Titolo originale: 55 Days at Peking
Paese: Stati Uniti d'America
Formato: Technicolor, technirama
Anno: 1963
Durata: 150 minuti
Genere: Avventura,
drammatico, sentimentale
Regia:
Nicholas Ray
(finito di girare
da Andrew Marton e Guy Green)
Soggetto: Romanzo omonimo di Samuel Edwards
Sceneggiatura:
Robert Hamer, Bernard
Gordon, Philip Yordan, Ben Barzman
Distribuzione: Rank
Produzione: Samuel Bronston Production
Interpreti e personaggi: David Niven (Sir
Arthur Robertson); Charlton Heston (Maggiore Matt Lewis); Harry Andrews
(Padre Bearn); Flora Robson (Imperatrice Tseu Hsi); Ava Gardner (Baronessa
Ivanov Natalie); John Ireland (Sergente Harry); Leo Genn (Generale
Jung-Lu); Robert Helpmann (Principe Tuan); Kurt Kasznar
(Barone Sergei Ivanoff); Philippe Leroy(Juillard); Paul
Lukas (Dottor Steifeldt); Elizabeth Sellars (Lady Sarah Robertson);
Massimo Serato (Carlo Garibaldi); Jacques Sernas (Maggiore Bobrinski);
Jerome Thor (Tenente Andy Marshall); Geoffrey Bayldon (Smythe);
Joseph Fürst (Capitano Hanselman); Walter Gotell (Capitano Hoffman);
Juzo Itami (Shiba); Alfredo Mayo (Ambasciatore spagnolo);
Martin Miller (Hugo Bergmann); Conchita Montes (Madame Gaumaire);
José Nieto (Ambasciatore italiano); Eric Pohlmann (Barone von
Meck); Aram Stephan (Gaumaire); Robert Urquhart (Capitano
Hanley); Lynne Sue Moon (Teresa); Nicholas Ray (Ambasciatore
americano); Fernando Sancho (Ambasciatore belga); Alfred
Lynch (Gerald); Mitchell Kowall (Marine); Carlos Casaravilla
(Ambasciatore giapponese); Michael Chow (Chiang); Félix
Dafauce (Ambasciatore olandese); Andrea Esterhazy (Ambasciatore
austriaco)
Fotografia: Jack Hildyard, Manuel Berenguer
Montaggio:
Robert Lawrence
Effetti speciali: Alex Weldon
Musiche: Dimitri Tiomkin
Scenografia: John Moore (II), Veniero Colasanti
Costumi: John Moore (II), Veniero Colasanti
Arredamento: John Moore (II), Veniero Colasanti
Trama:
Il maggiore Matt Lewis arriva a Pechino,
durante la primavera del 1900, insieme alla sua squadra di marines per
fornire protezione all'ambasciata americana per via della rivolta xenofoba
dei Boxers.
L'imperatrice Tseu Hsi mostra diplomaticamente
due facciate: una apparentemente aperta al dialogo pacifico mentre l'altra,
quella che corrisponde alla sua vera indole, incita alla guerra.
Il principe Tuan, con l'approvazione della
stessa imperatrice, prende d'assalto le residenze diplomatiche
a Pechino.
Qui si barricano i diplomatici di otto delegazioni
straniere che cercano di reggere all'urto violento dell'assedio; a nulla
serve l'aver fatto saltare in aria l'arsenale cinese visto che la forza
dei rivoltosi diventa sempre più minacciosa.
In questa situazione drammatica però sboccia
l'amore, anche se breve, tra il maggiore Lewis e la bellissima baronessa
Natalie Ivanov; mentre per le strade di una Pechino messa sotto assedio
divampa desolazione e paura, all'interno dei locali diplomatici si sta
accendendo il fuoco della passione tra il maggiore e la baronessa.
Recensione:
La pellicola si basa sul romanzo omonimo
di Samuel Edwars e all'epoca fu paragonato ad un western non ambientato
nel west; il film è stato accostato a pellicole del calibro di “Khartoum”
interpretato da Charlton Easton (presente anche in questo film) e “La
battaglia di Alamo” con John Wayne.
55 giorni a Pechino racchiude in se tre bravissimi
attori come Ava Garner, David Niven e Charlton Easton guidati da un
bravo regista come Nicholas Ray.; il film è stato girato in Spagna ed
è stato sorretto dal produttore Samuel Bronston che ha voluto
mettere in risalto due punti focali: innalzare la figura carismatica
delle “stelle” presenti nel cast ed esaltare la fastosità della sceneggiatura.
La morte del regista Nicholas Ray, per infarto,
dopo appena due mesi dall'inizio delle riprese del film indusse la produzione
a conferire la struttura narrativa nelle mani dei due assistenti di
Ray e cioè Andrew Marton e Guy Green.
La vicenda si svolge in un'ambientazione
di totale arretramento sia tecnologico che culturale; la Pechino del
1900 viene descritta visivamente come una città ormai sfuggita al controllo
dell'imperatrice Cixi.
Colei con la sua mente poco aperta al progresso
ancorò Pechino ad una situazione di stallo e immobilità sia politica
che sociale; al contrario, anche se gradualmente, il Giappone seppe
svilupparsi grazie al pragmatismo inferto dal suo stesso imperatore
che condusse il popolo del Sol Levante verso un periodo di ascesa in
tutti i campi.
Per comprendere il conservatorismo dell'imperatrice
basti sapere che durante “il battesimo” del tratto di ferrovia nei dintorni
di Pechino, Cixi rimase impressionata dal fumo e dal trambusto causato
dal moto del treno a tal punto da prediligere un movimento dello stesso
dovuto alla forza delle braccia dei propri servitori.
La pellicola però tenta di individuare come
diretti responsabili della situazione pechinese solo i mali interni
e non anche altri fattori esterni deleteri, come la prepotenza delle
forze occidentali; ad esempio la Gran Bretagna dichiarò guerra a Pechino
perché la stessa si ribellava al traffico di droga e oppio imposta dalla
compagine bretone.
Il film rammenta anche l'avversità degli eventi che si abbatterono sul
paese come le carestie, lo straripamento del fiume Giallo e l'invasione
di cavallette; inoltre la popolazione non vedeva di buon occhio l'operato
dei missionari cristiani.
Infatti come spiegato precedentemente, la
pellicola fornisce una sfaccettatura che non rispecchia in pieno la
realtà dell'epoca ma ne da una versione interpretata in modo puramente
occidentale a sfavore dell'immagine cinese.
Nel film viene fatto capire che solo i boxers nutrivano forti risentimenti
xenofobi verso l'occidente, mentre nella realtà la maggior parte delle
nuove classi nobiliari e influenti avevano incentivato l'imperatrice
a cacciare dalla Cina la potenza “straniera”.
La posizione succube che il popolo cinese
subisce ad opera delle potenze occidentali non viene menzionato e guardando
la pellicola si pensa che l'unica ragione per cui gli abitanti di Pechino
ce l'abbiano con gli occidentali sia una motivazione religiosa e cioè
il massiccio propagarsi del cristianesimo.
Ad esempio la Germania, per l'uccisione di
suoi due missionari, come risarcimento guadagnarono la possibilità di
usufruire delle ricchissime miniere ubicate nello Shantung e di due
importantissimi porti.
Verso la fine del film, dopo la vittoria,
non fu rappresentata l'azione di “schiacciamento” di tutti i possibili
moti di ribellione, perpetrati ai danni del popolo cinese da parte delle
forze occidentali con violenza e crudeltà.
Nel cast è presente anche un' italiano, Massimo
Serato (che ebbe un figlio da Anna Magnani) il quale interpreta il sotto
tenente delle forze italiane Carlo Garibaldi (nella realtà si chiamava
Federico Paolini).
Per fomentare ancora di più la tensione,
all'epoca i giornali riportavano la notizia non vera, che tutta la gente
europea presente a Pechino era stata uccisa mettendo in cattiva luce
il popolo cinese.
L'avversità e l'odio nutrito dagli occidentali
nei confronti di Pechino può essere capita con la seguente frase esclamata
dal Kaiser tedesco Guglielmo II, mentre si rivolgeva ai suoi soldati:
"Non fate prigionieri... il nome della Germania
dovrà diventare famoso come quello di Attila, che nessun cinese osi
più guardare negli occhi un tedesco."
Premi:
3 Nomination
Premio Oscar nel 1963 per Miglior
Colonna Sonora Originale (Dimitri Tiomkin), Miglior Canzone (Paul Francis
Webster) e Miglior Canzone (Dimitri Tiomkin)