alle stampe uno dei suoi capolavori,
Elias Portolu. Continua inoltre la collaborazione con le riviste
“Nuova Antologia”, Piccola rivista e “La Sardegna”. A Roma entra in contatto
con diversi esponenti della letteratura e della pittura italiani.
Nel 1904 esce il romanzo
Cenere (nel 1916 Febo Mari ed Eleonora Duse hanno tratto dal romanzo
l’omonimo film); qui, come in molte altre opere della scrittrice, l’aspra
terra sarda diventa il teatro ideale per la “tragedia classica”
dei drammi umani che, con forme sempre diverse, si ripetono lungo tutta
la storia dell’umanità. Ecco che la il paesaggio selvaggio della Sardegna
diventa il luogo ideale per “scavare sempre più nelle anime” (Petronio),
per schematizzare il conflitto tra bene e male di uomini che si muovono
tra fantasie e feroci passioni, di “uomini che hanno ancora
bisogno di combattere, e commettono le grassazioni, le rapine, le bardanas,
non per fare del male, ma per spiegare in qualche modo la loro forza e la
loro abilità» (Deledda).
Le opere della Deledda seguono
una linea del tutto personale, secondo uno stile che, seppur riconducibile
al Verismo ed al particolare Decadentismo dannunziano del ‘900, tenta una
via moderna ed italiana ad un genere d’importazione, il romanzo, attingendo
a piene mani al melodramma ed al novellare orale.
Ne deriva un realismo
che gioca con tutto ciò che lo contraddice: magia e religione,
sul piano degli eventi, hanno un peso non inferiore alle cause sociali.
La lingua, in particolare,
trova nella cultura sarda precisi elementi estetici per creare un senso
del tutto particolare. La vivacità della comunicazione orale sarda, il repertorio
di usi e tradizioni, lo sfondo antropologico che accompagna tutti i protagonisti
delle opere deleddiane (tra la fine dell’800 ed i primi anni del nuovo secolo,
la Deledda collabora attivamente con Angelo De Gubertis alle riviste
Natura ed Arte e Rivista delle tradizioni popolari italiane),
portano ad una nuova letteratura sarda in lingua italiana, e non certo ad
un esempio della letteratura italiana.
Seppur certa critica ha
tenuto in ombra le capacità della scrittrice, le sue opere hanno trovavano
in Luigi Capuana e Ruggero Bonghi ampi consensi. A lei va certamente attribuito
il merito di aver messo in comunicazione due mondi letterari e linguistici
molto diversi, quello sardo e quello italiano, senza mai rinunciare alla
propria identità.
Nel 1926 Grazia Deledda
ha ricevuto il Premio Nobel per la Letteratura per la capacità di
aver reso con la sua opera, non solo il quadro di vita della sua isola nativa,
ma anche i problemi umani in generale.
Grazia Deledda scompare
a Roma nel 1936.
Opere principali di Grazia
Deledda
-
Stella d’Oriente (1890,
pubblicato con lo pseudonimo Saint Ismail)
-
Le vie del male (1892)
-
Anime oneste (1895)
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L’ospite (1897, raccolta
di novelle)
-
Elias Portolu (1903)
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Nostalgia (1905)
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Nel deserto (1911)
-
Canne al vento (1913)
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La madre (1920)
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La Grazia (1921, libretto
d’opera)
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Il sigillo d’amore (1926)
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Il Paese del vento (1931)
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La chiesa della solitudine
(1936)
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Cosima (1937, opera
postuma)
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