Grecìa Salentina
Storia
L’isola grikofona
della Grecìa Salentina è un ristretto lembo di terra della provincia di
Lecce e comprende attualmente nove comuni: Calimera,
Castrignano Dei Greci, Corigliano d’Otranto, Martano, Martignano,
Melpignano, Soleto, Sternatia e Zollino. Le origini storiche sarebbero da
collocare nel periodo magno greco (secondo gli studi di Niebhur e Rohlfs)
oppure in quello bizantino (De Blasi e Morosi). Molto probabilmente, ad
un originario nucleo magno greco seguirono nuove ondate migratorie dalla
Grecia.
Niebhur e Rohlfs
sostengono che la Grecìa Salentina faceva parte della Magna Grecia (Megale
Ellas), insieme a gran parte della Puglia, della Sicilia e della Calabria.
Secondo alcune
fonti romane i Cretesi, dopo aver fondato la città d’Oria, attraversarono
l’intera Puglia fino alle estreme coste ioniche, prendendo il nome di Salentini
(gente del mare).
Dopo vari tentativi
di arrestare l’avanzata degli eserciti romani, con la sconfitta di Pirro
nel 275 a.C. (presso Benevento) si ebbe la definitiva conquista del Meridione
d’Italia da parte dei Romani. Nel 476 d.C., caduto l’Impero Romano d’Occidente,
i Bizantini subentrarono ai Romani.
In seguito
al conflitto greco-gotico (535-553), l’imperatore bizantino Giustiniano
mise in atto la “Reustaratio Imperii”, unificando in tal modo l’Impero Romano
d’Oriente e quello d’Occidente. Nel 569 la parte di Terra d’Otranto compresa
tra Lecce e Capo di Leuca fu assegnata a Costantinopoli.
Le migrazioni
dalla Grecia proseguirono nei secoli IX, X e XI.
Ai Bizantini
seguirono i Longobardi, i Normanni e gli Svevi. Nuove ondate migratorie
dalla Grecia si ebbero nel XIII sec.
Nel secolo
XVI il clero greco perdette gran parte del suo potere, sopravvivendo nel
Salento solo nelle zone comprese tra Otranto, Gallipoli, Nardò e Calimera.
In seguito
alle devastazioni operate dai Turchi in Terra d’Otranto (brutali decapitazioni,
saccheggi e incendi di chiese latine e greche, deportazione di schiavi in
Oriente), il Meridione d’Italia subì un duro colpo.
Nel XVII fu
definitivamente abolito il rito religioso greco in Terra d’Otranto.
Nei primi anni
del 1800 l’idioma greco sopravviveva ormai in soli tredici comuni.
Il rito religioso
Il
rito religioso greco scomparve definitivamente dal Salento nel XII secolo
(alcuni documenti testimoniano l’uso nel paese di Zollino fino al 1688).
Fu introdotto
con molta probabilità in Puglia nel VI secolo d.C. da Giustiniano, ma ebbe
il periodo di maggior diffusione in seguito alla venuta dei monaci basiliani.
A partire dall’VIII
secolo, il cosiddeto movimento pauliciano oppose, con vere e proprie guerre
di religione, gli “iconoclasti” (distruttori d’immagini sacre) agli “iconoduli”
(difensori delle immagini sacre), accusando quest’ultimi d’idolatria e costringendoli
a cercare scampo in luoghi più ospitali (le lotte cessarono nell’843).
I monaci che
seguivano la Regola di San Basilio trovarono scampo in Puglia, Calabria
e Sicilia; soprattutto nel Salento, trovarono favorevoli condizioni per
la costruzione delle Laure, i tipici rifugi naturali adibiti ad abitazione
e luogo di culto.
Le differenze
tra l’antico rito cristiano greco e quello gregoriano sono principalmente
di natura teologica e filosofica. I monaci basiliani non praticavano un
monachesimo stanziale, vivevano in completa autonomia, s’isolavano nella
meditazione e nella preghiera (gli anacoreti) oppure si riunivano in piccoli
gruppi nel cenobio (da koinòs, comune).
Il Concilio
di Trento (1542-1563) inziò un processo d’eliminazione del clero bizantino:
furono distrutti i Codici, i libri liturgici e le chiese.
Architettura
e monumenti
Le
caratteristiche abitazioni greco-salentine sono costituite da un portale
utile a separarle dalla strada, un cortile che immette in uno spazio usato
da più famiglie (avlé, corte), un pozzo comune, il giardino, gli ovili e
i pollai. Le abitazioni sono sempre a piano terra ed in pietra leccese,
i soffitti in muratura del tipo “a volta”, “a botte” oppure “a stella”.
Tra i monumenti
principali del periodo greco-bizantino ricordiamo la Chiesetta bizantina
di San Pietro ad Otranto, la cripta della Cattedrale d’Otranto, la pietra
della fertilità nella Chiesa di San Vito a Calimera, le grotte scavate dai
monaci basiliani ed adattate a luoghi di preghiera e abitazioni (le Laure),
la cripta bizantina di S. Onofrio (VI sec. d.C.) a Castrignano dei Greci,
quella di Santo Stefano a Poggiardo, la zona denominata “Pozzelle”, una
naturale depressione del terreno dove sono presenti le cisterne per la raccolta
delle acque, presente in più paesi.
La lingua grika
IL GRIKO
Nell’area della Grecìa Salentina si parla un dialetto chiamato griko
o grecanico. Dopo le numerose distruzioni di documenti e l’abolizione del
rito greco a partire dal XVII, la lingua grecanica è vissuta fino alla seconda
metà del 1900 come idioma della classe contadina.
Dal 1970 ai giorni nostri si sta provvedendo alla raccolta di canti e
poesie, registrazione diretta su supporti audiovisivi di racconti e conversazioni,
catalogazione del lessico, corsi di griko nelle scuole elementari ed in
altri istituti culturali.
Riportiamo di seguito un
canto tradizionale della Grecìa Salentina.
Aremu rindeneddha-mu
Aremu rindeneddha-mu
a putte ‘stei
pu’stazzi
pea talassa se
guaddhi
me to kalò ccerò.
Aspro vastà to
petto
mavre vastà tes
ale
stavrì kulor
de mare
ce i cuta is
dio anittì.
Casimmeno ambrò
‘si talassa
ivò se canonò
lio asconnese,
lio calei
lio, nghizzi
to nerò.
Aremu pea paissia
peu topu echi
diavemmena
pu en’echi ghenomena
ti foddea isù.
An ‘ssera ti
diaviche
apu ciartea ‘ssema
ca possa pramata
‘sena
su rrotò-nna
mu pì.
Ma ‘su tipoti
mu ‘lei
iai posso se
rrotò
lio asconnese,
lio calei
lio nghizzi to
nerò.
Sa rrotò-nna
‘tti mana-mu
pu é tosso akapimmeni
pu echi tosso
ca me meni
na staso na me
tì.
Sa rrotò-nna
‘tto ciuri-mu
azze òli tin
ghietonià,
an iche tin omilia
possa iche na
mu pì.
Ma ‘su tipoti
mu ‘lei
iai posso se
rrotò,
lio asconnese,
lio calei,
lio ‘nghizzi
to nerò.
Risposta del
padre
puna chasune
i studi
Me ola ta kartia
mu mavrise tospiti
ce puru ti cardia.
|
Chissà mia rondinella
Chissà mia rondinella
da dove stai arrivando
quale mare hai attraversato
con questo bel tempo.
Bianco hai il petto
nere hai le ali
il dorso color del
mare
e la coda in due
hai divisa.
Seduto vicino al
mare
io ti guardo
un po’ ti levi,
un po’ ti abbassi
un po’ sfiori l’acqua.
Chissà quali paesi
quali luoghi hai
attraversato
dove hai costruito
il nido tuo.
Se avessi saputo
che passavi
vicino alla mia
terra
quante cose
ti chiederei di
dirmi.
Ma tu nulla mi dici
per quanto io ti
domandi
un poco ti levi,
un po’ ti cali
un po’ sfiori l’acqua.
Ti domanderei di
mia madre
che è tanto amata
che è da tanto che
mi aspetta
che io giunga per
vedermi.
Ti domanderei di
mio padre
di tutto il vicinato,
se avessi la parola
quante cose avresti
da dirmi.
Ma tu niente mi
dici
per quanto io ti
domandi,
un po’ ti levi,
un po’ ti cali
un po’ sfiori l’acqua.
Risposta del
padre
che si perdano gli
studi
con tutte le carte
mi si è oscurata
la casa
e anche il cuore.
|
(Testo di Giannino Aprile, Calimera, primi anni del ‘900)
|