Titolo originale: Totò, Peppino e i fuorilegge
Paese: Italia
Anno: 1956
Durata: 98 minuti
Colore: Bianco e nero
Audio: sonoro
Genere: Commedia
Regia: Camillo Mastrocinque
Soggetto: Vittorio Metz
Sceneggiatura: Edoardo Anton, Mario Amendola, Ruggero Maccari
Fotografia: Mario Albertelli
Montaggio: Gisa Radicchi Levi
Musiche: Alessandro Cicognini
Interpreti e personaggi: Totò:
Antonio; Peppino De Filippo: Peppino; Titina De Filippo: Teresa;
Dorian Gray: Valeria; Franco Interlenghi: Alberto; Maria Pia Casilio:
Rosina; Barbara Shelley: la baronessa; Andreina Zani: la dama di
compagnia della baronessa; Memmo Carotenuto: Ignazio detto "il
Torchio"; Mario Castellani: il braccio destro del Torchio; Mario
Meniconi: il Guercio; Mimmo Poli: il cuoco; Gino Scotti: il
professore; Guido Martufi:ragazzo che lavora dal barbiere
Trama
Antonio è il tipico
scansafatiche nullafacente che ha la fortuna di aver sposato una
donna ricchissima, tale Teresa.
Però la sua ottima posizione
economica (quella di Teresa) è superata solo dalla sua tirchieria e
dal suo senso del risparmio amplificato a livelli estremi.
Il povero Antonio deve
sottostare al volere dittatoriale e totalitario della donna se vuole
godere dei benefici economici che questo comporta; chi capisce il
suo stato di “non-libertà” è solo la sua unica figlia Valeria,
ragazza diligente e studiosa.
Spesso Antonio frequenta
Peppino, il barbiere del paese; con lui Antonio architetta un finto
rapimento in cui la vittima è proprio lui, coadiuvato dallo stesso
barbiere.
Lo scopo è estorcere denaro
sufficiente a Teresa per poter passare qualche giorno tra bagordi e
feste ai danni della moglie di Antonio; inoltre i due ingenui
utilizzano la leggendaria figura del bandito Ignazio, temuto in
tutta la campagna circostante con l'appellativo di “Il torchio”, per
mascherare il loro piano, ovvero il finto rapimento di Antonio.
Mai coinvolgere nelle proprie
bravate la propria temuta moglie e un bandito....
Recensione
In "Totò Peppino e i
fuorilegge" il principe della risata e il suo fedele compagno/spalla
si cimentano
con un ostacolo quasi
insormontabile: la moglie di Totò!
Pur essendo ricchissima si
distinguerà per la sua tirchieria e avarizia; il suo istinto di
risparmio la spingerà ad obbligare il marito a portare una camicia
per due settimane; inoltre il suddetto capo di vestiario sarà privo
di alcune parti di tessuto (ad esempio mancheranno pezzi delle
maniche) per risparmiare appunto sullo stesso.
Questo è un preambolo della
struttura che pian piano si plasmerà e prenderà vita guardando tale
pellicola, infarcita e popolata da bravissimi attori come Tintina de
Filippo, Peppino De Filippo, Memmo Carotenuto (il brigante il
“Torchio”) e la prima donna Antonio De Curtis in arte Totò.
Altra grande prova del duo
comico Totò-Peppino contraddistinto dalla strafottente ironia del
principe della risata e dall'ingenua sottomissione di Peppino che
parte sempre perdente nei dialoghi-battibecchi che si vengono a
creare con il suo amico e compagno di disavventure.
In questa pellicola i due
protagonisti dovranno fronteggiare una minaccia molto
pericolosa...una moglie oppressiva!
Peppino si sente relegato nel
monotono ambiente in cui vive da anni; il detto “casa e bottega”
sembra essere stato calzato a pennello per lui visto che è
proprietario di una piccolo negozio per barbieri.
Antonio non ha oneri lavorativi
e durante la giornata vive nella più totale libertà; però questo è
vero solo in teoria poiché concretamente egli non è esente da
vincoli e non può fare ciò che vuole, perché economicamente
dipendente dalla moglie che non permette al marito di condurre una
vita da nababbo.
Egli vorrebbe vivere nello
sfarzo e nel lusso più sfrenato ma sulla sua condotta vigila sempre
Teresa che, pur essendo ricca, tenta di risparmiare su qualsiasi
cosa.
Quindi quale miglior compagno
se non Peppino poteva scegliere Totò per raggirare la propria avara
consorte?
Peppino interpreta la parte di
colui che cerca di riportare, con risultati vani, Totò sulla via
della ragione cercando di frenare, in modo sterile, l'andazzo
economicamente sciupone del suo compagno di avventura.
Una volta in possesso della
cifra del riscatto Antonio non ha più remore e freni e si da alla
pazza gioia, prosciugando la somma ottenuta con l'inganno dalla
moglie in donne e cene costosissime.
I due truffatori incarnano la
maggior parte dei mariti che a volte si sentono intrappolati nelle
quattro mura ,“strette”, del proprio focolare domestico ma
soprattutto rappresentano tutti quegli uomini considerati i
“padroni” di casa ma che hanno questo appellativo sono nominalmente
e che in realtà sono succubi della propria consorte.
Coprotagonisti della pellicola
sono Valeria, figlia di Antonio e il suo prossimo sposo, il
giornalista Alberto, che si lanciano all'inseguimento dei due
“fuggiaschi”; inoltre Valeria è l'unica che capisce seriamente le
ragioni che hanno spinto il padre a inscenare il finto rapimento
poiché anche lei è vittima dell'oppressione di Teresa che la “vede”
solo come una ragazza seria e diligente.
Valeria spesso vorrebbe vivere
la vita e uscire fuori dagli schemi e “l'inseguimento” di Antonio
cela in realtà il suo forte desiderio di evasione dalla vita
monotona di paese a cui è relegata da un filo invisibile e
indissolubile.
Anche se tenuto “in panchina” e
pronto per l'uso, Memmo Carotenuto nella parte del bandito Ignazio,
detto “il Torchio”, porge un valido contributo interpretativo alla
pellicola rendendola ricca di ulteriori scene memorabili per il
cinema.
Elogio speciale alla bravissima
Titina De Filippo che si cala perfettamente nella parte della
tirchia moglie di Antonio che non lo lascia libero e lo opprime con
il suo modo di fare risparmiatore che sfiora i limiti del farsesco.
Nel 1957, grazie a questa
performance interpretativa, Peppino De Filippo si aggiudicò il
“Nastro d'argento” come miglior attore non protagonista.
Valeria, interpretata da Dorian
Gray, subisce due diverse trasformazioni vocali; nelle scene girate
negli interni della propria abitazione ella ha la propria voce
(forse girate in presa diretta), mentre nel resto dei diversi
ambienti è Rosetta Calavetta a doppiarla.
Tale pellicola, figlia del
grande successo che riscosse “Totò, Peppino e...la malafemmina”,
cercò di sfruttare la stessa struttura filmica per ottenere consensi
positivi dal pubblico; infatti gli attori erano pressoché gli
stessi, con a capo la collaudatissima coppia Totò-Peppino, e anche
il filone della storia narrata visivamente è molto identico.
Nel film del 1934, con Stanlio
e Ollio, intitolato “I figli del deserto” i due protagonisti vengono
smascherati dinnanzi gli occhi increduli delle proprie consorti
tramite un cinegiornale; la pellicola “Totò, Peppino e...la
malafemmina” ricalca la medesima scena quando Teresa viene informata
dalla televisione delle ottime condizioni del marito Antonio che se
la sta spassando, contornato da champagne e donne, alla sua
“facciaccia” (come afferma ironicamente e spavaldamente Totò quando
viene inquadrato dalle telecamere).
Altro analogo scenico è la lite
a base di lancio dei piatti che le due mogli riservano ai due mariti
bugiardi; lo stesso trattamento Teresa tiene in “caldo”, in modo
“amorevole”, per il suo marito fanfarone.
Inizialmente il titolo
dell'opera filmica doveva essere “Totò a peso d'oro!”; però per una
strategia di marketing, e anche per una questione scaramantica, la
produzione si orientò per inserire anche il nome di Peppino nel
titolo visto l'enorme successo ottenuto con “Totò, Peppino e...la
malafemmina”.