Una vita in attesa,
sopravvivendo onestamente ma espiando colpe di una vita lontana ma così
presenti da sentirne l’odore.
Tutti gli uomini
e le donne hanno in sé la continua speranza di poter migliorare la propria
vita, ma un esule che non ha lasciato la propria vita ma la propria
dignità, non ha perduto proprietà e affetti ma il proprio nome (una
volta espatriato ha cambiato nome) ha una marcia in più, non ha nulla
da perdere perché già sa cosa significa perdere.
Tobias cerca una
vita normale, desidera una famiglia, un lavoro che lo inserisca al di
sopra della soglia di sopravvivenza, di diventare un giorno un grande
scrittore (di notte scrive poesie e racconti). Non ha perso la capacità
di scegliere, ha un obiettivo primario, incontrare la donna dei suoi
sogni,la sua Line, conquistarla, strapparla al suo uomo se necessario
e costruire con lei il suo futuro.
Opportunità di
conoscere altre donne non gliene mancano, anzi è abbastanza disinibito,
sa riconoscere una bella donna, sa condividerne i momenti ma al momento
del confronto con le sue personali aspettative non reggono il confronto,
non sono come Line.
Tobias lavora,
e come tutti coloro che lavorano in una catena di montaggio soffre della
sindrome di Taylor, ma sopravvive . In tutto il racconto è ossessivo
il peso che prova ad alzarsi tutti i giorni alle cinque del mattino,
il racconto è pervaso della tristezza di questo spaccato di lavoratori
stranieri nelle fabbriche.
Tobias deve dimenticare
di essere il figlio della donna più bella del paese ma anche della prostituta
del paese, Tobias deve dimenticare di essersi vergognato di essere il
figlio di sua madre.
Tobias deve espiare
la colpa di aver ucciso suo padre subito dopo aver scoperto chi fosse
tra i tanti.
Dopo tante sofferenze
finalmente la luce. Incontra Line, scopre subito che è la vera Line
che ha sempre aspettato, non le nasconde affatto il suo corteggiamento,
diventano inizialmente confidenti e scopre che Line è sua sorella e
che suo padre non è morto. A questo punto ad opprimerlo sono i suoi
desideri e la vita grama che conduce. E’ costretto a conoscerne il marito
e la figlia ma non rinuncerà mai alla sua passione perché di fronte
ha Line.
Con un sussulto
finale il film evolve in un finale a lieto fine con la coppia finalmente
congiunta, con tutte le verità svelate ( anche Line scopre di essere
la sorella di Tobias ma accetta come stanno le cose e sorride alla storiella
che i faraoni ammettevano il matrimonio tra i fratelli) a tanti chilometri
di distanza dalla triste Svizzera, in un nuovo paese con una nuova lingua
da imparare e nuovi ricordi da seppellire.
Il film non è
criticabile per la sua intensità emotiva, non è criticabile per la fotografia
eccellente ma per alcuni tratti è attraversato da un calo del ritmo
di scena e la ripetizione di alcune fotografie che per certi versi ricalca
i temi ossessivi che caratterizzano il film ma in alcuni tratti assumono
una veste un po’ troppo ridondante.
Dal punto di vista
del contenuto emerge con chiarezza lo spaccato dell’emigrazione, il
dolore che attraversa coloro che vivono questa drammatica esperienza.
Come in "Pane e Tulipani" il rapporto di coppia è scevro da ipocrisie
e pervaso da emancipazione e responsabilità dei ruoli che ogni attore
assume. Infine come in "Pane e Tulipani" Silvio Soldini è innamorato
di quel tipo di luce che fa emergere con chiarezza le principali emozioni,
ovattata per l’infanzia, intensa per l’amore, radiosa per il finale,
ma sempre presente, non c’è una fotografia in cui non ci sia una fonte
di luce ad indicare lo stato d’animo dei protagonisti e del cineasta.
Molto curato dal punto di vista tecnico. Si può vedere.