GIACOMO LEOPARDI
Giacomo Leopardi
nacque a Recanati nel 1798. Suo padre, il conte Monaldo era un aristocratico
reazionario, mentre la madre, la marchesa Adelaide Antichi era una donna
incapace di tenerezza, tutta concentrata a sistemare il dissestato patrimonio
familiare.
Il giovane Giacomo,
rinchiuso in un ambiente senza stimoli si gettò a capofitto nello studio
dei classici. Dapprima seguito da due sacerdoti, successivamente da solo
in ore di studio “matto e disperato”.
Verso il 1815,
Leopardi cambia il tiro nel suo impegno, non più semplice erudizione, ma
avvicinamento al mondo della poesia e della letteratura in genere.
Già disturbato
dall’ambiente chiuso e gretto di Recanati, a peggiorare la situazione psicologica
del Leopardi, contribuirono due cose: la mancata fuga dal suo paese natale,
sventato dal padre, ed un fastidio agli occhi che gli impediva la lettura.
Da queste situazioni,
il poeta formò nella sua testa il pensiero che oggi prende il nome di “pessimismo
storico ed individuale”: la dolorosa esistenza dell’uomo, l’inutilità della
gloria e della speranza, la futilità del sogno sono le linee guida di questo
periodo della filosofia leopardiana.
Sul tema del
pessimismo storico, il Leopardi scrisse diverse canzoni politiche, come
ad esempio: All’Italia, Ad Angelo Mai, Nelle nozze della sorella Paolina.
Con queste opere il poeta cerca di far risvegliare gli spirito di gloria
ormai morti, contrapponendo al passato di gloria dell’Italia il momento
privo di onore in cui l’autore viveva.
Sul pessimismo
individuale ricordiamo le opere del Primi Idilli: ed esempio Alla luna,
La sera del dì di festa, L’infinito. In queste opere Leopardi mette dentro
tutta la grande infelicità che la sua esistenza gli ha causato.
Nel 1824, il
poeta completa la sua evoluzione filosofica pubblicando le ventiquattro
Operette Morali. In questi dialoghi in prosa, Leopardi tocca tutti i punti
del suo pensiero: la natura è una matrigna cattiva, e l’uomo è costretto
al dolore in quanto vivente.
Tra il 1825 e
il 1828, la vita del poeta cambiò, infatti per occuparsi di un’edizione
delle opere di Cicerone, Leopardi fu costretta a lasciare Recanati e a girare
tra Milano, Firenze, Bologna e Pisa. Soprattutto nelle tappe toscane l’autore
ruscì a stare meglio sia da un punto di vista fisico che morale, infatti
a Pisa la sua salute migliorò mentre a Firenze ottenne grosse soddisfazioni
nei “gabinetti di lettura”.
Tornato a Recanati,
Leopardi scrisse i Grandi Idilli, come La quiete dopo la tempesta e Il sabato
del villaggio.
Dal 1830 fino
alla sua morte, nel 1837, Leopardi lasciò definitivamente Recanati per dividersi
tra Firenze prima e Napoli poi.
Di opere di questo
periodo ricordiamo la disperatissima “A se stesso” ma soprattutto
al poesia che può essere considerata il testamento spirituale dell’autore:
ci riferiamo a La ginestra, un vero e proprio atto di accusa contro la natura
maligna ed un invito a contrastarla.
In onore del
grande poeta marchigiano è nato, a Recanati, la sua città natale, il Centro
Nazionale di Studi Leopardiani. Creato nel 1937, il centro ha lo scopo di
permettere al mondo di conoscere le numerose opere leopardiane. Il Centro
è composto da una biblioteca e da un Museo, il quale è suddiviso in tre
parti: la prima permette di studiare un excursus bio-bibliografico sul Poeta,
grazie a dei documentari su Recanati, la famiglia del poeta e l'ambiente
in cui visse il Leopardi. Gli altri due spazi sono occupati da una saletta
audiovisivi e da un archivio fotografico.
Federico Alvaro Bellucci
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