LA GUERRA DEI MONDI
Nazione:
Stati Uniti d'America
Distribuzione:
UIP
Anno:
2005
Regia:
Steven Spielberg
cast
: Justin Chatwin, Tom Cruise, Dakota Fanning, Tim Robbins, Miranda
Otto
Pensare a Steven Spielberg vuol dire pensare a grandi
film di fantascienza, di azione, a grandi successi come
Lo squalo, Minority Report,
Salvate il Soldato Ryan, ma per molti vuol dire pensare principalmente
agli extraterrestri, quelli cercati inseguiti, spiati da Richard Dreyfuss
in "Incontri ravvicinati del terzo tipo" alla fine degli anni ’70, o
meglio ancora quelli goffi, spaventati e teneri come E.T.
Era il 1982 quando il piccolo alieno dagli occhi
dolcissimi faceva la sua comparsa sugli schermi cinematografici del
mondo intero, incantando il pubblico di tutte le generazioni, con le
sue espressioni, la sua innocenza e la disperata voglia di tornare a
casa.
La bellissima favola di Melissa Mathison da cui era
stato tratto il film, attraverso l’amicizia di E.T. con il suo piccolo
amico umano Elliott (Henry Thomas), proiettava nell’immaginario collettivo
la figura dell’alieno come quella di un essere affettuoso e magico,
misterioso e rassicurante. Era un’idea che affascinava, ma destinata
inevitabilmente ad esaurirsi dietro a trame scontate e condite con un
buonismo eccessivo e per nulla accattivante. Perciò negli anni se il
"mistero" rimaneva l’elemento essenziale per le storie sugli UFO, ciò
che doveva cambiare era la figura stessa dell’alieno, che perdeva i
tratti delicati e mansueti, per assumere quelli di una creatura orrenda
e malvagia.
Così sullo schermo i rapporti tra gli uomini e gli
extraterrestri cominciano ad incrinarsi, non c’è dialogo né tolleranza,
l’uno diventa il nemico dell’altro, l’obiettivo da eliminare per arrivare
al controllo supremo, al potere incontrastato.
Dalla saga di Alien, (iniziata nel 1979) a Signs
(2002), il filo della tensione comincia a scorrere nelle trame dei film
ispirati agli alieni, mentre l’adrenalina divora il pubblico, che attende
storie cruente e sempre più al limite della distruzione; la resa dei
conti è vicina, l’epilogo inevitabile.
Spielberg ne è cosciente ed è su questo presupposto
che ben 23 anni dopo il successo di E.T. torna sugli schermi cinematografici
a parlare di alieni. Ma questa volta non c’è nulla di fiabesco, quella
che si consuma davanti agli occhi degli spettatori è una vera guerra,
anzi "la guerra dei mondi".
A combatterla un esercito ben congeniato di extraterrestri,
contro un popolo impreparato di esseri umani che può contare solo sul
proprio istinto di sopravvivenza e sull’unica arma possibile: battere
il nemico sul tempo usando astuzia ed ingegno.
Protagonista un eroico Tom Cruise, inaffidabile padre
di un adolescente incompreso e di una bambina di 8 anni, alle prese
con la responsabilità più grande che potesse mai immaginare: salvare
ad ogni costo la vita dei figli dalla devastante avanzata degli alieni
sulla terra.
Scenografie curate nei minimi dettagli ed effetti
speciali spettacolari dominano tutto il film che non riesce però a convincerci
fino in fondo; sembrano mancare infatti i veri elementi innovativi mentre
molti, forse troppi sono gli spunti che ricollegano la memoria ad altri
film. Come in Matrix anche qui gli essere umani diventano fonte di energia
vitale per le creature aliene che si nutrono del loro sangue, e la scena
del traghetto che affonda sembra presa in prestito dal Titanic di James
Cameron, con le telecamere che seguono anche sott’acqua i protagonisti
del film, stanchi, spossati ma alla fine di ogni avventura inevitabilmente
incolumi.
E poi c’è la scena sulla collina: i dialoghi, l’atmosfera,
tutto ci lascia supporre che da un momento all’altro possa uscire fuori
il Tom Hanks di "salvate il soldato Ryan".
Insomma "la guerra dei mondi" sembra essere il solito
giocattolone holliwoodiano da milioni di dollari, dove a contare spesso
sono più i grandi nomi che i grandi eventi, nonostante
Spielberg
giochi in questo film sul piano psicologico, celando dietro la metaforica
paura degli alieni, l’inquietudine reale di un terrorismo non sconfitto,
che ci fa vivere costantemente con il timore di un attacco.
Una metafora cruda capace di attirarsi l’attenzione
del pubblico, ma che nel film finisce per perdersi su se stessa, incapace
di suscitare nuove emozioni e suggellata da una fine piuttosto banale.
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