Braveheart
Titolo: Braveheart
Anno: 1995
Paese: Stati Uniti
Genere: Storico
Durata: 177 minuti
Formato della pellicola: 35 mm Kodak Panavision (colore DeLuxe)
Regia: Mel Gibson
Produzione: Mel Gibson, Bruce Davey, Alan Ladd Jr.
Soggetto e Sceneggiatura: Randall Wallace
Fotografia: John Toll
Musica: James Horner
Montaggio: Steven Rosenblum
Suono: Anna Behlmer, Scott Millan, Andy Nelson, Brian
Simmons
Scenografia: Thomas E. Sanders, Ken Court, Nathan
Crowley, John Lucas
Arredamento: Peter Howitt
Casting: JAnna Behlmer, Patsy Pollock
Costumi: Charles Knode
Trucco: Lois Burwell, Peter Frampton, Paul Pattison
Regia della II unità: Peter Agnew, Matt Earl Beesley
Effetti speciali: Nick Allder, Peter Ch. Arnold,
Robert Bromley, Steve Crawley
Effetti speciali visivi: Janek Sirrs, Tricia Henry Ashford, Michael
L. Fink, Steven T. Puri
Effetti speciali sonori: Lon Bender, Per Hallberg
Montaggio della colonna sonora: Jim Henrikson
Consulente al colore: Terry Haggar
Cast: Mel Gibson: William Wallace, James Robinson:
William giovane,
Sean Lawlor: Malcolm Wallace,
Sandy Nelson: John Wallace, James Cosmo: Campbell,
Sean McGinley: MacClannough, Alan Tall: Elder Stewart, Andrew Weir:
Hamish giovane, Gerda Stevenson: Madre di MacClannough, Ralph Riach:
Prete, Mhairi Calvey: Murron giovane, Brian Cox: Argyle Wallace,
Patrick McGoohan: Re Edoardo I, Peter Hanly: Principe Edoardo,
Sophie Marceau: Principessa Isabella, Stephen Billington: Filippo,
Barry McGovern: il consigliere del re, Angus MacFadyen: Principe
Robert, John Kavanagh: Craig, Alun Armstrong: Mornay, Catherine
McCormack: Murron, Brendan Gleeson: Hamish, Tommy Flanagan:
Morrison, Julie Austin: moglie di Morrison, Alex Norton: il padre
della sposa, Joanne Bett: la ragazza sdentata, Rupert Vansittart:
Lord Bottoms, ichael Byrne: Smythe, Robert Paterson: Frate, Malcolm
Tierney: magistrato, William Masson: corporale, Dean Lopata:
Flagman, il panettiere, Tam White: MacGregor, Donal Gibson: Stewart,
Jeanne Marine: Nicolette, Martin Dunne: Lord Dolecroft, Fred
Chiverton: il custode del lebbrosario, Ian Bannen: il padre del
principe Robert, Jimmy Chisholm: Faudron, David O'Hara: Stephen,
John Murtagh: Lochlan, David McKay: giovane soldato, Peter Mullan:
il veterano di guerra, Martin Murphy: Lord Talmadge, Gerard McSorley:
Cheltham, Bernard Horsfall: Balliol po, Richard Leaf: il governatore
di York, Daniel Coli: Capitano, Niall O'Brien: Generale inglese,
Liam Carney: Sean, Bill Murdoch: abitante del villaggio, Phil Kelly:
contadino, Martin Dempsey: ubriaco, Jimmy Keogh: bevitore, Joe
Savino: l'assassino, David Gant: magistrato Reale, Mal Whyte:
Jailor, Paul Tucker: ufficiale inglese,
Siamo nell’anno 1315 nei territori di una Scozia animata dall’idea
di indipendenza che però non ha fatto i conti con la bramosia di
espansione di Edoardo I Plantageneto, Re di d’Inghilterra; egli in
modo dittatoriale, si è imposto assoluto sovrano del territorio
scozzese frazionato in numerosi clan.
Ad
esso, gli stessi scozzesi devono versare tasse altissime e
sopprimere ogni moto di ribellione (è vietato l’uso delle armi).
Non vedendo di buon occhio, lo spirito di coesione e combattività
dei capiclan scozzesi, con il subdolo pretesto della successione del
Re di Scozia, riesce ad organizzare un’incontro che in realtà si
rivela una trappola con la quale riesce ad assassinarli tutti. Ma
Malcolm Wallace, un borghese terriero scozzese residente a Lanark,
una volta trovati i corpi impiccati dei capi scozzesi decide di
lavare il sangue versato con altro sangue; insieme ad altri borghesi
scozzesi e a suo figlio maggiore John Wallace, parte alla volta del
confine per attaccare gli inglesi. Ad aspettarlo a casa riamane il
piccolo William Wallace, desideroso anche lui di prendere parte al
conflitto ma però troppo giovane e inesperto per andare in guerra.
Il
giorno dopo, William scopre con orrore che sia suo padre che suo
fratello sono rimasti uccisi durante lo scontro; i corpi esanimi di
Malcolm e John si trovano su di un carro trainato da un bue che si
dirige verso casa Wallace.
Ora William, si trova da solo con il suo dolore e con la sua voglia
di vendetta; per fortuna in suo soccorso giunge lo zio Argyle
Wallace, fratello del defunto padre con il quale intraprenderà
numerosi viaggi, in giro per il mondo.
E’
grazie a lui che William, apprenderà l’arte della spada, del
combattimento, della tattica; inoltre incrementerà la sua erudizione
con la padronanza del latino e del francese; cosa non da poco per la
scarsa preparazione culturale dell’epoca.
Ne
frattempo, per aumentare la sua egemonia, il Plantageneto fa sposare
suo figlio Edoardo II con la bella Isabella, figlia del suo nemico
Filippo il Bello (Re di Francia).
Intanto sono passati un po’ di anni e William fa ritorno a Lanark,
suo villaggio natale; qui ritrova vecchi amici ormai cresciuti (come
il fedele Amish) e il suo amore d’infanzia (Murron).
Tra i due scocca la scintilla reciproca, che si manifesta con il
matrimonio segreto; infatti per il lus priame noctis (rimessa in
vigore dal Plantageneto) , Murron avrebbe dovuto giacere con il
signore inglese di Lanark.
Tutto sembra andare per il meglio fino al momento in cui un soldato
inglese cerca di violentare Murron; con l’aiuto di William tenta la
fuga, ma inutilmente perché catturata dai soldati inglesi che
risiedevano a Lanark; come esempio contro la ribellione, la povera
Murron viene legata ad un palo e sgozzata pubblicamente.
William, affranto dal dolore e accecato dall’ ira, finge di
consegnarsi alla milizia inglese di Lanark; però insieme ai
contadini suoi amici, riesce a sterminare i soldati inglesi e
vendicare Maurron.
Però le sue gesta non rimangono confinate a Lanark, ma si espandono
in tutti i territori limitrofi; ora la Scozia ha un condottiero che
in nome della libertà e della giustizia, guiderà il popolo contro
l’oppressione di Edoardo I.
La
leggenda di William Wallace ha inizio…
Vincitore di 5 premi oscar (miglior film, miglior regia, miglior
fotografia, miglior trucco e miglio montaggio sonoro), Braveheart si
conferma come uno dei film più famosi degli ultimi anni.
Appartenente al filone epico, questo film si dimostra uno dei più
convincenti di questo genere; deve il suo successo
indiscutibilmente, al riferimento storico della Scozia e agli ideali
di cui è pregna; molti spettatori o si rispecchiano o vorrebbero
assomigliare alla figura carismatica di William Wallace.
Un
plauso per il successo, va maggiormente a Mel Gibson, regista e
interprete principale di Braveheart; la sua recitazione è molto
convincente e fornisce a William, quello spessore carismatico di cui
il personaggio ha bisogno; la sua interpretazione espressiva e
mimica soddisfa in pieno questa esigenza.
La
ferocia e la determinazione mostrata da Wallace sul campo di
battaglia, sembra spegnersi davanti al blu degli occhi di Gibson per
lasciare la scena al William idealista e istintivo; un Gibson che
con i suoi discorsi, riesce ad indottrinare le masse; però
un’esercitazione del proprio potere persuasivo, non tirannico (come
Edoardo I), ma bensì finalizzato al bene popolare.
Una figura, quella di Wallace, appartenente al popolo; che si batte
e che guida la gente scozzese come leader, però senza soggiogarlo;
un capo del popolo, che si pone al servizio di esso.
Di
rilievo e importante il confronto con Robert Bruce, il futuro Re di
Scozia; Bruce non ha lo stesso effetto che ha William sul popolo.
Anche se prossimo Re, è consapevole di non avere la stessa
importanza tra la gente, di quanta ne riscuota Wallace; inoltre è
pilotato dal padre (malato di lebbra) che lo costringe a soggiogarsi
al re inglese.
Quindi l’epicità del film ci fa capire, che a volte non è una corona
o un titolo nobiliare a designare un sovrano o un re, ma è lo
spirito e gli ideali a forgiare un vero leader.
Robert sa di aver acquisito il proprio titolo per diritti
generazionali e non per proprietà appartenenti alla sua persona;
sente che la nomina di Re non appartiene totalmente a lui, e la
corona calzerebbe a pennello sulla testa di William.
Anche se poco presente scenicamente, l’influenza del padre di Robert
è di vitale importanza per le scelte e per gli eventi del film; è
per colpa dei consigli del padre, che Bruce tradisce la fiducia di
Wallace, alleandosi con Edoardo I e lasciando lo stesso William
senza rinforzi sul campo.
L’inutile tentativo dello stesso Robert, di salvare Wallace dalla
cattura e la dichiarazione di guerra a viso aperto all’Inghilterra,
testimoniano come ormai il futuro erede di Scozia abbia capito la
giusta validità dei principi di William e l’errore commesso
nell’aver stretto alleanza con il Plantageneto.
Nel film, Robert Bruce viene rappresentato come poco carismatico e
codardo; però nella realtà storica, il suo personaggio era
totalmente diverso; infatti non cavalcava un cavallo bello o
maestoso e spesso affrontava gli avversari solo con la sua ascia.
Ovviamente, Gibson ha voluto dipingere il futuro erede al trono di
Scozia in maniera fragile, per dare maggior risalto alla figura di
William Wallace, la vera colonna portante del suo film.
Dai resoconti storici, risulta anche falsa la condizione lebbrosa
del padre di Robert Bruce; infatti, il morbo della lebbra sembra
aver attaccato solo Bruce in età adulta.
Questi sono solo alcune delle inesattezze storiche del film; la
pellicola ha avuto molti detrattori che hanno colpevolizzato lo
stesso Gibson di aver realizzato un film non veritiero da un punto
di vista storico; però, lo stesso regista ha ammesso che tali
inesattezze sono state apportate appositamente per arricchire
maggiormente di spettacolo la pellicola.
Spiegazione che trova riscontro nel tema dell’amore tra William e
Isabella; questo rapporto è totalmente inventato dalla
sceneggiatura; infatti non si hanno notizie certe e attendibili
sulla vita privata di William Wallace; ad avvalorare questa tesi, ci
sarebbe anche la giovanissima età di Isabella di Francia (all’epoca
delle vicende di Wallace avrebbe dovuto avere circa 13 anni).
Mel Gibson, ha portato sul grande schermo l’innamoramento tra
Isabella e il protagonista per ovvie esigenze legate al possibile
successo del film; la storia d’amore del protagonista è un ottimo
pretesto per aumentare l’interesse da parte dello spettatore.
Anche la storia del matrimonio con Murron, è frutto della fantasia
dello sceneggiatore; l’episodio che ha acceso la miccia di
ribellione di William, non è stato lo sgozzamento della sua amata
Murron ma bensì un normalissimo episodio; secondo la leggenda
locale, Wallace uccise due soldati inglesi a seguito di una lite,
per dei pesci pescati dallo stesso Wallace.
Quindi si presume che la stessa Murron, non sia realmente esistita,
a differenza della figlia di Filippo il bello, Re di Francia (vera
la sua esistenza ma non il rapporto con William Wallace).
La
maggior fonte di notizie sulle gesta di Wallace, rimangono gli
scritti di Enrico il Cieco; leggendo i suoi documenti si possono
confrontare le informazioni storiche con il film.
Esempio, la famiglia Wallace comprendeva un altro membro, Malcolm
Wallace, fratello di William e John; William rimane orfano a 20 anni
e non in tenera età; il Ius primae noctis non fu ristabilito da
Edoardo I e da nessun altro Re inglese; inoltre non consisteva nel
passare la notte da parte del signore del feudo con la futura sposa,
ma in una semplice tassa da versare per potersi sposare.
La
morte del Plantageneto, non è contemporanea all’esecuzione di
Wallace ma è anticipata nel film di due anni rispetto alla data
vera; Mel Gibson ha voluto rappresentare questi due eventi
contemporaneamente per rendere consapevole Edoardo I, di non essere
riuscito a piegare Wallace, neanche in punto di morte di
quest’ultimo; anche l’esecuzione di William, non è rappresentata
come nella realtà: Wallace fu prima torturato, impiccato e poi
squartato e non torturato e poi decapitato e infine squartato; la
cavalleria inglese del conte del Surrey, nella battaglia di Sterling,
non fu sbaragliata da un muro di uomini dotati di lunghe lance, ma
sfortunatamente crollò insieme al ponte che non resse ad un simile
peso (il ponte era strettissimo, permettendo il passaggio solo a tre
uomini per volta).
Anche la battaglia di Falkirk risulta essere stata molto romanzata
nel film; la fuga e la disfatta di Wallace corrisponde al vero, però
lo scontro-incontro con Robert Bruce sul campo, è solo dovuto ad
esigenze di copione.
Braveheart può essere considerato un film che narra le gesta di un
personaggio realmente esistito, ma in chiave romanzata e
leggendaria; alcuni personaggi di contorno sono stati creati, per
rendere il racconto visivo agli occhi del pubblico, molto
spettacolare ed eroico.
Sempre dai testi di Enrico il Cieco (scritte nel 1470 circa), si
possono evincere le seguenti notizie:
figlio di Sir Malcolm Wallace di Riccarton e fratello di John e
Malcolm Wallace, William nacque nell’Ayrshire (contea della Scozia
sud-occidentale).
Ricevette la sua istruzione (conoscenza del latino e francese) da
suoi due zii sacerdoti; sui viaggi compiuti da William per il mondo,
non si ha menzione se non per un certo ladro di nome William le
Waleys a Perth.
Tra i tanti ideali che pulsano nel cuore di questa epica pellicola
(giustizia, amore, uguaglianza), uno viene esaltato e posto al
centro di tutto: la libertà; è questo valore, che spinge William a
combattere e gli scozzesi a seguirlo in quelle battaglie, che molti
etichettavano come puri atti di scelleratezza suicida.
E’
lo stesso desiderio di libertà che William riesce a trasmettere e
tirar fuori ai contadini della Scozia; gente, che non avrebbe mai
immaginato di poter fronteggiare e sconfiggere la milizia inglese.
Il
film è un puro inno alla libertà in tutte le sue forme; o che sia
politica, o individuale la libertà va difesa e conquistata con ogni
mezzo, perché è il diritto naturale per eccellenza di ogni essere
umano; un uomo nasce libero e tale deve morire; questo sembra essere
il motto di William Wallace.
Questo concetto della libertà da parte di Wallace acquista più
valore, al momento della sua esecuzione; lui nato uomo libero, ha
combattuto sotto gli ordini di nessuno, ma rimesso alla volontà del
popolo; ha roteato la sua spada in favore dei più deboli combattendo
per la libertà della sua terra. Per questo neanche in punto di
morte, non pronuncia la parola “pietà” che lo avrebbe potuto
salvare, ma facendosi beffe del Re inglese (anch’esso in punto di
morte, per cause naturali, agonizzante nel suo letto) grida con
l’ultimo residuo di forza la parola “libertà”; in questo modo
dimostra al popolo presente alla sua esecuzione, che un vero uomo
libero preferisce morire tale che continuare a vivere da uomo
soggiogato alla volontà di un sovrano oppressore.
L’ultima scena, è un buono spunto per riflettere sulla società di
oggi; sempre più, per stare al passo di mode e momenti, si perde la
propria identità e quindi la propria libertà di pensiero per
assomigliare a modelli che pian piano ci plasmano secondo un volere
non nostro e totalmente scostante dalla nostra persona.
Riconoscimenti:
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AMERICAN SOCIETY OF CINEMATOGRAPHERS - USA
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