ABBAZIA
DI MONTEOLIVETO
Nella provincia di Siena,
sopra un’altura di 273 metri s.l.m. si trova l’Abbazia di Monteoliveto;
costruita nel 1319 da Giovanni (Bernardo) Tolomei, da Ambrogio Piccolomini
e da Patrizio Patrizi; è occupata dalla famiglia dei Benedettini la cui
regola: "Ora et Labora" fu confermata da Clemente VI nel 1344.
E’ una Abbazia molto particolare
per la presenza, nel chiostro grande, di un importante ciclo d’affreschi
- con storie di S. Benedetto - dovuti a Luca Signorelli che, nel 1497, dipinse
tutta la parete d’ingresso e a Giovanni Antonio Bazzi detto "il Sodoma"
che completò le altre tre pareti nel brevissimo tempo di tre anni a partire
dal 1505: anno in cui al Signorelli fu commissionato di dipingere il Duomo
di Orvieto.
Due artisti completamente
diversi nel carattere e nelle opere; il Signorelli, dal carattere pacato,
distaccato come i grandi pittori dell’epoca; eccentrico, lunatico, vendicativo
e dispettoso il Sodoma; diversità queste che si confrontano negli affreschi
dell’Abbazia di Monteoliveto dove l’impronta di austerità del Signorelli
quasi è di contrasto con la vitalità e la vivacità che il Sodoma (tale nome
deriva dal fatto che Sodoma era di Vercelli e ripeteva spesso ai suoi collaboratori:
"S’doma" "Muovetevi" per sollecitarli nel lavoro e con il passare del tempo
e con il ripetersi della parola diventò Sodoma; nome che gli rimase ad identificarlo)
seppe imprimere alla sua pittura.
Nell’ammirare gli affreschi
che narrano la storia di S. Benedetto che da giovane (1° affresco) parte,
a cavallo, da Norcia alla volta di Roma, si rimane colpiti dalla personalità
del Sodoma, un personaggio non molto facile, abbastanza eccentrico che si
dipinge sempre in primo piano mettendo addirittura S. Benedetto di lato;
un personaggio speciale, ma anche divertente tanto da dipingere qua e là
dei particolari curiosi frutto di certe litigate tra lui e l’Abate che gli
aveva commissionato il lavoro.
Per esempio in un affresco
il Sodoma ha dipinto un cavallo senza le zampe anteriori; è questo uno dei
primi dispetti che l’insigne pittore decise di fare all’Abate per divergenza
di opinioni; poi fecero la pace ma, intanto, il dispetto rimase immortalato;
proseguendo nell’ammirare gli affreschi se ne incontrano altri a testimonianza
di scontri più o meno rilevanti tra i due.
Come quello in cui il Sodoma
ha nascosto, sotto le vesti, quasi tutte le mani ai monaci perché avendo
chiesto una retribuzione più consistente per la sua prestazione ed avendo
ricevuto in cambio un netto diniego dall’Abate per necessità di risparmio,
il Sodoma decise anche lui di risparmiare ed essendo le mani il motivo più
difficile e laborioso da eseguire in un affresco, il pittore si adeguò,
a suo modo, al risparmio.
Negli affreschi che esaltano
la vita e i miracoli di S. Benedetto emerge molto spesso la tentazione che
mette a dura prova sia la tenacia del Santo sia degli altri personaggi raffigurati
come ad esempio nel dipinto in cui S. Benedetto prende l’abito religioso
e lo si vede – da eremita – davanti alla grotta dove abiterà solitario in
preghiera; sopra la grotta c’è il diavolo, che rappresenta il male, ed è
raffigurato con una pietra in mano nel tentativo di rompere la campanella
che veniva adoperata per avvertire S. Benedetto dell’arrivo del cibo, calato
nella grotta da un altro eremita; è questo l’episodio in cui S. Benedetto
farà il suo primo digiuno perché non sentendo più suonare la campanella
non si prodigherà a recuperare il cibo.
La fama di S, Benedetto di
essere un personaggio severo e poco accomodante fa sì che gli eremiti che
vivono con lui non siano molto contenti della situazione e costatato che
la vita con lui è tutt’altro che facile, tenteranno di ucciderlo, come si
vede nell’affresco in cui un eremita porge un bicchiere di vino avvelenato
a S. Benedetto ma il Santo si fa il segno della croce, il bicchiere si spezza
ed il liquido si rovescia senza che S. Benedetto possa assaggiarlo; la cosa
strana e divertente è che gli eremiti sono dotati di grossi nasi: Sodoma
ha dipinto gli eremiti con le sembianze degli abati del suo tempo fornendoli,
però, di un naso un po’ più grande del normale quasi volesse allegoricamente
prenderli in giro.
L’affresco considerato più
bello è quello in cui compaiono personaggi importanti: San Benedetto con
la barba, poi c’è Leonardo da Vinci, quello con il cappello è Raffaello,
quello dietro San Benedetto. è Luca Signorelli - il pittore autore degli
affreschi del primo lato -, quello davanti è Lorenzo il Magnifico…; sullo
sfondo una veduta di Roma: un arco e i cavalieri che irrompono dando forza
alla scena principale che tratta di due giovani romani Mauro e Placido che
seguiranno San Benedetto facendosi monaci; Mauro e Placido si incontreranno
poi in un altro affresco quello in cui i due personaggi, che adesso sono
grandi, si sono fatti monaci e uno dei due sta per affogare, è caduto in
acqua e sta per morire e San Benedetto che ha la facoltà di vedere tutto,
fa il miracolo di mandargli il fratello a salvarlo.
Un altro elemento importante
negli affreschi della vita e dei miracoli di San Benedetto è l’esorcismo:
il diavolo si è impossessato di un monaco tenendolo per le vesti e cerca
di portarlo fuori del monastero e San Benedetto lo esorcizza e frusta a
sangue il monaco facendo fuggire il diavolo; questo è uno degli affreschi
più violenti.
Gli affreschi della storia
di San Benedetto riservano ancora molte sorprese: San Benedetto era un uomo
molto duro, molto forte e si faceva molte inimicizie; in un affresco è narrato
l’episodio in cui tentano ancora di ammazzarlo; questa volta è addirittura
un prete di nome Florenzo che porge un panino, ancora una volta avvelenato,
ma prima che San Benedetto lo mangi un corvo lo becca e muore.
Padre Florenzo non si fermò
qui e mandò delle prostitute al monastero per tentare San Benedetto e qui
il Sodoma, con la sua pittura, dà una sua interpretazione personale: dipinge
le donne come due Veneri e il Vasari asserisce che le avesse fatte nude
tenendo i dipinti sempre coperti, mentre le dipingeva; quando, alla fine
del lavoro, chiamò a raccolta i monaci e scoprì l’affresco i monaci furono
spiacevolmente sorpresi ordinandogli di ricoprire le nudità. Tutto questo
è solo una maldicenza del Vasari perché tra lui e il Sodoma non correva
buon sangue, infatti, con strumenti e tecnologie alcuni esperti sono riusciti
a vedere se sotto le vesti di queste donne c’erano tracce di dipinti ma
non hanno trovato niente: le due donne erano state dipinte vestite fin dall’inizio.
Per sapere come finisce la
storia di Florenzo basta proseguire nella visita dove in un affresco è dipinta
la sua fine: rimane sepolto sotto le macerie e muore e i diavoli, dipinti
in alto, portano via l’anima maledetta.
L’affresco capolavoro del
Signorelli è quello dove due monaci che erano usciti dal monastero senza
permesso ed erano andati all’osteria a mangiare, si pentono del loro operato
e tornano al monastero; San Benedetto sa per filo e per segno quello che
loro avevano fatto e nell’affresco i monaci sono inginocchiati davanti al
Santo per pentirsi.
Interessante è l’affresco
che mostra la storia del Re Totila che vuole conoscere San Benedetto e manda
a parlare con lui uno scudiero vestito come un Re per vedere se il Santo
si accorge della sostituzione; nell’affresco lo scudiero è inginocchiato
fino a terra mentre Totila - che è il vero Re -gli sta accanto (solo i servi
si inginocchiano, i Re non si inginocchiano mai) ma lo sguardo di San Benedetto
è tale da aver capito l’imbroglio; dietro a Totila una sua guardia del corpo
tiene stretto un pugnale pronto ad intervenire per difendere il Re.
Un affresco curioso è quello
in cui sono dipinti i monaci veri dell’epoca: un monaco ruba un panino ad
un altro monaco e quest’ultimo se ne accorge e tenta di riprendersi il suo
panino; un altro monaco arriva, si accorge della scena e gli ridono gli
occhi stando attento a non farsi accorgere da San Benedetto che scruta che
tutto sia fatto per bene; nell’affresco sono dipinti anche un cane e un
gatto; è questa una piccola allusione che il Sodoma ha dedicato ai monaci
che sono come cani e gatti.
Il Sodoma ha lavorato nell’Abbazia
di Monteoliveto per tre anni circa e si dice che abbia sudato le proverbiali
sette camicie e quindi lui ha dipinto la settima camicia nell’ultimo affresco
e l’ha messa lì ad asciugare; è l’affresco in cui si vede San Benedetto
che fa l’ultimo miracolo: scioglie con lo sguardo un contadino che era stato
imprigionato ed essendo l’ultimo affresco – quindi la fine del suo lavoro
- il Sodoma stende la proverbiale settima ed ultima camicia ad un filo teso
lassù in un angolo dell’affresco; è questo l’ultimo dispetto fatto ai monaci.
Negli affreschi non commentati
si raccontano le regole a cui i monaci si devono attenere nel monastero,
le regole devono essere rispettate: tale rigidità fa sì che ogni tanto dei
monaci scappino dal monastero e trovino nel cammino un essere mostruoso
che è il peccato che li fa pentire e ritornare indietro sui loro passi.
Nell’abbazia di Monteoliveto,
oltre agli affreschi, pregevoli sono anche il coro ligneo e la biblioteca,
entrambi opere di Fra Giovanni da Verona che ha lavorato nell’Abbazia nello
stesso periodo di Sodoma influenzandosi a vicenda, infatti, il colonnato
realizzato nella biblioteca ricorda molto il colonnato che si vede in uno
degli affreschi realizzati dal pittore.
Una delle funzioni più vecchie
dell’Abbazia era quella del ricovero ospedaliero.
La Via Francigena che passava
vicino all’Abbazia era percorsa da viandanti che potevano fermarsi per trovare
riparo, conforto, giaciglio, ristoro ed anche cura di malattie e acquisto
di medicinali.
Era il primo luogo di ricovero
per eccellenza come ospedale e, tra le attività dei monaci vi era anche
la preparazione di infusi, decotti, liquori,…attività che permane tuttora
e che consente ai visitatori l’acquisto di prodotti del tutto speciali.
Diana Onni
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